«Dobbiamo prendere coscienza di un dato di fatto: la geologia non è soltanto prevenzione dai pericoli e protezione dell’ambiente, ma anche portatrice di turismo e di vantaggi economici, in maniera sostenibile». In sostanza, non pensiamo a questa scienza solo nelle tragedie ma facciamola entrare nel nostro quotidiano. Parola di Luca Demicheli, segretario generale del Servizio Geologico europeo. Anche lui sarà presente a Bari – in occasione del simposio sui Geositi il 25 e 26 settembre -, proprio per sottolineare la stretta connessione tra turismo e geologia.
Intanto, però, il rapporto meno stretto in Italia è tra geologia e ricerca: solo il 3% di tutti gli investimenti nella ricerca vanno alle scienze della Terra.
Il problema è più complesso e non riguarda soltanto la ricerca. Motivi politici e culturali hanno portato la geologia da pilastro della crescita economica a settore tra i meno importanti. Il servizio geologico fu istituito da Quintino Sella a metà dell’800 e fino a quindici anni fa dipendeva dal Dipartimento del Consiglio dei ministri. Poi, il buio e una lenta deriva, nonostante l’Italia sia ancora uno dei Paesi maggiormente soggetti a terremoti, alluvioni, tsunami e maremoti. Eppure, con un monitoraggio si evitano i disastri o almeno se ne ammortizza l’effetto.
Ma quando c’è stata questa deriva? C’è un momento preciso in cui poter dire: ecco, ora la geologia è retrocessa in serie B?
Non è possibile individuare un momento preciso. È stato graduale e l’errore dei geologi è stato quello di non aver imposto con forza la necessità di evitare questa deriva, ma lasciare che agisse senza intervenire. Ora il principale problema in Italia è che non ci sono intelligenze che restano nel prorio Paese.
Una sorta di fuga di cervelli, ma per emigrare in quali lidi?
La Cina è indubbiamente il Paese che sta sbaragliando tutti. Laurea ogni anno 50 mila geologi ed è un paese con sempre maggiori risorse. La Cina è la realtà che dobbiamo vedere come un modello, in quanto ha aperto otto geoparchi negli ultimi anni, e altrettanti ne sta aprendo.
Qual è il vantaggio principale di investire nella geologia?
Perché innanzitutto con il monitoraggio di cui si parlava in precedenza si riesce a prevedere e prevenire le tragedie. Un fenomeno come il terremoto, oltre alla perdita delle vite umane, incide sull’economia di una qualsiasi attività. Al di là di questo, il geoturismo si sta sviluppando sempre più e quindi può favorire strutture ricettive e attività commerciali, oltre alla considerazione che un geoparco ha anche meno vincoli di un parco naturale e si possono sviluppare varie tipologie di attività produttive.
In questo panorama, quali sono le strategie dell’Unione Europea?
Oramai il pensiero principale è rivolto all’appovvigionamento delle materie prime. L’Ue ora si trova a scontrarsi in particolare contro il cosiddetto BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e questa volontà di importazione è dannosa soprattutto per quei paesi come l’Italia che hanno subito una depauperazione delle proprie risorse. L’Europa però vuole anche investire nei geositi: è stato creato l’European geoparks network, che riunisce a livello comunitario i geoparchi. Inoltre c’è una certificazione che ha la stessa validità e modalità dell’Unesco: i geoparchi diventano patrimonio mondiale dell’umanità, aree protette da tutelare.
In conclusione, come mai neppure drammi come gli tsunami o come l’ultima tragedia dell’Emilia Romagna riportano l’attenzione seriamente sulla geologia?
Il problema dei grandi eventi tragici è che i media si concentrano su quelle realtà, discutono, informano, intervistano ma solo per un brevissimo periodo. Due settimane e poi tutto viene derubricato a semplice notizia. Per ottenere dei risultati, invece, è necessaria un’attività costante di divulgazione, che solo chi opera sul campo può fare. E ben vengano incontri come quello di Bari in cui discutere attivamente sul territorio di questo tema. Nonostante il pessimismo di fondo, l’Italia è ricettiva dal punto di vista ambientale».