
Scimmie utilizzate da Volkswagen, Daimler e BMW come cavie per inalare i gas di scarico degli autoveicoli e testarne gli effetti nocivi sulla salute.
E’ la denuncia del New York Times, rimbalzata sui tabloid di tutto il mondo. Nel 2014 i colossi delle automobili come Volkswagen, Daimler e BMW, avrebbero finanziato gli esperimenti condotti da un’organizzazione conosciuta come EUGT, Gruppo Europeo di Ricerca sull’Ambiente e la Salute nel Settore dei Trasporti. La crudele pratica consisteva nel tenere 10 scimmie chiuse in un laboratorio nel New Mexico, a respirare gas di scarico di una Volkswagen, mentre guardavano cartoni animati.
I quotidiani tedeschi, in queste ore, buttano altra benzina sul fuoco rivelando che oltre alle scimmie, a respirare i gas di scarico degli autoveicoli, ci sarebbero state anche cavie umane. Per la precisione 19 uomini e 6 donne, sono stati sottoposti a inalazioni di diossido di azoto, per tre ore al giorno per un mese intero.
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La cancelliera tedesca Angela Merkel ha già condannato duramente gli esperimenti, ritenendo “l’indignazione di tante persone comprensibile” e i test “ non giustificabili in nessun modo”. La ministra dell’Ambiente Barbara Hendricks li ha definiti “abominevoli”. Volkswagen ha fatto sapere con un tweet che prende le distanze da “qualsiasi forma di crudeltà sugli animali”, ammettendo che i test sono stati un errore e ribadendo che l’EUGT non esiste più dallo scorso 30 giugno. Eppure Helmut Greim, presidente del comitato scientifico di quello che un autorevole quotidiano come Der Spiegel definisce senza mezzi termini “associazione di lobbisti sostenuta dall’industria automobilistica”, si mostra indignato dalla campagna di stampa e ribadisce che i risultati della ricerca erano importanti e rilevanti.
Cadono le prime teste
Intanto non si fanno attendere i primi effetti dello scandalo. In casa Volkswagen gira aria di epurazione, visto che è stato sospeso dal suo incarico Thomas Steg, responsabile relazioni esterne e sostenibilità. Steg aveva dichiarato al quotidiano Bild che Volkswagen non avrebbe più condotto esperimenti su animali.
Lo scandalo Dieselgate

Non è la prima volta che la Volkswagen finisce nell’occhio del ciclone per le emissioni di diesel. Risale al 2015, infatti, il caso Dieselgate, quando si scoprì che durante i test di omologazione alcuni software, appositamente applicati da Volkswagen, riducevano in maniera fittizia il livello degli inquinanti. Che negli Usa superavano di 40 volte i limiti imposti dalla legge. Furono coinvolte 11 milioni di auto e secondo alcuni esperti l’intero scandalo costò alla società oltre 80 miliardi di euro.