

La “cultura podolica” ha trovato la sua casa e al suo interno alberga la memoria e soprattutto l’esempio di Antonio Facenna, il giovane allevatore garganico tragicamente scomparso durante la devastante alluvione che colpì il promontorio garganico nel settembre 2014. Questa mattina, a Carpino, è stato inaugurato il Centro di informazione e accoglienza turistica (Ciat) Antonio Facenna, creato dal Gal Gargano come beneficiario di un progetto a regìa diretta e realizzato proprio nella masseria del giovane allevatore tragicamente scomparso. Emozione e commozione al taglio del nastro, alla presenza dei familiari del giovane, del presidente del Gal Gargano Francesco Schiavone e del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
«La Regione Puglia – ha dichiarato Emiliano – aveva preso con tutta la comunità di Carpino e di Vico del Gargano l’impegno a trasformare l’eredità culturale, umana e produttiva di Antonio Facenna in un luogo che consentisse alle giovani generazioni e a tutti coloro che studiano il modello produttivo garganico di comprendere fino in fondo la cultura podolica. Quella stessa cultura che Antonio Facenna aveva portato ad ulteriori evoluzioni fino a dar vita ad una festa della transumanza che si svolge nel mese di aprile proprio in ricordo dei grandi spostamenti di mandrie e di greggi verso l’Abruzzo dalla Puglia».

«Il centro Antonio Facenna – continua il Governatore della Puglia – consentirà anche di trasmettere e far evolvere le modalità produttive attraverso le quali il latte vaccino e caprino viene trasformato in prodotti caseari di straordinaria e inimitabile qualità. A Dora, Giacomo, Marco, Bruno, ai nonni e a tutta la famiglia Facenna-Zafferano rimane la responsabilità di accompagnare le giovani generazioni verso il cammino intrapreso da Antonio con il sostegno fattivo e discreto della Regione Puglia. L’intuizione formidabile di Antonio Facenna in questo modo potrà ispirare altri giovani ad un ritorno alla terra innovativo, capace di mettere insieme il senso della vita con quell’antico equilibrio che ha consentito a decine di generazioni di sopravvivere rispettando la natura e mantenendo la propria dignità».
Antonio, lo ricordiamo, fu travolto da un fiume di fango e detriti mentre – preoccupato per il cattivo tempo – raggiungeva il suo allevamento in agro di Carpino: il primo pensiero del giovane garganico era rivolto ai suoi capi di bestiame e a quella ricchezza – quella che lui definiva “cultura podolica” – che sapeva trarne. A 24 anni aveva deciso che il suo futuro sarebbe stato nel solco del passato: il consorzio di famiglia, dove produceva caciocavallo podolico, il suo Gargano e un lavoro umile ma che gli aveva insegnato a saper prendere il meglio da quel poco che la terra sa e può offrire. Il suo lavoro era prepotentemente e orgogliosamente presente anche sul suo profilo Facebook, dove scriveva: “Essere allevatore è molto più di un mestiere, è uno stile di vita, è essere custodi di qualcosa che vale davvero la pena conservare”. Oggi, il Gal Gargano, con la Regione Puglia, ha dato forma e sostanza a questo stile di vita. E creato una sorta di tempio rurale dove custodire e diffondere la cultura podolica e l’amore per le proprie radici.