Incendi in Sardegna, Puglia e Sicilia: la prevenzione è nell’agenda politica italiana?

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foto archivio

I geologi: ambiente e territorio siano la priorità. SIGEA: necessaria un’autentica prevenzione. WWF: non chiamatele calamità. Si può ridurre il rischio di incendi nel Mediterraneo?

Scene apocalittiche, immagini devastanti sono quelle che ci vengono mostrate degli incendi che in Sardegna stanno rendendo irriconoscibile l’oristanese e che hanno distrutto 20mila ettari di territorio con circa 1500 persone sfollate. L’antico complesso vulcanico del Montiferru è devastato dal fuoco; non è stato risparmiato nemmeno l’olivastro millenario di Cuglieri, un vero e proprio biglietto da visita per la Sardegna occidentale e i suoi abitanti. Oggi di quel maestoso monumento naturale, colpito dalle fiamme anche perché circondato da erba alta, non restano che rami anneriti e fumanti. Un disastro immane che ha azzerato la biodiversità, distrutto interi ecosistemi, carbonizzato boschi secolari, sterminato migliaia di animali, annullato attività economiche come l’agricoltura e la pastorizia.

Brucia anche la Puglia, con gli incendi della settimana scorsa sul Gargano e di questi giorni in Salento, in particolare nelle pinete degli Alimini dove da quasi una settimana non si riesce ad avere ragione delle fiamme che si riproducono in più punti del territorio.

E brucia anche la Sicilia, dove in queste ore le fiamme minacciano il cimitero di Enna dopo aver distrutto giorni fa i boschi vicino Erice nel trapanese, una vasta area del Parco dei Monti Sicani nell’agrigentino e numerose zone verdi in provincia di Palermo.

Alte temperature (effetto del cambiamento climatico) combinate col vento che spesso cambia direzione impedendo di fronteggiare le fiamme, sono certo la causa principale, ma l’assenza di cura e manutenzione del territorio fa il resto. E paradossalmente, gli incendi si propagano anche perché troppi nubifragi e alluvioni non vengono “regolamentati” da un patrimonio boschivo sempre più risicato. Spieghiamoci meglio.

Sardegna, il geologo Nonne: “Incendi boschivi e nubifragi, due facce della stessa medaglia”

«Una prima analisi evidenzia che circa il 24% del territorio interessato dall’incendio in Sardegna ha una pericolosità media, elevata e molto elevata da un punto di vista geomorfologico e il 3,4% una pericolosità media, elevata e molto elevata da un rischio inondazioni». Lo affermano Mario Nonne, consigliere sardo del Consiglio Nazionale dei Geologi, e l’Ordine dei Geologi della Sardegna.

«Siccità ed incendi boschivi, alluvioni e nubifragi: un problema con due facce della stessa medaglia legato ai mutamenti climatici, quale contributo da pagare alle politiche decennali di disattenzione nei confronti dell’ambiente», denuncia il geologo sardo che ribadisce come ambiente e territorio dovrebbero essere una priorità nell’agenda politica italiana. «L’importante copertura vegetale (boschi, macchia mediterranea, oliveti, ecc.), elemento fondamentale per la salvaguardia dei suoli, oggi non esiste più; ai suoli viene a mancare una importante protezione naturale dagli agenti atmosferici, legata al contenimento del ruscellamento superficiale ed alla infiltrazione delle acque di prima pioggia, con una conseguente esposizione al rischio di frane e inondazioni in un territorio già altamente predisposto a tali rischi».

Fiore (Sigea): ” Possiamo permetterci tutto questo?”

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Circa il 24% del territorio interessato dall’incendio in Sardegna ha una pericolosità media, elevata e molto elevata da un punto di vista geomorfologico

«Oggi per effetto della crisi climatica, gli incendi e i mesocicloni dalle caratteristiche simili a quelli tropicali, si alternano nella stessa stagione con effetti devastanti prima e dopo. In molti casi la vegetazione colpita dal fuoco si riprenderà dopo diversi anni, mentre i danni diretti alle vittime, sia esse umane che animali, sono irreparabili, come pure i danni indiretti sulla stabilità dei versanti con possibile innesco a breve e a lungo termini di frane e il verificarsi di alluvioni», spiega Antonello Fiore, presidente della Società italiana di geologia ambientale (Sigea), che punta il dito anche sull’aumento delle acque che scorrono in superficie a causa della perdita di vegetazione, che oltre a causare alluvioni riduce sensibilmente l’acqua d’infiltrazione nel sottosuolo, «acqua che alimenta le riserve sotterranee, preziosi serbatoi idrici naturali da garantire e tutelare in particolar modo nei momenti di siccità».

«Possiamo permetterci tutto questo dal punto di vista della riduzione della biodiversità, dell’inaridimento del paesaggio, del dissesto del territorio e dell’esposizione al rischio della popolazione, della cancellazione del turismo nelle aree interne che a loro volta stanno fortemente subendo il processo di spopolamento a vantaggio del ripopolamento delle aree costiere e della costante richiesta di urbanizzazione e cementificazione?», si chiede polemico Fiore.

Incendi e tempeste di fuoco, come brucia l’Italia

L’ultimo rapporto nazionale disponibile sullo stato delle foreste e del settore forestale – RaF Italia – riguarda il periodo 2017-2018 (Fonte MIPAAFT 2019). Nel rapporto si legge che dal 1980 al 2017 le superfici interessate dal fuoco sono state poco meno di 4.062mila ettari, pari a 5.689.058 campi da calcio, con una media di 106.894 ettari/annua; Roma si estende per circa 128.700 ettari. Nell’area mediterranea peggio dell’Italia solo la Spagna con oltre 6.179mila ettari andati in fiamme e il Portogallo più di con 4.512mila ettari. I dati disponibili ci dicono che nonostante l’ultimo decennio sia diminuita la superficie forestale percorsa dalle fiamme, sono sempre di più gli eventi estremi che favoriscono l’innesco del fuoco: nel 2017 ci sono stati circa 8mila incendi e sono bruciati oltre 160mila ettari tra superficie boscata e non boscata. Dai dati raccolti dall’European forest fire information system (Effis) si evince che in Italia nel 2019 è stata interessata dal fuoco una superficie di 20.395 ettari. Sempre l’Effis ha registrato in Italia  dal 1° gennaio e fino al 14 luglio in totale 157 incendi con superfice maggiore di 30 ettari, mentre la media annua tra il 2008 e il 2020 si attesta a 66. Nello stesso arco di tempo la superfice totale incendiata ammonta a 26.931 ettari.

Come mostra poi il report WWF “Mediterraneo in fiamme”, In Italia, nel 2020, si sono verificati 7 incendi che hanno coinvolto aree più estese oltre 500 ettari, il più grande dei quali ha bruciato oltre 3mila ettari nella provincia di Trapani alla fine di agosto. E a partire dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell’Europa mediterranea, superando per dimensione e portata i grandi incendi. Si tratta dei mega-incendi, che generano vere e proprie tempeste di fuoco.

Governo, se ci sei batti un colpo

Una sola è la richiesta al Governo di esperti, associazioni, ordini professionali: una politica più incisiva e severa in materia di prevenzione del rischio e tutela del territorio.

«Dobbiamo smettere di pensare ai nostri boschi solo dopo che si verificano immani tragedie come questa, con costosi interventi straordinari o emergenziali. È necessario investire sulla prevenzione attraverso una quotidiana gestione e cura del territorio- dichiara Carmelo Spada, Delegato WWF per la Sardegna-. Appena terminata l’emergenza dovranno essere accertate le responsabilità e puniti i colpevoli e si dovranno adottare tutte le misure previste dalla legge per il ripristino dell’ambiente come il divieto di pascolo e di caccia».

E Fiore rincara la dose: «Gli ultimi incendi boschivi in Sardegna, Sicilia e Puglia confermano che il cambiamento del regime degli incendi di questi ultimi anni richiede un cambio di strategie nel governo di questi fenomeni e nel governo del territorio. L’unica arma è la prevenzione. Bisogna avere la consapevolezza che gli incendi della vegetazione fanno parte delle dinamiche naturali anche se vengono nella quasi totalità dei casi appiccati dall’uomo per interessi vari. Bisogna avere la consapevolezza che nelle stagioni particolarmente calde e siccitose gli incendi trovano una maggiore diffusione per una mancata pulizia dei boschi e a causa di una più diffusa materia infiammabile. Com’è noto nelle scienze forestali il fuoco si propaga solo se la vegetazione lo permette, allora bisogna intervenire prima e in maniera pianificata per ridurre quelle situazioni di amplificazione e propagazione degli incendi».

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Ancora immagini dei roghi in Sardegna

«In uno scenario di aumento del rischio incendio, diventa prioritaria una programmazione di governo degli incendi piuttosto che frettolosi e talvolta tardivi e inefficaci interventi di spegnimento. Questo porterà a una riduzione degli incendi con enormi vantaggi in termini di sostenibilità ambientale, di riduzione dei rischi diretti e indiretti e, come è stato stimato in termini economici già nel breve e medio termine».

E di prevenzione parla anche il Consiglio Nazionale Geologi. «Apprezziamo – dice il consigliere sardo Nonne – l’attenzione rivolta dal Governo ai problemi ambientali, sia grazie all’istituzione di un Ministero riconvertito verso la transizione ecologica, che i propositi contenuti nello stesso PNRR. A tali considerazioni non può sfuggire l’aspetto economico, da sempre poco considerato, per il fatto che i costi di intervento post evento sono sempre di gran lunga superiori a quelli legati alla prevenzione, senza considerare quelli ambientali molto spesso non monetizzabili nel breve periodo, ma un fardello imbarazzante per le future generazioni».

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