
Lo scrittore Ernest Hemingway è stato in Lucania nel 1959. Quello è stato il suo ultimo viaggio in Italia, alla scoperta di un paradiso incontaminato
Da Sylvia Beach, a Parigi nella sua storica libreria Shakespeare & Company, centro artistico e culturale del mondo, , mi sento a casa. Una casa che Gertrude Stein, Joyce, Picasso, Modigliani, Cocteau, Matisse, Buñuel, Dalì, Fitzgerald e sua moglie Zelda, Tzara, Man Ray, Gide e Pound hanno avuto modo di frequentare; una casa frequentata, oggi e in passato, da amici. Guardando tra gli scaffali di libri, incrocio autori che hanno stimolato la mia immaginazione.
Una versione bilingue inglese/italiano de Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway mi ha fatto ricordare un libro scritto da Raffaele Nigro. Il suo titolo è enigmatico: Fernanda e gli elefanti bianchi di Hemingway, in cui racconta un viaggio, l’ultimo nel mezzogiorno d’Italia, in Lucania.
Lucania, terra magica

Hemingway in Lucania? Ricordo che Raffaele Nigro, amico fraterno, una mattina, nel suo ufficio all’ultimo piano del palazzo Rai in via Dalmazia a Bari, all’indomani della pubblicazione del libro mi disse: “…leggilo con attenzione, scoprirai un Hemingway unico e raro, che ha vissuto il nostro mezzogiorno, le nostre terre, la Lucania …”. Le sue parole mi infiammarono l’immaginazione. Ernest Hemingway è stato in Lucania! Aveva respirato l’aria del sud Italia, delle terre tra la Puglia e la Lucania.
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Il viaggio in Lucania, Raffaele Nigro lo aveva raccolto in una conversazione con Fernanda Pivano, sua amica, raccolta da Lei a L’Avana in un incontro con il Maestro, intorno ad una bottiglia di buon vino e una paella condivisa nella sua Finca Cubana. Quello in Lucania fu l’ultimo suo ultimo viaggio in Italia, stimolato dal suo amico John Friedmann, etnologo e antropologo, che gli parlava di una terra meravigliosa e sconosciuta chiamata Lucania e da Fernanda Pivano, sua amica e confidente che gli programmò incontri con Ernesto De Martino, collega italiano di Corman e Friedmann, e Carlo Levi.
Hemingway, Carlo Levi e Scotellaro
Hemingway arrivò a Roma all’inizio dell’estate in cui compiva sessant’anni; l’incontro con Carlo Levi, profondo conoscitore della Lucania, nel suo studio romano, gli diede la possibilità di conoscere le sue opere pittoriche e, attraverso la sua pittura, introdursi alla Lucania. Un incontro che lo avviò al suo viaggio verso Potenza e Matera, in una berlina nera guidata da un autista italiano di fiducia.
Egli s’informò subito sulla qualità dei vini come il Primitivo del Salento e l’Aglianico del Vulture che assaporò in una vecchia osteria di Potenza, dove servivano cibi e piatti, da lui mai mangiati prima d’allora: strascinati con ricotta salata e peperoni secchi e fritti che chiamano Cruschi, pecora cotta in un coccio di terracotta con verza, involtini alla brace e formaggio di capra con mele e nespole.
La leggenda del mammouth
In quei giorni raggiunsero prima Matera, poi camminarono in auto il lungo Basento che taglia le Dolomiti Lucane serpeggiando tra colline intatte. Un paradiso incontaminato. Soggiornò ad Avigliano, dove la guida gli raccontò la singolare storia di Rocco Scotellaro, il poeta-sindaco di Tricarico. Hemingway si appassionò alle storie dei contadini e dei mammouth che, pare, ci fossero anticamente sia in Lucania che in Puglia e di cui dicono che nel lago di Atella fossero stati avvistati i resti, e questi resti avvaloravano le leggende popolari di Castelmezzano e Pietrapertosa, dove c’è una montagna calva che, dicono, sia un mammouth pietrificato. L’aria, l’acqua, l’erba, gli alberi e le case di quella terra erano pieni di memorie e dunque di storie e le storie venivano sì, dal passato, ma erano fatte per dare profondità e amplificazione al presente.
Hemingway e la memoria dei luoghi
Hemingway s’incuriosì soprattutto alla gente e al connubio tra uomini, animali e natura. Guardava con sorpresa gli asini, le irregolarità della calce sui muri, la foresta e le crepe sui monti, le cime, le carrarie, gli alberi, i fiori e le pietre coperte di muschio. Per Lui tutto l’ambiente era nuovo, tutto era unico, era una specie di Paradiso Terrestre abbandonato, dove qualcuno ha seminato una pianta che produce racconti, racconti come quelli sui mammuth, gli elefanti bianchi visti tra la Puglia e la Lucania.
Bibliografia Essenziale:
Raffaele Nigro, Fernanda e gli elefanti bianchi di Hemingway, Rizzoli, Milano, 2010.