
Agli arresti domiciliari l’amministratore unico di una società appaltatrice che avrebbe dovuto fornire DPI a norma alla Protezione Civile della Sardegna
Con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture, è stato condotto agli arresti domiciliari l’amministratore unico di una società, con sedi a Roma e Reggio Calabria, che aveva vinto una gara d’appalto di fornitura di materiale sanitario per la Protezione Civile della Sardegna.
L’operazione, condotta dalla Guardia di Finanza di Cagliari e diretta dalla Procura della Repubblica del Capoluogo sardo, si è conclusa con il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, nei confronti dell’imprenditore e della società da questi amministrata, di somme per 10.862.620,00 euro e il sequestro di 2.755.800 mascherine chirurgiche, FFP2 e FFP3, non conformi ai requisiti di legge.
Le indagini sono iniziate durante la fase di contingenza sanitaria. A marzo, la Direzione Regionale della Protezione Civile della Regione Autonoma Sardegna aveva richiesto una fornitura di 4 milioni di pezzi, tra mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale, per un importo complessivo di oltre 18 milioni di euro.
L’azienda che si era aggiudicata la fornitura, si era impegnata a fornire il materiale per le necessità contingenti in tempi ristretti e con pagamento scaglionato. Ma, riscontrato alcune irregolarità, la Procura aveva inviato le Fiamme Gialle ad eseguire numerosi riscontri in varie città italiane e alle dogane per ricostruire il percorso dei prodotti e accertare sotto il profilo finanziario le transazioni economiche tra la R.A.S., l’azienda aggiudicataria ed altri soggetti coinvolti nel contesto.
Gli accertamenti ad oggi hanno consentito di rilevare come, malgrado numerosi solleciti operati dalla R.A.S., la fornitura dei D.P.I. non fosse assistita da tutte le relative prescritte certificazioni tecniche di accompagnamento e, come in alcuni casi, a corredo della merce di fabbricazione cinese fossero state utilizzate certificazioni senza validità legale. In alcuni casi, sono state commercializzati dispositivi nonostante il diniego dell’I.N.A.I.L., in quanto ritenuti non conformi e non rispondenti alle norme comunitarie e nazionali vigenti.
L’imprenditore, inoltre, ha dichiarato di aver interessato l’Istituto Superiore di Sanità e di aver ottenuto dallo stesso una valutazione positiva sulla procedura adottata in ordine alla distribuzione e commercializzazione delle mascherine proposte alla Protezione Civile Sarda, ma dalle verifiche i militari hanno accertato che ciò non corrisponde a verità.