
Un problema di difficile soluzione che interessa tutti i mari del mondo. Servono nuove flotte e nuovi sistemi che prevengano e circoscrivano rapidamente le situazioni critiche
I traffici marittimi da sempre sono fondamentali per l’economia mondiale, perché permettono lo spostamento di qualunque tipologia e quantità di merce coprendo lunghissime distanze, da un continente ad un altro, a costi relativamente contenuti. Ma le rotte commerciali hanno una grande responsabilità, sia in ambito economico ma anche e soprattutto in ambito ambientale.
Anche le navi inquinano. Forse meno delle auto, per via della quantità ma non per la stazza. In caso di incidente, però, il danno ambientale è devastante. Basta un temporale o uno scoglio non segnalato correttamente, che la merce e tutto il carburante viene riversato in mare, allargandosi rapidamente in ogni direzione, inquinando pesantemente la catena alimentare e gli ecosistemi marini.
Persino un banalissimo incidente in mare può trasformarsi in disastro ambientale: una perdita di carburante, uno scafo affondato, oggetti vari lanciati o persi in mare possono inquinare a grandissime distanze per tantissimo tempo. La tante notizie negli anni scorsi di possenti petroliere “blindate” squarciate da scogli o capovolte dal mare in burrasca riportano alla mente scene apocalittiche di spiagge e animali ricoperti completamente di petrolio grezzo ed ecosistemi soffocati dalle “maree nere”.
Negli anni, gli scafi delle navi sono stati ulteriormente rinforzati e sono state applicate misure tecniche e tecnologiche per evitare la fuoriuscita di elementi inquinanti nell’ambiente, ma il pericolo non è stato del tutto cancellato.
In questi giorni, infatti, a ridosso delle festività natalizie, in prossimità dello scoglio di Sant’Elia a Cagliari sono naufragati due pescherecci egiziani a causa del maltempo. Dopo il salvataggio degli equipaggi, la Guardia Costiera ha proceduto a mettere in sicurezza l’area per evitare la fuoriuscita di carburante o altre sostanze inquinanti in mare. Le squadre specializzate hanno così recuperato circa 20 mila litri di carburante, mentre le imbarcazioni sono state condotte nel porto di Cagliari. L’azione repentina della Guardia Costiera e dei tecnici coinvolti ha evitato un disastro ambientale.
La Procura di Cagliari, invece, a conclusione delle indagini preliminari, ha contestato a tre persone e a due società reati in materia di sicurezza della navigazione e disastro e inquinamento ambientale oltre alle responsabilità amministrative commesse per i propri vantaggi. I fatti risalgono alla sera del 21 dicembre 2019 quando la nave CDRY Blue si incagliò in località Sperone dell’Isola di Sant’Antioco. Dalle indagini della Guardia Costiera è emerso che il mercatile, privo di carico, era partita il giorno prima da Cagliari, alla volta della Spagna, nonostante avesse dei problemi tecnici e ci fossero delle condizioni meteorologiche avverse. A seguito della scelta di partire in quelle condizioni e alcune manovre ritenute pericolose portarono la nave ad incagliarsi. Per questo motivo fu riversato in mare un ingente quantitativo di carburante e vari liquidi pericolosi che hanno irrimediabilmente inquinato l’area, nonostante l’intervento di aziende specializzate.
Sono due episodi avvenuti in Italia, casualmente nella stessa zona, che ci fanno capire come siano importanti i traffici marittimi per le nostre attività e come sia necessario attuare ogni misura possibile per evitare qualunque disastro ambientale.