Fare pace con la Terra: il manifesto eco-femminista di Vandana Shiva

Un viaggio iniziato 25 anni fa che trova espressione oggi in un documento di attiviste e contadine

 

Cosa significa ripartire dall’eco-femminismo? Vuol dire rifiutare il modello di agricoltura industriale, lasciare che la natura e le donne mostrino la strada verso un’agricoltura ecologica e di pace con la Terra. È questo il sogno della Rete di Donne per la Diversità, un’associazione che unisce donne da tutto il mondo per la protezione della diversità culturale e della diversità biologica. La rete è nata nel 1999, in occasione del vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio a Seattle, a cui le donne scrivevano: “Abbiamo assistito alla crescente aggressione contro la mente e il corpo umano, alla continua invasione dei territori e all’assalto alla Terra e a tutte le sue diverse specie. E siamo infuriate”. La rabbia di queste donne si è evoluta fino a trovare forma, venticinque anni dopo, in un Manifesto Ecofemminista, nato durante un raduno che si è svolto dal 2 all’8 marzo 2023 nello stato indiano dell’Uttarakhand, nella Navdanya Biodiversity Conservation Farm di Dehradun, fondata dalla presidente di Navdanya International Vandana Shiva. Il manifesto è stato presentato il 5 giugno a Roma, nell’Associazione della Stampa Estera in Italia, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. All’incontro era presente anche lei, l’attivista indiana Shiva.

“È giunto il momento per chi detiene il potere di iniziare ad ascoltare le donne, le popolazioni indigene e i piccoli agricoltori che stanno proteggendo le nostre sementi e il nostro cibo”

Vandana Shiva

“La lotta sarà intersezionale o non sarà”, recita uno degli slogan più diffusi in rete dai movimenti femministi. E il manifesto della Diverse Women for Diversity lo sa bene. “L’80% della biodiversità – si legge nel testo – ancora esistente nel mondo si trova nelle terre indigene. È giunto il momento per chi detiene il potere di iniziare ad ascoltare le donne, le popolazioni indigene e i piccoli agricoltori che stanno proteggendo le nostre sementi e il nostro cibo. Il cibo è vita e va difeso. Il potere politico deve essere trasferito a chi collabora con Madre Natura e vive in armonia con la Terra”. Quello a cui aspirano le voci del documento collettivo (contadine, attiviste, ricercatrici) è, insomma, di cambiare gli ordini del mondo, rivalutare la posizione dell’uomo sul pianeta in chiave anti specista, perché “l’uomo è la natura, la natura è il mondo”: non c’è alcuna gerarchia di potere tra noi e la Terra, non è possibile cioè concepire il diritto alla supremazia dell’umanità su un delicato equilibrio che, se non rispettato, ci spazzerà via tutti. Proprio l’anti specismo con tutte le sue implicazioni (dall’animalismo al veganesimo) rafforza il concetto di battaglia inclusiva della quarta ondata del femminismo, che in questi ultimi anni si è diffusa negli ambienti culturali anche e soprattutto grazie al web. Un punto cardine che si aggiunge a tutte le altre battaglie (di classe, di genere, di etnia) fondamentali nello scardinare e analizzare la realtà in chiave femminista.

Ripartire dalle donne contro l’agrobusiness industriale

“Donne diverse e di ogni estrazione sociale – si legge ancora nel testo – stanno creando una nuova solidarietà, dimostrando che le culture guidate dalle donne esistono in pace da molto tempo su questa Terra. Al Vertice mondiale sull’alimentazione del 1996 abbiamo dichiarato, di fronte all’agrobusiness industriale, che la sovranità alimentare deve essere lasciata nelle mani delle donne, perché l’agricoltura industriale crea malattie, carestie e distruzione ecologica”.

Il femminile che si impone nel documento è un femminile politico. Non è semplicemente il sesso, è una categoria che abbraccia le istanze su citate e un modo di guardare alla società, ai valori, al mondo. Che a che fare più con la pace che con la guerra e la supremazia. Non a caso il manifesto prende il nome di “Fare pace con la Terra”. Ma “pace” non significa affrontare il tutto in maniera serafica, quasi a ridursi al cliché della donna mansueta e accogliente. Raggiungere la pace significa anche provare rabbia, denunciare collettivamente le responsabilità sociali ed ecologiche dell’agricoltura industriale e dell’economia neoliberista. Il manifesto è un invito all’azione, una chiamata alle armi. È rivolto ai leader mondiali, affinché  si abbandoni il paradigma dell’avidità, dell’estrattivismo e della separazione dell’umanità dalla natura, passando a un’economia della cura, che nutra gli ecosistemi da cui dipendiamo e ripari i danni che abbiamo prodotto finora.

“Le donne sono impegnate nella creazione di un sistema alimentare più in linea con i processi ecologici della Terra”

Diverse Women for Diversity international festival (Crediti: DWFD)

“Come custodi di semi e produttrici di cibo – scrivono – come madri e consumatrici, le donne sono impegnate nella creazione di un sistema alimentare più in linea con i processi ecologici della Terra, con la salute delle persone, i diritti umani e la giustizia sociale”. Se volessimo analizzare questo passaggio attraverso un’ottica locale, ad esempio, significa non solo pensare all’agricoltura in modo sostenibile, ma anche assicurarsi che fenomeni come il caporalato, fenomeno diffuso soprattutto nel Foggiano, cessi semplicemente di esistere. E invece il quadro è allarmante: Sono oltre 7mila i braccianti agricoli migranti che vivono negli insediamenti non autorizzati in Capitanata, tra Borgo Mezzanone e la zona fra Poggio Imperiale e Lesina. Villaggi improvvisati privi di servizi igienici e sanitari, dove in tanti hanno perso la vita (in strada o nei roghi dei ghetti). E tutto per paghe da fame e logiche di sfruttamento senza fine.

“Stiamo assistendo a processi di deregolamentazione e a forti campagne a sostegno delle nuove tecniche di editing genetico, promuovendo le colture e le sementi geneticamente modificate come soluzione per i cambiamenti climatici” prosegue il manifesto. È vero, la scienza si sta muovendo, e non tutto deve essere demonizzato (neanche la carne sintetica, contro cui il manifesto ma anche associazioni di categorie si scagliano). Ma questa è una fase di transizione delicata, che va tenuta d’occhio. Se non altro, perché il movimento DWD dimostra che le donne sono ancora una volta all’avanguardia nella difesa della biodiversità, della libertà dei semi e della sovranità alimentare, e che le donne attiviste, scienziate e studiose sono in prima linea nel dare forma a nuovi paradigmi scientifici ed economici.

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