
La sfera dell’ecosostenibilità, del rispetto dell’ambiente e della produzione di energia si arricchisce di un nuovo capitolo. Sicuramente uno dei più bizzarri e inconsueti.
Arriva da Oltremanica, più precisamente da Southwold (affacciata sul Mare del Nord, a poco più di 100 miglia dal centro di Londra), la nuova interessante sfida nell’ambito del riscaldamento alternativo: la Adnams Bio Energy, in cogestione con British Gas, ha trovato il modo di fornire energia per mezzo…della birra.
Il progetto lanciato dalla brasserie Adnams non coinvolge la birra quale prodotto finito, bensì gli scarti ottenuti dalla sua lavorazione (cui si aggiungono quelli provenienti da altre produzioni alimentari locali, per esempio quelli prodotti da sette supermercati ubicati nelle vicinanze); tali scarti vengono trasformati in biogas attraverso un processo di digestione anaerobica e successivamente inseriti nella rete di distribuzione.
Le sperimentazioni, che hanno avuto luogo nel medesimo paese dell’Inghilterra orientale, hanno dimostrato che con 600 pinte di birra – circa 300 litri – si possono ottenere residui organici sufficienti a garantire il riscaldamento giornaliero di un’abitazione. L’obiettivo, verso cui sono già stati fatti molti passi in avanti, è quello di arrivare a raggiungere i 4,8 milioni di kilowattora, necessari a coprire il fabbisogno annuo di circa 235 famiglie, oltre a soddisfare il fabbisogno della propria industria e dei propri camion, poiché il biogas prodotto può fungere anche da carburante (con la stessa quantità si possono far percorrere ad un’automobile addirittura 6 milioni di chilometri).

Come è spesso accaduto in passato, anche questa volta non si è di fronte ad una novità assoluta: già nella città di Chico, in California, si era parlato di utilizzo di birra – o meglio, degli scarti del lievito di birra – nella produzione di biocarburante. Ma soprattutto è doveroso citare i maestri per antonomasia della bevanda derivante dal luppolo: i tedeschi. La società teutonica Biomasse Projekt BMP aveva già ipotizzato che “… i residui di grano delle birrerie potrebbero essere usati per creare vapore e biogas, i quali permeterebbero di produrre energia per le fabbriche di birra, ridurre i loro costi energetici, nonché abbassare i costi di trasporto”.
Agli inglesi resta il merito di aver portato avanti un progetto solido, concreto e che dà continuità alla linea “verde” intrapresa dallo Stato britannico; è, infatti, notizia recente che nell’Oxfordshire è stata lanciata una fabbrica di trasformazione di acque reflue in biogas, come ricorda il segretario di Stato ai cambiamenti climatici, Greg Barker.
Ovviamente qui non si sta invogliando le persone a bere birra “per il bene dell’ambiente”. Tuttavia, la prossima volta che capiterà di stappare una bottiglia o aprire una lattina di birra, si penserà al fatto che, forse, ha potuto contribuire al rispetto ambientale…a patto che la stessa bottiglia e lattina vengano poi gettati negli appositi contenitori.