

L’Enciclica Laudato si di Papa Francesco pone le basi su una riflessione etica dell’ecologia
In occasione dei tre anni di pontificato di Papa Francesco, riproponiamo la bella riflessione di Marianna Pacucci sul senso della Enciclica “Laudato si’ “, diffusa lo scorso giugno
Dopo la grande attesa della vigilia, il confronto con la nuova enciclica di Papa Francesco si mostra incalzante e fortemente divaricato sul piano delle analisi e dei commenti ex post, confermando – se ve ne fosse ancora bisogno – che Bergoglio è pietra di inciampo, per i credenti e per i non credenti, per la lucidità, il coraggio e la lungimiranza delle sue affermazioni, particolarmente su un tema per il quale la cultura, l’economia e la politica hanno già speso troppe parole, spesso sterili o addirittura fuorvianti rispetto al bisogno di affrontare in modo propositivo e risolutivo la questione ambientale.
Peraltro la stessa Chiesa cattolica, che pure da molti anni ormai ha incluso nel proprio Magistero sociale il tema ecologico come cruciale per la qualità e l’efficacia dell’annuncio religioso – ne sono testimonianze e le continue citazioni proposte nell’enciclica che ripercorrono documenti di varia natura a partire dai primi anni ’60 – si ritrova oggi a misurarsi con un insieme di riflessioni e di suggestioni per tanti versi inedite sul piano dei contenuti e rese ancora più impegnative sul piano del metodo.
Enciclica Laudato si è frutto di un lavoro corale
Ad un lettore attento non può sfuggire, infatti, che questa lettera del Papa è frutto di un lavoro corale, che ha coinvolto esperti di diversa estrazione culturale e posizione scientifica e ha voluto esprimere, nel lavoro di sintesi finale, un atteggiamento di intenso ascolto e dialogo, per far emergere in modo compiuto la tensione e la sofferenza dei popoli e delle comunità cristiane che vivono nelle periferie del mondo e che sperimentano ogni giorno sulla propria pelle le contraddizioni, gli errori, le inadempienze di uno sviluppo globale che riserva molti benefici ad una porzione esigua della popolazione mondiale e troppi problemi alla maggior parte della gente comune.
La questione ambientale viene oggi ripresentata all’attenzione di tutti come in-vocazione, pro-vocazione e con-vocazione a proteggere il mondo, casa comune dell’umanità, con rinnovato senso di responsabilità e coerenza, facendo i conti con alcuni punti di non ritorno, che Bergoglio definisce tappe concrete di un cammino di conversione propedeutico alla maturazione di una spiritualità ecologica.
In primo luogo, occorre riappropriarsi della consapevolezza delle questioni in campo superando la tentazione di negare i problemi o di rassegnarsi alla loro persistenza e diffidando di soluzioni che provengano esclusivamente dal mondo della politica o dell’economia o della scienza. Ogni esperienza e competenza specifica può concorrere a migliorare i problemi ambientali, ma la posta in gioco è troppo alta per ridurla ad un sistema di deleghe che di fatto deresponsabilizza gli individui e le comunità. Al contrario, solo la vigilanza, l’impegno e la tenacia di quanti rinunciano al proprio individualismo e autoreferenzialità e si affidano alle risorse del dialogo e della cooperazione possono offrire soluzioni adatte alle sfide della complessità, della diversità, della globalità. Proprio perché i cambiamenti in atto nell’ambiente sono troppo rapidi e pervasivi, c’è bisogno di una nuova connessione fra dimensione antropologica e cosmologica, che determini un riequilibrio fra la dimensione sociale dello spazio e quella interiore del tempo.
In secondo luogo, bisogna riportare la questione ecologica alla sua dimensione etica, per poter generare nuovi paradigmi di giustizia fra i popoli e all’interno delle singole comunità. Lungi da compilare un prolisso e sterile elenco delle questioni attuali, l’enciclica offre un modello interpretativo sulle cause che portano agli squilibri del presente, evidenziando come il degrado del pianeta si concentra soprattutto nelle aree della povertà e dell’emarginazione socio-culturale e come i due fenomeni sono drammaticamente intrecciati e si influenzano reciprocamente con risultati sempre più negativi: il grido della terra e il grido dei poveri sono un unico linguaggio, usano una grammatica comune. Da questo punto di vista, ammesso che qualcuno ne sia ancora convinto, è evidente che la questione ecologica non appartiene a gruppi radical-chic, ma riguarda tutti coloro che in qualche modo, consapevolmente o no, hanno contratto un debito sociale ed ecologico nei confronti di quanti vedono quotidianamente offesa e negata la propria dignità.
Il Papa lo dice a chiare lettere: la cultura dello scarto tiene pericolosamente insieme la sorte di milioni di uomini e donne, vecchi e bambini, malati e poveri, che sono esclusi dal mercato e dalle sue leggi, e il degrado di aree e territori devastati dal consumismo e dallo spreco.
Infine, urge restituire attenzione alla differenza nelle sue molteplici manifestazioni: la biodiversità costituisce un valore etico praticabile soltanto se a livello antropologico e sociale si riconosce che la pluralità è una ricchezza e non un rischio da temere ed esorcizzare.

La desertificazione del territorio, la solitudine e l’anonimato della città, la mancanza di comunicazione fra scienza ed etica sono alcuni dei tanti segni che riflettono la rinuncia al dialogo, alla reciprocità, alla corresponsabilità nell’aver cura gli uni degli altri e, insieme, dell’ambiente terra che ospita tutti i viventi. Il Papa si mostra critico nei confronti di un’ecologia ridotta e scientismo e tecnicismo non perché sia diffidente verso l’azione intelligente degli uomini, ma in quanto verifica nella realtà attuale il tentativo di utilizzare la tecnica come “paradigma omogeneo e unidimensionale”, che di fatto nasconde una dipendenza dal potere dell’economia e della finanza contro il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli. Nello stesso tempo, rivendica il diritto-dovere delle religioni di partecipare in modo costruttivo, con le loro reciproche differenze, allo sforzo comune di rimettere in equilibrio il rapporto fra i mezzi e i fini, affinché la cultura e le politiche ambientali possano lavorare alla ricostruzione del senso del rapporto uomo/natura e non solo alla sua ordinaria gestione.
Come sviluppare in concreto una cittadinanza ecologica? – È inevitabile nell’enciclica il richiamo alla forza dell’educazione, per cambiare lo stile di vita dei singoli e delle comunità e per creare una rinnovata alleanza fra l’umanità e l’ambiente; ma è altrettanto forte e incisiva l’insistenza perché vengano modificate e potenziate in senso democratico le regole della partecipazione civile, della progettazione politica, del controllo (e determinazione di eventuali sanzioni) sulle decisioni e le azioni che gli stati e le imprese realizzano in ambito ecologico, fissando in concreto gli strumenti di cura e protezione del territorio, ma anche quelli – non formali – di risarcimento e recupero degli atti di incuria e di danno prodotti nella gestione di aziende e nelle iniziative specifiche che riguardano la vita delle comunità. Non spetta certo alla Chiesa e al Papa definire in dettaglio tali provvedimenti, ma è chiaramente tracciata sia la direzione di marcia che l’individuazione di un metodo di lavoro che è inclusivo sul piano della partecipazione alla comune responsabilità nei confronti del pianeta terra, casa comune dell’umanità.