
Lo studio è del CNR, ENEA, Università di Cagliari e Sassari. Serve a comprendere i movimenti della circolazione marina
Un modello innovativo per comprendere la circolazione marina, in particolare del Mediterraneo, e individuare le cause dell’erosione costiera e l’evoluzione delle spiagge. È quanto è stato sviluppato da un team di ricercatori Cnr, ENEA e Università di Cagliari e di Sassari, che ha iniziato i test nella spiaggia di Stintino in Sardegna. La notizia di questo nuovo modello è contenuta nello studio pubblicato in un volume speciale della rivista internazionale Geological Society Publications.
Lo studio sugli stretti e le aree costiere si è focalizzato sul Mediterraneo quale regione rappresentativa di quello che succede a scala globale, dove i cambiamenti climatici impattano con effetti amplificati.

In particolare, è stato ‘indagato’ lo Stretto degli Asinelli, che separa il mare della Sardegna dal golfo dell’Asinara, il cui fondale è caratterizzato da una complessa e intrecciata distribuzione di rocce, sabbia, prateria di Posidonia oceanica e mutevoli sistemi di dune sottomarine.
Nello specifico, lo studio della circolazione delle correnti ha rivelato la causa dell’erosione della spiaggia di Stintino (La Pelosa), antistante lo stretto, sempre più colpita dagli effetti del cambiamento climatico e, negli ultimi 30 anni, da una crescente erosione: in pratica la sua estensione e la sua forma variano in base all’innalzamento del livello del mare, alla prateria sottomarina di Posidonia, ma anche al regime dei venti. Quest’ultimo può generare la perdita di sabbia dalla spiaggia quando i granelli vengono trasportati a ovest, verso un canalone che li fa depositare a profondità di 15-30 m, da dove poi non riescono più a risalire. Grazie a questo approccio metodologico i ricercatori hanno ricostruito la ‘storia evolutiva’ di questo ambiente molto particolare e potranno contribuire alla riqualificazione ambientale del sistema spiaggia-duna di Stintino.
La particolarità del modello messo a punto sta nel fatto di combinare analisi del vento e del moto ondoso, indagini subacquee, sensoristica, interpretazioni di foto aeree, ma anche scansioni del fondale con prospezioni geofisiche e implementazione di modelli numerici ad alta risoluzione. Oltre alla comprensione del comportamento degli stretti marini, vere e proprie ‘vie d’acqua’ che mettono in collegamento diversi bacini, il modello consente anche di studiare la circolazione dei sedimenti in condizioni di basse oscillazioni di marea dove il regime dei venti, mutevole per effetto dei cambiamenti climatici, è il primo responsabile delle dinamiche ambientali.