
Camera divisa in due: scudo di SI, M5S e PD
Con 144 voti a favore, 103 contrari e 16 astenuti, la Camera ha approvato in via definitiva il decreto legge sulle misure urgenti per gli impianti strategici riguardante l’ex Ilva. La norma dispone, tra le altre cose, il versamento di 680 milioni da parte di Invitalia ad Acciaierie d’Italia (di cui è partner di minoranza): fondi, questi, destinati ad assicurare la continuità della produzione dello stabilimento di Taranto. Festeggia su Twitter il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso: “Così lo Stato torna in campo. Con l’approvazione, ad ampia maggioranza, del decreto Ilva poste le condizioni per il rilancio industriale, ora tocca all’azienda: investimenti, produzione, occupazione. Non molliamo. Insieme si può”.
Lo scudo della discordia
Tuttavia, non è questa la norma che ha scatenato le polemiche dell’opposizione. Il decreto legge, infatti, introduce anche lo scudo penale: ciò significa che, come si legge nel testo del decreto, le sanzioni interdittive non possono essere applicate quando pregiudicano la continuità dell’attività, se l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato. In parole povere: le parti coinvolte (commissario straordinario, affittuario o acquirente e i soggetti delegati) non sono punite. Lo scudo penale risale originariamente al decreto Ilva del 2015, quello che poneva Ilva in amministrazione straordinaria, ma la sua proroga era stata stralciata dal decreto Crescita del 2019 (ai tempi del governo Conte I). Ciò aveva portato Arcelor Mittal a recedere dall’accordo per l’acquisto dello stabilimento.
Le reazioni

La Camera, adesso, è spaccata in due. Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra parla di “una vera e propria barbarie giuridica”, “una vergogna”: La Corte Costituzionale, con sentenza 58/2018, aveva già dichiarato incostituzionale una precedente norma sull’immunità per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro. Oggi, quindi, il Parlamento approva una legge già dichiarata incostituzionale”. Il co-portavoce nazionale di Europa Verde ha annunciato in Aula un esposto alla Commissione europea: “È scandaloso – dichiara Bonelli – che il Parlamento accetti i diktat di Arcelor Mittal e Acciaierie d’Italia che hanno chiesto anche in accordi parasociali l’immunità penale e il dissequestro. In nessuna parte d’Europa è prevista l’immunità a un impianto produttivo. Annuncio che, siccome ci sono già quattro sentenze della Corte di giustizia su Taranto che condannano l’Italia, sarà inevitabile rivolgersi nuovamente alla Corte per porre in evidenza come si sta lavorando e indirizzando l’attività legislativa contro una popolazione a cui sono stati sottratti i diritti: la salute, a Taranto è calpestata per legge come gli ultimi dati epidemiologi – +266% di mesetelioma alla pleura e +63% malformazioni genetiche – dimostrano. Ricorreremo nuovamente, con i cittadini e le cittadine di Taranto, presso la Corte di giustizia per far presente questa barbarie giuridica e presenteremo un esposto alla Commissione UE”.
Il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci confida nel fatto che si tratti di un “incidente di percorso, che venga sanato dalla tempestiva attivazione della cabina di regia che lavorerà materialmente alla redazione dell’accordo di programma. Se così non dovesse essere, il Governo avrà perso non solo questa occasione, ma la credibilità che deve aver chiunque affronti questioni di tale delicatezza, così legate alle sofferenze della popolazione”. Sempre Melucci sostiene che nell’iter legislativo si è assistito a “un’esagerata prova di forza” che ha cancellato gli emendamenti presentati da ogni schieramento, anche dalla stessa maggioranza: “In molti di quegli emendamenti, e soprattutto in quelli del Pd, erano state poste alcune questioni di merito molto importanti per iniziare a ragionare dei dettagli dell’accordo – dice il primo cittadino di Taranto. La loro approvazione ci avrebbe consentito di ridurre i tempi della procedura, insomma, ma il Governo ha preferito consolidare la posizione dell’azienda, ponendo in secondo piano le legittime aspirazioni della comunità. Ne prendiamo atto, senza evitare di censurare un atteggiamento che non depone affatto a favore della prospettiva che abbiamo costruito sin dal 2017: accompagnare la conversione del territorio verso un modello sostenibile che, finalmente, tenesse insieme tutti i diritti fondamentali”.
Parla di “brusco e pericoloso ritorno al passato” il Consigliere regionale del Partito Democratico Michele Mazzarano. “Dunque – evidenzia il Consigliere del Pd – oggi non si determina quel cambiamento nella governance a favore del socio pubblico, da più parti auspicato; non si prevede alcun intervento mirato a mettere in sicurezza i lavoratori, né a programmare una riconversione economica del territorio. Infine viene ripristinato lo scudo penale per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, e viene riproposto in una versione peggiorativa, dal momento che non delimita affatto le situazioni alle quali si applica”.
L’Odg di Patty L’Abbate
Peacelink: “Il decreto è incostituzionale”
