
L’emergenza dell’isola riporta a galla un dibattito cominciato 4 anni fa
Condono o non condono? Questo è il dilemma. Quattro anni fa, nel 2018, l’allora ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli esultava con il pugno alzato dopo l’approvazione del Decreto Genova: la norma, varata in seguito al disastro del Ponte Morandi, conteneva in Gazzetta il famigerato articolo 25, “Definizione delle procedure di condono”, dedicato proprio alle abitazioni colpite dai terremoti di Ischia. Il governo gialloverde, in breve, inseriva in un decreto (che trattava tutt’altro) la possibilità di sanare le case danneggiate o distrutte dal sisma dell’agosto 2017 nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno.
L’articolo è tornato al centro del dibattito in seguito al diluvio che si è abbattuto sull’isola di Ischia, a partire da venerdì 25 novembre: in sei ore sono caduti 126 millimetri di pioggia, il dato più alto registrato negli ultimi vent’anni. La frana che ne è risultata ha causato, per ora, 8 morti, ma ci sono ancora dispersi.
Oggi come allora, diverse associazioni (tra cui Legambiente) e personalità politiche tuonano contro Conte e co. La norma, infatti, prevedeva che le istanze di condono sarebbero state esaminate secondo i parametri di una legge varata nel 1985, quella del governo Craxi, e quella del primo governo Berlusconi, firmata nel 1994. Queste due sanatorie riguardavano gli immobili abusivi nelle aree a vincolo di inedificabilità assoluta, ma solo quelli costruiti fino al 2003, quando una terza legge bloccò il condono anche per le case abusive in zone soggette di inedificabilità relativa. Secondo l’architetta ambientalista Anna Savarese, la legge del 1985 pone grossi problemi in termini di sicurezza, poiché è “precedente a molte normative di tutela del territorio, del paesaggio, di contrasto del rischio sismico, vulcanico e idrogeologico”, e consentiva di condonare anche edifici costruiti in aree demaniali o protette. Le leggi successive, invece, sono state adeguate a quegli standard. E allora, perché il governo giallo-verde non ha seguito la norma più recente in materia? Perché altrimenti ad Ischia non si sarebbe potuto condonare praticamente nulla, suggerisce Savarese.
Angelo Bonelli, segretario dei Verdi, denuncia che il condono del 2018 ha consentito la regolarizzazione di pratiche pendenti da 40 anni, anche quelle abusive in aree ad alto rischio idrogeologico. Inoltre, quelle operazioni sarebbero state eseguite con soldi pubblici. Secondo Giuseppe Conte, invece, quello non fu un vero condono, ma una legge per velocizzare pratiche vecchie, senza nessuna deroga ai vincoli idrogeologici. E mentre la palla della responsabilità continua a rimbalzare, resta il fatto che l’ex ministro dell’Ambiente, il pentastellato Sergio Costa, non era d’accordo con quel decreto e continua a sostenerlo anche oggi, dopo l’ennesima tragedia su Ischia. Negli anni, dall’isola sono giunte 27mila richieste di sanatoria edilizia, mentre dai comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno, con circa 13 mila abitanti, sono giunte oltre 6mila domande. In pratica, un cittadino su due.

Va specificato che il governo si ritrovò ad affrontare una situazione surreale: i gialloverdi si accorsero che per poter accogliere le 1.100 istanze giunte dopo il sisma del 2017, occorreva prima chiudere le valutazioni giunte dal 1985. Così fu prima imposto il limite massimo di sei mesi per lo studio delle domande, presentate regolarmente secondo le norme dell’epoca, poi si imposero alcuni paletti più rigidi, ad esempio la valutazione paesaggistica e vincoli più stringenti relativamente alle volumetrie condonabili. Ma a leggere i dati, la situazione non è cambiata un gran che: delle 27mila richieste da Ischia solo 1.300 sono state esaminate, e i 500 milioni stanziati per ricostruire sono rimasti inutilizzati. Una situazione che si aggiunge all’abusivismo dilagante sull’isola, visto che tra il 2003 e il 2016 sono state emesse 1.242 ordinanze di demolizione, di cui solamente 212 eseguite.
In Italia le leggi sull’ambiente si fanno da sempre: la prima risale al 1922, a firma del filosofo Benedetto Croce (che, in una notte di luglio del 1883, perse l’intera famiglia in un terremoto di Casamicciola). L’allora ministro della Pubblica Istruzione, nell’ultimo governo Giolitti, intendeva tutelare il paesaggio e le bellezze naturali con norme molto simili a quelle previste per il patrimonio monumentale. Quella legge, la numero 778, fu poi ribadita dall’articolo 9 della Costituzione. Per un macabro scherzo del destino, a cento anni di distanza dall’idea di Croce, le case di Ischia continuano a crollare travolte dai disastri naturali. E mentre i politici si addossano le colpe per ciò che è stato fatto (o non fatto), il bilancio del diluvio continua ad aggravarsi.