Il Parco Scultura La Palomba a Matera e l’incontro con Antonio Paradiso.

antonio paradiso - pietro marino - gaetano grillo
Antonio Paradiso, in primo piano, di spalle Pietro Marino, dietro Gaetano Grillo

Matera, capitale della cultura 2019, ha già iniziato il suo cammino e in questa città non si arriva per caso, ma per volontà. Sono al limite tra la Puglia e la Basilicata, tra la piana di Altamura e le alte pareti tufacee delle antiche cave di Matera che guardano a Nord, in un luogo, il Parco Scultura la Palomba, in cui, attraversando il limite fisico, ma sempre aperto, dell’ingresso, mi immergo in uno spazio senza tempo: un’antica cava di tufo allestita per ospitare mostre d’arte contemporanea, in particolare, sculture contemporanee.

L’area d’ingresso, in un cielo aperto e terso di un pomeriggio d’estate, annuncia qualcosa di unico senza svelarlo e indica due percorsi pedonali, uno verso l’alto della collina tufacea, l’altro verso il fondo della antica cava. Intorno a me sospesi tra terra e cielo, grandi, grandissime sculture, fuori misura umana, di Mauro  Staccioli, Palombo di Antonio Paradiso, Anello di Icaro, di Luigi Mainolfi, A guardia della Natura. Sono solo alcune delle sculture fisse installate in questo luogo dal 2007 che Antonio Paradiso, scultore e ideatore del Parco Scultura la Palomba, ha voluto insediare per mostrare, a un pubblico attento, opere uniche dell’arte contemporanea che hanno già vissuto l’esperienza di moltissime mostre nel mondo.

Tutti i miei cinque sensi sono stimolati al limite: la mia vista percepisce dimensioni fisiche mai sentite prima, avvicinandomi lentamente alle sculture di acciaio alte decine di metri che, da lontano e dall’alto del piazzale d’ingresso appaiono piccole ma, con il lento avvicinarmi ad esse si impongono con la loro possanza fisica e metafisica.

antonio paradiso - colonna - particolare
Antonio Paradiso – particolare di colonna

Sono ai piedi della Colonna d’acciaio di Antonio Paradiso, un cilindro vuoto sulla cui superficie esterna l’artista ha inciso, tagliato e asportato, sagome sintetiche di colombi in volo, che volano, appunto, intorno e dentro la cilindrica scultura d’acciaio rosso ruggine. A destra, a terra, mentre scendo verso le grandi sculture, noto una lastra spessa di Pietra di Trani lavorata in modo grezzo e volutamente spezzata dall’artista. Il suo titolo è esplicativo, La caduta di Icaro.

L’acciaio, la pietra, le grandi pareti di tufo che le avvolgono, le citazioni, stimolano parallelamente un altro senso, il tatto; toccare la ruvidità naturale e artificiale di queste grandi sculture mi invita alla sospensione dal tempo terrestre, sento una vibrazione della natura attraverso la scultura, grande intermediaria tra vita fisica e metafisica, tra leggerezza del pensiero e pesantezza della materia.

Queste sculture raccontano pensieri a occhi aperti dell’artista nel mondo contemporaneo, nei suoi limiti, nei suoi drammi e nelle sue contraddizioni. Una scultura, in particolare, tra le più basse del Parco Scultura ma frastagliata e lunga, posta sotto una altissima parete tufacea che conserva tutti i segni delle scalfitture della sua prima vita, la cava, attira la mia attenzione. È una scultura composta da pezzi d’acciaio contorto, fuso e piegato dal fuoco e dall’uomo che ha prodotto quel fuoco; sono pezzi d’acciaio che appartenevano alle Torri dell’undici settembre duemilauno; residui fisici del crollo delle Tori Gemelle di New York.

antonio paradiso - l'ultima cena globalizzata - vista d'insieme
Antonio Paradiso – L’ultima cena globalizzata

A guardarla bene, a pochi centimetri di distanza, la scultura mi sconvolge, mi turba, mi porta alla mente, in un attimo, attraverso le sue forme contemporanee contorte dal fuoco, il senso della vita e della morte nello stesso tempo; del dramma e della consapevolezza della gratuita violenza dell’uomo sull’uomo; dei pensieri e delle filosofie contrapposte che hanno prodotto tale racconto fisico e visivo, un racconto che grida il dramma di migliaia di uomini e donne nel silenzo biblico dell’antica cava di tufo.

Il Parco Scultura La Palomba è un luogo unico, uno scrigno, un posto segreto degli uomini sensibili, dove si possono conservare e lasciarle intatte nel tempo, gli elementi forti della vita umana, come l’amore, la morte, la filosofia, la leggerezza, la tragedia, la gioia, la felicità, l’anima del mondo.

La scultura ha un titolo L’ultima cena Globalizzata, è  una delle ultime opere di Antonio Paradiso che, dopo essere stata esposta al pubblico di Milano e New York, qui ha trovato, per il momento, in un angolo della cava, un luogo dove poter mostrare agli uomini tutta la sua potenza scultorea, la sua filosofia, il suo pensiero, in un drammatico rapporto, uno a uno, tra me e la scultura, grande raccoglitrice di pensiero filosofico racchiuso nell’acciaio.

In fondo alla cava, in uno spazio mostre al coperto, incontro il maestro Antonio Paradiso, lo saluto, scambiamo sintetiche riflessioni sul luogo e sulle opere. Sul tardi, dopo la chiusura della mostra egli mi chiede: “ …se non hai impegni possiamo cenare insieme e continuare, intorno a un buon bicchiere di vino rosso, riflessioni sulla mostra. Lo seguo in una antica macelleria/rosticceria di Laterza; è di un suo amico. Ci sediamo e, dopo una lunga pausa tra un discorso e l’altro esordisce: «…secondo te viene prima la filosofia o la scultura?»… poi mi guarda, mi sorride senza parlare, si guarda intorno e inizia lentamente a parlarmi, in un racconto senza tempo e senza limiti: « …la scultura è…».

 

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