
La strada da percorrere è la transizione verso le rinnovabili. Legambiente: “Serve liberarsi dalla dipendenza del gas”
Italia e Turchia candidate ad essere uno degli hub del gas per quanto riguarda il versante Mediterraneo dell’Europa. L’azione è necessaria per liberarsi dalle forniture della Russia di Putin.
Questa candidatura non raccoglie consenso unanime da tutte le parti. Legambiente, WWF e Greenpeace, d’intesa recentemente anche con FAI, hanno tracciato tecnicamente la costruzione di una vera transizione verso le rinnovabili ma per quanto riguarda il liberarsi dalla dipendenza annua di 29 miliardi di metri cubi di gas russo, è dimostrato come esso possa essere raggiunto realizzando 40 GW di nuovi impianti da fonti rinnovabili in Italia.
A quei 29 miliardi, inizialmente, erano state legate scelte emergenziali in deroga a disposizioni di legge a tutela dell’ambiente e della salute pubblica, oltre che in deroga agli obiettivi di decarbonizzazione (uscita da tutti i combustibili fossili, e non solo dal carbone) fermo restando l’obiettivo del conseguimento dell’abbattimento del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e di neutralità climatica entro il 2050.
Ucraina e Puglia

La guerra in Ucraina e la dipendenza dal gas russo, però, sono state un paravento per nascondere la scelta, oggi magnificata a livello governativo, di fare dell’Italia un hub del gas, da un lato potenziando o realizzando gasdotti e dall’altro stipulando accordi per la fornitura del ben più costoso GNL e per la costruzione di rigassificatori, fra i quali rientrano le due navi posizionate al largo di Ravenna e Piombino, ricorrendo a provvedimenti emergenziali e in assenza di Valutazione di Impatto Ambientale e dei rischi di incidente rilevante.
La Puglia è al centro di questa strategia di realizzazione dell’hub del gas attraverso un programmato raddoppio della portata del gasdotto TAP, fino a 20 miliardi di metri cubi di gas metano annui, attraverso la costruzione del gasdotto Poseidon per ulteriori 10 miliardi di metri cubi annui, attraverso un deposito costiero di GNL, gestito da Edison, nel porto di Brindisi, uno di GPL nel porto di Manfredonia e anche attraverso la riproposizione di trivellazioni sui fondali del mare Adriatico.
Hub italiano e sviluppo delle rinnovabili
Tutte queste scelte hanno in comune il mancato rispetto di disposizioni di legge a tutela della salute e dell’ambiente e anche senza un confronto democratico con le realtà territoriali interessate. Legambiente ha più volte evidenziato come la Puglia possa essere al centro di un Hub italiano delle rinnovabili a cominciare dalla realizzazione di quel polo energetico delle rinnovabili che ENEL ha confermato di voler realizzare a Brindisi dismettendo l’esercizio della centrale termoelettrica di Cerano. Inoltre è stata già autorizzata la costruzione di uno stabilimento di pale eoliche innovative che, nella fase transitoria, produrrà 162 posti di lavoro. Ed è prevista la creazione di uno stabilimento in cui assemblare pannelli fotovoltaici e una filiera produttiva per accumulatori e componentistica. Oltre ad un investimento di Enel logistic per ottimizzare lo scalo intermodale fra trasporto merci su nave e su rotaia.
Se ciò non bastasse sono importanti gli insediamenti produttivi nelle ipotizzate Hydrogen Valley e la creazione di impianti agri fotovoltaici ed eolici in quelle aree idonee che, nel rispetto del PPTR, la regione Puglia tarda ad aggiornare.
Un discorso a parte meritano i parchi eolici offshore. Legambiente da tempo ha affermato la sua posizione favorevole rispetto a questi impianti, formalizzando le condizioni a cui richiamarsi attraverso le osservazioni trasmesse al Ministero dell’Ambiente, nell’ambito della fase di scoping per i procedimenti riguardanti i due parchi eolici proposti da Falck Renewables in Adriatico, al largo delle coste del Salento. Nel contempo l’associazione ha partecipato attivamente alla redazione nazionale della normativa e della regolamentazione inerenti le aree idonee riguardanti l’esame dei progetti di tali impianti.