
Come trasferire l’attenzione ai valori ambientali in ambito politico e farla diventare azioni concrete? Ne parliamo con la senatrice Patty L’Abbate (M5S): gli incarichi nella Commissione Ambiente e nel comitato di vigilanza RAI. Il nodo-acqua bene comune
Patty L’Abbate, senatrice della Repubblica eletta lo scorso 4 marzo nelle liste del Movimento 5 Stelle, si definisce una “guerriera di Gaia”, perché parte dalla considerazione che la natura va difesa, soprattutto ora che stentiamo a mantenere vivo il rapporto simbiotico col mondo intorno a noi. “Abbiamo dimenticato il nostro legame con la rete della vita, perso l’energia che ci trasmette”, ha detto durante l’intervista ad Ambient&Ambienti, di cui abbiamo già pubblicato la prima parte.
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E difendere la natura con azioni concrete diventa prioritario per chi si dedica all’attività politica e di governo. In Senato, ad esempio, la senatrice L’Abbate sta portando avanti il concetto di rete tra portatori di interessi e istituzioni.
Green Economy: come trasformare le conoscenze in azioni
Senatrice L’Abbate, come nasce la sua passione per la natura?

«Forse si nasce così. Ricordo il legame stretto che avevo con un albero di noci che cresceva nel giardino di casa nostra. Io giocavo sotto questo albero che era per me una specie di protezione e ricordo la mia sofferenza quando ha smesso di vivere, forse perché era stato circondato dal cemento dei palazzi che stavano nascendo tutt’intorno. Ancora adesso mi emoziono quando ne parlo, perché per me era un simbolo e forse è stato l’inizio di quel rapporto con la natura che continua tuttora. Quell’amore che avevo da bambina l’ho coltivato con forza negli anni, per questo mi definisco “Guerriera di Gaia”, ed è questo l’unico motivo per cui ho accettato questa candidatura, sensibilizzare ogni individuo a diventare custode di Gaia e non padrone, curare la nostra casa comune, come dice Papa Francesco nella sua enciclica Laudato sì».
Lei è una studiosa di Life Cycle Assessment, cioè dell’analisi del ciclo di vita (di un prodotto o di un processo), che analizza le interazioni con l’ambiente e il relativo impatto.
«Certo. In particolare mi interesso del ciclo di vita dell’energia, perché tutto ciò che abbiamo in natura parte dal rapporto tra materie prime ed energia. Ho svolto anche degli studi che indicano anche il “fattore di rendimento” di un dato bene, in termini di energia dispersa. Utilizzo questo metodo (LCA) per fare un calcolo degli indicatori ambientali e sviluppare dei prodotti che siano più green, ma che dobbiamo assicurarci consumino meno materie prime ed energia possibili. Il passo successivo di questi studi è capire se a fine vita possiamo ancora utilizzare quel prodotto; parte da qui l’eco design, perché si inizia a progettare già in modo che a fine vita quell’oggetto possa essere disassemblato e riutilizzato per qualche altra cosa».
Come è possibile trasferire una profonda attenzione ai valori ambientali in ambito politico? Il metodo del Life Cycle Assessment aiuta il trasferimento di conoscenze in cultura d’impresa e in servizi e prodotti concreti. Come fare diventare queste conoscenze azioni concrete?
«Proprio questo spiega perché ho accettato di candidarmi. Io non mi ci vedo assolutamente nella figura del politico classico. Io non credo nel simboli, credo nelle persone perbene. Io mi sono avvicinata a questo mondo perché questa è la mia mission, per questo mi definisco ”guerriera di Gaia”. In Senato ho deciso di assumermi la responsabilità di essere la voce della mia comunità, del mio territorio, e di risanare un passo alla volta il mio Paese col supporto di tutti i cittadini che hanno a cuore il futuro di Gaia e delle generazioni a venire».
Acqua bene comune, un percorso da condividere
A proposito di Acqua bene comune: il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha diffuso un documento molto critico in occasione della pubblicazione del contratto di governo Lega-5stelle, accusato di non rispettare il referendum del 2011. C’è qualche possibilità di aggiustamento della questione acqua pubblica all’interno del contratto di governo?
«Secondo me sì. Proprio in una tavola rotonda del 19 luglio, in cui era presente anche il presidente della Camera Fico, abbiamo ascoltato associazioni e comitati. A breve arriverà alla Camera il testo di legge a firma della collega Federica Daga, che da sempre si è occupata di questo tema. Il forum ha contestato il fatto che il contratto di governo non ha preso in considerazione la necessità di togliere ad ARERA (Autorità di regolazione per Energia reti e ambiente) le deleghe sull’acqua. Dobbiamo ricordare che ARERA esiste e non si può andare contro delle regolamentazioni esistenti, ma non è detto che non si debba vigilare sull’operato di ARERA per evitare che faccia pressione sui consumatori. Le leggi vanno fatte ma bisogna al tempo stesso vigilare sull’esistente, e comunque sull’acqua pubblica stiamo lavorando».
Quindi ci sono dei margini per limare la posizione del contratto di governo?

«Assolutamente sì, così come ci sono dei margini per intervenire sullo sviluppo sostenibile del territorio. Dobbiamo confrontarci con situazioni incancrenite negli anni: ci vorrebbe un miracolo per cambiare tutto, ma il miracolo non lo puoi avere. Allora cosa si fa? Sei costretto a valutare l’azione che porta meno dolore possibile, e nel frattempo lavori per vedere cosa altro puoi fare. Certo mi rendo conto che non si può risolvere una situazione incancrenita con una azione sola e so bene che azioni fatte per non danneggiare ulteriormente le persone introducono una “circolarità negativa”, ma non è detto che tu, fatta quell’azione, non cerchi di effettuare un piano spalmato negli anni per evitare quello che adesso non hai potuto correggere perché non potevi fare altro. La cosa da fare è preparare la gente,coinvolgerla col dialogo. E in questo percorso le consulte hanno un grande ruolo: devono esserci e devono funzionare, perché tu devi dire al cittadino la verità, il cittadino deve sapere che se viene fatta una scelta è perché è il male minore e non si può fare altro in quella circostanza e in quel momento».
Si sente sola o la sua sensibilità su queste tematiche è condivisa dagli altri parlamentari?
«E’ molto condivisa, altrimenti non starei qui. Quando sono entrata in competizione ho messo in campo oltre al mio background scientifico anche il mio attivismo, la sensibilità e il mio modo di fare che non attaccherà mai altre persone, perché non è in me. Io dico quello che voglio fare e che potrei essere capace di fare e chiedo aiuto quando un lavoro si può fare insieme».
Per praticare la green economy anche alla RAI
Lei fa parte anche del comitato vigilanza RAI.
«Anche lì porto la mia mission. A mio avviso quello che c’è da fare, se vogliamo avere un futuro sostenibile, è sviluppare una coscienza “biosferica”, un termine che ho adottato dall’economista Jeremy Rifkin. E questo significa che prima delle tecnologie bisogna variare lo stile di vita, avere un approccio differente al mondo, diventare, come dice l’enciclica Laudato sì, custode della casa comune, non padrone della casa comune. Quindi la RAI, e il suo veicolare una comunicazione che sia corretta, può contribuire a far acquisire una coscienza biosferica. Possiamo fare le leggi, aiutare le imprese ad esser competitive e al tempo stesso sostenibili; possiamo migliorare il territorio, dare lavoro, ma è attraverso i media che si corregge il modo di pensare. Pensiamo ai bambini, che passano tanto tempo davanti alla televisione: diventa un impegno morale farli crescere sapendo già che appartengono a Gaia, a un qualcosa che devono custodire e di cui sono parte integrante».