Fiume di plastica in Congo: il Mososo pieno di rifiuti

Talmente tanti detriti di plastica che sul fiume si può addirittura camminare. Colpa del governo, delle industrie, dei cittadini.

Un fiume di plastica.

Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che il termine più proprio per definire una grande quantità di qualcosa è il “mare”; non in questo caso, dove il senso della frase va preso nella sua definizione più letterale.

È quello che succede nella Repubblica Democratica del Congo. È quello che succede nella sua capitale, Kinshasa. È quello che succede in uno dei suoi fiumi più importanti: il Mososo.

Camminare sulla plastica

Le immagini non hanno bisogno di grande interpretazione.
Si è di fronte ad un accumulo smisurato di materiali plastici: bottiglie, buste, scatole e plastica monouso di ogni genere. Talmente smisurato, che il Mososo ne viene soffocato. Il risultato è che lo specchio d’acqua scompare del tutto, sommerso, e la gente può persino camminarci sopra senza rischio di affondare.
Non solo.
Durante il periodo delle precipitazioni l’innalzamento del livello dell’acqua in opposizione a questa “diga” genera diverse esondazioni plastiche, le quali si riversano sulle abitazioni, generando danni non indifferenti.
Per buona pace degli abitanti di Kinshasa, che testimoniano come il fiume dove un tempo ci si andava a fare il bagno, lavare i panni e giocare oramai è solo un lontano ricordo.
Lontano 15-20 anni, se è vero che questo cumulo di rifiuti ha iniziato a prendere corpo nei primissimi anni 2000, e come una pallina lasciata libera su di un piano inclinato ha visto amplificare giorno dopo giorno, anno dopo anno, la sua portata.
Un provvedimento nei confronti dello spreco e inquinamento della plastica è stato legiferato a fine anno 2017: il Primo Ministro Tshibala ha vietato «la produzione, l’importazione, la commercializzazione e l’utilizzo degli imballaggi in plastica», con l’entrata in vigore dal primo luglio successivo (ricorda Media Congo Press).
Non con gli effetti sperati.

LEGGI ANCHE: Giornata mondiale degli Oceani 2019: donne in acqua per l’ecosistema marino

Una questione etico-ambientale

La situazione di Kinshasa – sfortunatamente – è abbastanza comune su scala mondiale.
Nonostante i molteplici accorgimenti che possono essere dispensati dalle istituzioni governative nazionali, piuttosto che comunali, la realtà dei fatti è che sta sempre al singolo individuo rapportarsi col mondo e con la natura in modo etico. Quelle bottiglie, quelle buste che dondolano mestamente sul Mososo non sono una responsabilità (esclusiva) di industrie o aziende. Dietro ognuno di quei rifiuti c’è un gesto di superficialità e diseducazione.
Probabilmente è un percorso che va fatto interiorizzare sin dai primi anni di vita, portato avanti con coraggio dalle scuole, sensibilizzando al tempo stesso le famiglie a vivere in un’ottica più green. L’optimum, la vera sfida (da intendersi ad ogni latitudine, non soltanto in Congo) sarebbe la sinergia tra ecologia, economia, leggi e amministrazione governativa, società.
Devono sentirsi coinvolti tutti gli interpreti, in modo proattivo e per il bene del proprio contesto. Che si tratti di una città, un paesino o anche solo un fiume. Come il fiume Mososo.

Articoli correlati