
L’architetto barese Beppe Fragasso, presidente di Ance Bari e Bat, è stato nominato vicepresidente In/Arch, l’istituto nazionale di architettura
In/Arch promuove da più di 60 anni gli studi sull’architettura per valorizzarne i principi e favorirne l’applicazione “mediante l’incontro delle forze economiche e culturali del Paese che partecipano al processo edilizio” e per sollecitare “l’interesse della collettività, cui è destinata la produzione architettonica”.
Nato nel 1959 dall’idea dello storico e critico dell’architettura Bruno Zevi quale luogo di incontro di tutti gli attori della filiera dell’edilizia, In/Arch è oggi un’autorevole istituzione culturale di riferimento per l’intero comparto. Per l’attività di ricerca nel campo della sostenibilità applicata al progetto di architettura e delle tecnologie innovative, nel 2004 ha ottenuto il riconoscimento di Istituto Scientifico Speciale dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Collabora con le Pubbliche Amministrazioni per la promozione all’estero di imprese e progettisti del made in Italy.
Appena rieletto, il nuovo Direttivo resterà in carica sino al 2025. Tra gli eletti, il barese Beppe Fragasso rivestirà la carica di vicepresidente. Ambient&Ambienti lo ha intervistato.
“Rigenerazione urbana e della riqualificazione edilizia”
“Sono stato indicato grazie alla segnalazione della presidente Ance Federica Brancaccio e alla generosità della vicepresidenza per i 45 anni di esperienza che ho maturato nel ramo in un momento in cui, grazie alle risorse del PNRR, i temi della rigenerazione urbana e della riqualificazione edilizia sono in cima alle priorità del Paese. In/Arch potrà fornire un contributo ancora maggiore per una trasformazione sostenibile e di qualità delle città”.

Quali saranno i punti di riferimento, i principi guida per i prossimi anni?
“Con la passata presidenza Buia, si è concluso un ciclo che ha visto protagonista l’Ance su temi fondamentali. Il convegno “Com’è bella la città” che si è tenuto a maggio a Parma ha tirato fuori il decalogo della rigenerazione urbana. Il punto importante che Ance porta avanti, a fronte del PNRR, non sono tanto le infrastrutture (Ferrovie, Autostrade, Anas,…), quanto la rigenerazione urbana che è il futuro delle città, non solo dell’edilizia.
Il senso della mia nomina sta nella volontà di superare la dicotomia tra edilizia e architettura, come se l’edilizia potesse non essere architettura, anche se guardando a quello che è successo dal dopoguerra a oggi, c’è stata tanta edilizia che architettura non è stata. Puntando invece sull’edilizia di qualità si sviluppa anche l’architettura, cioè si dà la possibilità all’edilizia di diventare architettura. Questa è la scommessa dentro la quale è stata pensata la mia nomina. Il mio mandato è aiutare a coniugare edilizia e architettura.
Anche il tema della trasformazione sostenibile è al centro dell’attenzione, basti pensare al 110% o ai vari bonus destinati all’edilizia.
Oggi tutte le costruzioni, anche grazie ai bonus, sono ecosostenibili. Se possibile, sono anche messe a norma dal punto di vista sismico. L’edilizia di per sè sarà antisismica e di per sè conterrà dal punto di vista energetico, spinta da norme o da incentivi. Quello che non è detto che accada è che sia anche architettura. L’obiettivo è riuscire a ridurre questa forbice per far andare avanti parallelamente queste due direttrici visto che, purtroppo, negli anni passati sono state spesso divergenti e c’è stato solo qualche episodio di architettura, forse più legato agli archistar che riescono ad imporre alle imprese e al mercato una certa qualità, che non alla pratica generale.”
Il consumo del suolo è un altro tema molto dibattuto.
“Nei giorno scorsi il sindaco di Bari ha dato a Ispra una risposta molto forte e molto convincente. Quando Ispra vede un cantiere lo seleziona come consumo di suolo ma se andiamo a demolire e ricostruire un opificio, quello che residua è sicuramente suolo più libero rispetto a quello che c’era prima. Il sindaco faceva notare che persino i giardini vengono calcolati da Ispra come opera di cementificazione. Assurdo.
Poi va detto che in città il 40% del suolo sono infrastrutture e potremmo chiederci perchè il pubblico non investa in tecnologia. I cementi drenanti portano l’acqua in sottofalda: sono cioè una scelta tecnica e tecnologica. Come costruttori potremmo domandarci: perchè il pubblico non investe in queste soluzioni? Sappiamo che il problema del suolo è l’impermeabilizzazione, non l’uso.
Altro tema è il trend mondiale dell’inurbamento. Molte città hanno un consumo intensivo del suolo. Abbiamo città dense perchè c’è un grosso risparmio in termini di infrastrutture. E’ chiaro che più la città è compatta, meno spendo per trasferire persone, soprattutto se ottimizzo i trasporti con metropolitane o car sharing. Una città compatta è policentrica, una città diffusa ha un consumo di suolo straordinariamente maggiore così come i costi da sostenere.”
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