
L’indagine della BEI sul Clima rivela come la crisi causata dalla pandemia di COVID-19 influisca sul modo in cui i cittadini percepiscono l’emergenza climatica
Il Covid ha provocato una profonda e duratura crisi economica che influisce in vari modi sul clima. A confermarlo, la terza indagine della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) sul clima, un’analisi approfondita su come gli europei percepiscono i cambiamenti climatici. Condotta in partenariato con la società di ricerca di mercato BVA, all’indagine hanno partecipato oltre 30 000 persone, intervistate dal 5 ottobre al 2 novembre 2020.
Dall’analisi emerge che al centro dell’attenzione degli italiani, vi è la crisi causata dal COVID-19 e le sue conseguenze economiche. La classifica delle preoccupazioni degli italiani vede, al primo posto, la pandemia (68%), seguita dalla disoccupazione (63%), dalla crisi finanziaria (47%) e dai cambiamenti climatici (32%, scesi di nove punti rispetto al 2019).
La disoccupazione e la crisi finanziaria assillano di più gli italiani rispetto ad altri cittadini europei: la disoccupazione è una sfida per il 63% degli intervistati italiani rispetto al 41% degli europei. La crisi finanziaria preoccupa il 47% degli intervistati rispetto al 37% degli europei.
Per il 92% degli italiani, comunque, i cambiamenti climatici incidono nella vita quotidiana (una percentuale superiore del 17% rispetto alla media europea del 75%). Questa opinione sembra prevalere in particolare tra la popolazione femminile (94%) della fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni (97%).
La pandemia di COVID-19 ha modificato il modo in cui i cittadini di tutto il mondo percepiscono le sfide che i loro Paesi devono affrontare. Il 73% degli americani e il 72% degli europei considerano adesso la crisi sanitaria la sfida maggiore che i loro Paesi devono superare. Solo per gli intervistati cinesi i cambiamenti climatici continuano ad essere la sfida maggiore, in assoluto, che il loro Paese deve affrontare (61%), una percentuale che è lievemente superiore a quella di coloro che considerano la pandemia di COVID-19 la sfida maggiore (59%).
Gli intervistati in tutto il mondo sono divisi se sostenere una ripresa verde o adottare le misure necessarie per tornare alla crescita economica prima possibile. Il 57% degli italiani propende per una ripresa economica post-pandemica che tenga conto dell’emergenza climatica. Tra gli americani si nota una quasi sostanziale parità tra coloro che sostengono una ripresa verde (49%) e coloro che propendono per un ritorno a una crescita economica immediata (51%), mentre in Cina si contraddistinguono nettamente i cittadini che si schierano a favore di una ripresa verde (73%).
Il 66% degli europei pensa che l’Unione europea sia in prima linea nella lotta contro i cambiamenti climatici. In raffronto, il 90% dei cittadini cinesi crede che la Cina sia nella posizione di punta, e il 49% degli americani attribuisce questo ruolo agli Stati Uniti.
Prevalgono gli italiani che considerano che la ripresa economica post-pandemica debba tenere conto dell’emergenza climatica (60%). Essi ritengono che il loro governo dovrebbe promuovere una crescita a basso impatto di CO2 e resiliente sotto il profilo climatico. Si tratta di una percentuale di tre punti superiore alla media europea (57%). Il 40% degli intervistati italiani afferma che il loro governo dovrebbe usare qualsiasi mezzo per stimolare l’economia nell’interesse di una rapida crescita economica.
L’80% degli italiani, contro il 70% della media degli europei, è favorevole a misure governative più stringenti e correttive dei comportamenti individuali per contrastare i cambiamenti climatici.
Solo il 35% degli italiani ritiene che il loro Paese sia in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici, una percentuale di sei punti inferiore alla media europea (41%). Si tratta di un’affermazione condivisa solo dal 25% degli intervistati di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rispetto al 41% di coloro che appartengano alla fascia di età pari a, o superiore a, 65 anni. Viceversa, il 57% degli italiani crede che l’UE svolga un ruolo di primo piano nella lotta contro i cambiamenti climatici, rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, una percentuale che si raffronta alla media europea del 66%.