Incendi e crisi climatica: bisogna agire subito

Diego Florian, direttore FSC Italia: “Occorre agire per migliorare adattamento e resilienza delle foreste”

 

Anche questa estate, gli incendi stanno bruciando milioni di ettari in tutto il mondo. Dalla California alla Grecia, dal Sudamerica alla Siberia, dall’Egitto alla Sicilia, dalla Turchia alla Calabria e alla Sardegna.

In Italia, solo nel 2021 fino ad oggi, sono bruciati circa 110.000 ettari di terreno, ovvero un’area corrispondente a 145mila campi da calcio. È il quadruplo rispetto ai 28.479 ettari arsi, in media, ogni anno dal 2008 al 2020. Sono questi i dati forniti da European forest fire information system (Effis) della Commissione europea, pubblicati da ADKronos. L’Europa sta bruciando a un ritmo doppio rispetto agli anni scorsi, Grecia e Italia, prima in classifica. Gli animali selvatici morti durante gli incendi sarebbero circa 2.000.000.

Questi fenomeni distruttivi avvengono proprio nei giorni dell’uscita del più preoccupante dei sei rapporti del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change, Ipcc). In esso si parla apertamente di crisi climatica “irreversibile” dalle conseguenze “devastanti”, caratterizzata da un aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni metereologici estremi: ondate di calore, freddo, pioggia, siccità, neve, vento, inondazioni e altro ancora.

Diego Florian, direttore FSC Italia

«Davvero non possiamo più permetterci di agire solo nell’emergenza – commenta il Direttore del Forest Stewardship Council (FSC) Italia, Diego Florian – e sugli incendi, in particolare, vanno messe in atto tutte le azioni necessarie a salvaguardare il patrimonio universale costituito da boschi e foreste». FSC, Ong che da 20 anni promuove in Italia la gestione forestale sostenibile, sollecita quindi interventi che aumentino la resilienza di boschi: «Più il patrimonio forestale e il territorio vengono gestiti – spiega Florian – più si possono contenere gli incendi, in un’ottica di adattamento: oltre alla prevenzione, dobbiamo quindi creare e valorizzare foreste che sappiano adeguarsi ai radicali cambiamenti in corso».

Siamo di fronte a un paradosso: i numeri dicono che gli incendi nel mondo sono generalmente in calo di anno in anno, ma la crisi climatica ne sta aumentando la portata e l’imprevedibilità. L’attività degli incendi è infatti in aumento in alcune regioni, ma se si considera l’area totale bruciata a livello globale, non si registra ancora un aumento complessivo.

Ogni anno, infatti, sono mediamente 400 milioni (fonte Nazioni Unite) gli ettari nel mondo interessati da incendi (480 mila solo in Italia secondo una ricerca Greenpeace di un anno fa): di questi, il 10% sono foreste. «Sono tre gli elementi che innescano gli incendi: il combustibile, ossia legno, erba secca o cespugli; l’aria, che fornisce ossigeno alla fiamma e che può trasportare le scintille anche per diversi chilometri; e la fonte di calore, come fulmini, fuochi incustoditi, mozziconi di sigaretta non spenti o atti dolosi. Per contenere le fiamme servono quindi strade taglia fuoco, l’azione di fuochi controllati, tecnologie innovative come sensori di calore, ma anche la pulizia e l’asporto del materiale secco e la formazione di squadre d’intervento» aggiunge Florian, che spiega anche come fra il 1979 e il 2013 la durata della stagione globale degli incendi sia aumentata in media del 19%: una espansione da attribuire all’influsso negativo della crisi climatica (dati WWF del 2020).

La stagione degli incendi, infatti, a causa della crisi climatica arriva prima e dura più a lungo, lasciando sempre meno tempo alla vegetazione per riprendersi e tempo alle comunità per gestire l’emergenza. L’aumento delle temperature globali e i più frequenti periodi di siccità stanno infine causando un calo dell’umidità al suolo, lasciando spazio ad incendi che bruciano più in profondità e causano danni maggiori. Questi impatti a loro volta finiscono per alimentare un circolo vizioso: bruciando, le foreste emettono grossi quantitativi di anidride carbonica, il principale responsabile del surriscaldamento globale.

«Ciò che farà sempre più la differenza – conclude Florian – sarà aiutare le foreste e le comunità ad adattarsi e cambiare, ma non per eliminare il rischio: per integrarlo. Gli incendi boschivi sono sempre esistiti, e interi ecosistemi naturali dipendono da queste dinamiche: sta a noi creare le condizioni per territori resistenti alle grandi emergenze grazie alla gestione forestale e alla bioeconomia ad essa associata».

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