
Nel mese di settembre il WWF ha pubblicato i risultati del Living Planet Report, realizzato in collaborazione la Zoological Society of London e con centinaia di scienziati e strutture di ricerca nel mondo. I risultati mettono in luce una componente molto seria della crisi ecologica che il pianeta sta affrontando a causa dell’uomo: la perdita di natura. In meno di 50 anni abbiamo assistito ad un declino del 68% delle popolazioni selvatiche degli animali a noi più familiari, mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci. Una crisi riconosciuta anche dalle principali istituzioni – tra cui il World Economic Forum – come uno dei principali rischi che l’umanità si trovi oggi ad affrontare.
A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del Living Planet report, i capi di Stato e di governo di più di 70 paesi, che coprono i cinque continenti, e il Presidente della Commissione Europea per l’Unione Europea hanno partecipato al primo summit dedicato alla biodiversità nell’ambito dell’assemblea annuale dell’ONU. Durante l’evento, i leader del pianeta, si sono impegnati a invertire la perdita di natura entro la fine del decennio. I Paesi che hanno sottoscritto l’impegno rappresentano più di 1,3 miliardi di persone e più di un quarto del PIL mondiale. Il Summit ONU ha riconosciuto la valenza catastrofica della perdita globale di biodiversità, che mette a rischio la salute umana e i nostri mezzi di sussistenza e sottolinea con molta enfasi i collegamenti tra le pandemie globali e la distruzione e il degrado della natura. I capi di stato e di governo hanno evidenziato la mancanza nello scorso decennio, di un’adeguata capacità d’azione nonché l’urgenza di un’iniziativa che miri a contrastare la perdita di biodiversità e ponga la natura sulla strada della ripresa. Molti paesi hanno deciso di assumere nuovi impegni, ma su scala globale c’è ancora molto da fare per arrestare la crisi dei sistemi naturali.