
Un lustro. Il glifosato, l’erbicida più diffuso nel mondo continuerà a essere usato per altri 5 anni all’interno dell’Unione Europea. Determinante per la proroga all’autorizzazione è stato il voto della Germania, che solo un mese prima aveva contribuito, nel Parlamento Europeo, ad affossare la proposta. Era stata bocciata, infatti, la richiesta di prolungare di 10 anni l’autorizzazione del pesticida votando per il divieto immediato di uso domestico e il bando totale entro il 2022. Trenta giorni dopo, però, il cambio.
E così il Comitato d’appello, formato dai rappresentanti dei governi, ha dato il via libera per 5 anni. A favore della proposta di proroga si sono espressi 18 Stati, nove si sono opposti e il Portogallo si è astenuto. Hanno votato contro Italia, Francia, Belgio, Grecia, Ungheria, Cipro, Malta, Lussemburgo e Lettonia. A favore, come detto, determinante, la Germania.
I PARERI
Ma cos’è il glifosato? Commercializzato dal 1974, nel 2015 è stato classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come «probabilmente cancerogeno per l’uomo». Due mesi dopo aver sentito il parere della Iarc, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) è giunta alla conclusione opposta: è «improbabile che possa rappresentare un pericolo cancerogeno per l’uomo». Nel frattempo, l’Unione Europea ha preso tempo. Cinque anni.
LE REAZIONI

Un provvedimento che ha provocato una serie di reazioni e polemiche. «Sono decisioni di questo tipo che allontanano i cittadini dall’Europa”, ha tuonato ad esempio Carlo Petrini, fondatore di Slow food. «L’ambiente e l’Europa perdono un’occasione storica. Il voto mostra come la maggior parte dei governi europei non abbia rispettato il volere di oltre un milione di cittadini europei che aderendo all’European Citizens Initiative (Ice) intendevano eliminare l’erbicida dal sistema alimentare e dall’ambiente».
L’unica consolazione – sottolinea Petrini – è «quella che, mentre a livello politico si è deciso di continuare a impiegare il famoso erbicida, diverse città e Stati hanno scelto autonomamente di restringere il campo di applicazione del glifosato, il principio attivo del diserbante Roundup della Monsanto. Una decisione politica che va contro i cittadini, una decisione che non ha tenuto conto dell’indirizzo del Parlamento e che antepone il profitto alla sostenibilità e alla salute dell’ambiente e delle persone». Per il presidente di Slow Food, Gaetano Pascale, è addirittura «una tragedia». E tra 5 anni il rischio è di «ritrovarsi a contare i danni del glifosato, in un contesto peggiorato dalle condizioni climatiche».
IL NO DI GREENPEACE.
«Le persone che avrebbero dovuto proteggere la salute pubblica hanno tradito la fiducia degli europei ignorando gli avvertimenti della scienza indipendente». E’ l’amaro commento di Franziska Achterberg, direttore delle politiche alimentari di Greenpeace, che considera il parere del Comitato «un regalo alle multinazionali agrochimiche, a scapito di salute e ambiente».
GLIFOSATO, IL SI’ DELLA CIA

D’accordo, invece, la Cia- Agricoltori italiani. “Decisione basata su pareri scientifici
Positivo il via libera del Comitato d’appello dei Paesi Ue sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato per altri cinque anni”. Per l’associazione “l’agricoltura italiana è attenta alla produzione sostenibile e alla salute pubblica e questa decisione in sede europea dimostra che non c’è alcun allarme”. Senza il rinnovo al glifosato giunto dall’Europa, per la Cia “le nostre imprese avrebbero dovuto ricorrere in tempi rapidi a prodotti alternativi, con un aumento dei costi e una riduzione delle rese”.
IL PARERE DI COLDIRETTI
Contestualizza il provvedimento la Coldiretti. “In Italia resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da ‘gruppi vulnerabili’ quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche in campagna in pre-raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura”. Sottolinea così gli effetti del decreto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto del 2016 che non vengono modificati dalla decisione dell’Unione Europea di rinnovare per 5 anni la licenza di utilizzo. L’Italia deve porsi all’avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell’Unione Europea e fare in modo che – sottolinea la Coldiretti – le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l’ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità analoghe come il grano proveniente dal Canada dove viene fatto un uso intensivo di glifosato proprio nella fase di preraccolta”.
LA PAROLA AI MEDICI
«Il glifosato è fra i pesticidi più innocui in commercio. Non è cancerogeno, non è tossico per la riproduzione, non causa danni al fegato e ad altri organi». La pensa così Angelo Moretto, docente di Medicina del Lavoro e Tossicologia alla Statale di Milano. Per lui, il provvedimento «è una buona notizia». Moretto ha lavorato per la Fao ed è il responsabile dell’ICPS, il Centro Internazionale per gli Antiparassitari e la Prevenzione sanitaria.
NIENTE ALLARMISMI
C’è anche Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonimo marchio, a evitare allarmismi. Non accetta – lui che è uno tra i principali produttori di pasta italiana -, che si amplifichi il timore riguardo l’uso del diserbante e le conseguenze negative sulla salute.
«Il glifosato – ha evidenziato – è usato anche in Italia quando la spiga non è ancora matura, come diserbante, e perciò non incide sul chicco». In una intervista a Repubblica, ripresa poi da tutti i media, Divella ha ricordato come il Ministero della Salute «ha stabilito che i livelli di glifosato riscontrati nei grani di importazione sono ben al di sotto di quelli stabiliti dalle nostre leggi, che sono severissime. E’ lo stesso allarmismo che si è fatto sull’olio di palma nei prodotti da forno. Ora si usa l’olio di girasole, che ha però qualità e caratteristiche diverse, non sempre migliori per i consumatori».
Infine, il discorso del made in Italy. «Quel che fa la differenza nella pasta italiana – è ancora Divella a parlare – è come si produce. Quella del grano tutto italiano è un’illusione creata ad arte di recente. Ma già nel 1948 importavamo la materia prima dalla Russia».