Ecosolidarietà tra pescatori e Wwf Taranto ma le ‘cozze aliene’ sono un rischio concreto

Retine di cozze che si spezzano, la coltivazione dei mitili che si disperde in mare e il recupero dei filari ad opera dei volontari ambientali del Wwf Taranto.

 

E’ una piccola storia di ecosolidarietà ma lascia capire il lungo percorso fatto dal Wwf che da decenni opera in Mar Piccolo battendosi per la riqualificazione dell’area e perché la miticoltura possa tornare ad essere una risorsa per Taranto.

Un percorso che mostra il clima di fiducia, di cultura ambientale e cooperazione che si è creato tra gli ambientalisti e molti pescatori, anche attraverso l’avvio di sperimentazioni ecosostenibili come l’impiego delle retine di contenimento delle cozze, biodegradabili e riutilizzabili, in uso ormai da un paio di anni per diminuire l’impatto della plastica nello specchio marino jonico.

Nei giorni scorsi le mareggiate hanno spezzato alcune di queste reti che il Wwf sta monitorando. Sono affondate provocando un danno economico e la dispersione del prodotto. “Il Wwf Taranto, che dispone di un nucleo di subacquei, ha fatto un intervento di recupero del prodotto per due ragioni. La prima è di studio, dobbiamo capire perché queste retine si sono spezzate, e la seconda non trascurabile è il danno economico a carico di produttori già vessati da una serie di note difficoltà. Questa collaborazione – dice il presidente di Wwf Taranto Giovanni De Vincentiis – è bellissima perché è reciproca. Non solo noi come volontari ambientali supportiamo i miticoltori ma i miticoltori ci aiutano nella promozione delle bellezze del Parco del Mar Piccolo: vogliamo renderlo fruibile e che torni al più presto al suo splendore commerciale considerato che la miticoltura è una peculiarità locale, per le caratteristi uniche dell’ambiente marino, dai citri alla salinità delle acque”.

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La cozza è Presidio Slow Food ma c’è il rischio del ‘prodotto ibrido’

Ma se la cozza nera tarantina, è presidio Slow Food e ha un preciso disciplinare a cui devono attenersi scrupolosamente gli allevatori che definisce le procedure di coltivazione con determinati standard che garantiscono la tracciabilità e la qualità del prodotto a favore dei compratori e dei consumatori, è anche vero che continua la concorrenza sleale delle cozze estere che, spesso, vengono importate, rimesse nelle acque del mar Piccolo e poi spacciate abusivamente come cozze locali.

In ballo non c’è solo la valorizzazione di un prodotto tipico di alta qualità proveniente da allevamenti sostenibili, anche grazie all’impiego delle retine compostabili, o la difesa del lavoro e della legalità ma anche una questione strettamente ambientale: “Al di là degli illeciti commerciali, avere queste cozze aliene nelle nostre acque significa un rischio di contaminazione del prodotto che alla lunga potrebbe far perdere alla cozza tarantina le sue caratteristiche. È una minaccia alla specificità della cozza. Per questo ci opponiamo alle coltivazioni contigue perché si corre il rischio di avere prodotti ibridi”. Per capirsi, un “paragone assolutamente calzante” è quello del rischio di coltivare sementi ogm accanto a un campo tradizionale: prima o poi qualche seme ogm finisce accidentalmente nell’altro campo e ne inquina il patrimonio genetico.

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(il montaggio del video è a cura di Ruben Rotundo)

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