Tutte le ombreggiature del mare. Tutta la luce della sostenibilità. Si presenta così la nuova collezione per la primavera-estate 2015 di Ecologina, brand – già diffuso nell’underground vegan e eco italiano -, della alt-stylist Giada Gaia Cicala, 30enne milanese e designer emergente dell’ethical eco-fashion.
Upcycle, ethical fashion, attitudine e grandi materiali dimenticati. Ecologina fa la sua comparsa nel mondo della stampa fashion con una collezione alternative e votata al 100% alla filosofia di prodotto. Recuperando dal mondo dell’alta moda che ogni anno butta 1milione di tonnellate di tessuti. «Le donne di oggi sono autrici della propria immagine e del proprio corpo, non più fotocopie di modelle da copertina» dice la stilista.
Con un solo outfit realizzato, in molteplici combinazioni di tessuti e colori, la collezione mostra subito una scelta di qualità per una realtà artigianale, per concentrarsi al meglio sulla cura dei capi. Anni luce dalle classiche creazioni eco-fashion, sempre animate da ottime intenzioni, ma carenti sotto il profilo della forma, delle linee e soprattutto della creazione di un vero e proprio discorso sulla collezione.
PantAncora con magliArriccio Ecologina 2015©Angelo BenedettiDimenticatevi lo stile hippy-freak. Con un pantalone e una maglia curate con precisione e passione nei particolari, negli abbinamenti e nelle rifiniture, Ecologina vuole tenere una lezione di semplicità, ed eleganza dove all’attenzione maniacale per il dettaglio del materiali (altro che i tentativi di green-washing dei grandi marchi) si fonde un ragionamento di economica circolare una dichiarazione di amore per la filosofia dell’upcycle, introdotta nel 1996 dall’economista visionario Gunter Pauli.
«Il concetto fondamentale della mia produzione è l’upcycle. In altre parole impiego materiale nuovo che le imprese del tessile e dell’alta moda hanno destinato alla discarica. Ecologina li recupera e utilizza, ripensandone forme e finalità», spiega Giada Gaia Cicala. «La mia provocazione, ai tempi di Yoox, è sottolineare gli immensi sprechi di tessuto delle grandi case di moda, che io recupero e rielaboro. Ci sono immense risorse che vengono sprecate, materiali, tessuti. Il mio obiettivo è creare collezioni di pregio, partendo da questi materiali dimenticati». Ogni anno solo in Italia oltre 1milione di tonnellate di scarti del settore fashion finiscono nei rifiuti.
PantAncora e magliArriccio Ecologina 2015©Angelo BenedettiNella nuova linea, la ricerca attenta dei materiali, con i loro colori, le trasparenze, la leggerezza dei tessuti, rievoca subito il mare in tutte le sue sfumature. Senza esaltazione antropocentrica, ma come una dichiarazione di umiltà di fronte alla vasta bellezza degli oceani. L’uomo è celebrato nelle linee e i tagli che richiamano vita marittima. Navy revisited, in stile Ecologina.
In termini tecnici si parla anche di refashioning, un modo di fare moda salvaguardando l’ambiente, evitando di produrre altro materiale quando ce n’è già di ottimo e di buona qualità da poter utilizzare. «Soprattutto rimango una designer di capi eleganti, che valorizzino una femminilità contemporanea, lontana dai cliché mainstream delle passerelle parigine o milanesi, che impongono ancora figure così legate al tardo novecento. Le donne oggi – aggiunge Gaia – sono altro, sono autrici della propria immagine e del proprio corpo, non più fotocopie di modelle da copertina. Credo che collezioni di alternative-style e ecofashion – per altro sempre più diffuse a New York e Berlino – siano la vera alternativa all’establishment della moda».
Invece che rimanere nel cuore della città della moda, Milano, Ecologina ha deciso di trasferire il suo quartiere generale dentro Progetto Manifattura, l’incubatore e business park della green economy trentina. «Un luogo dove confrontarsi con altri designer e dove concentrarsi sul suo lavoro, un luogo rappresentativo dell’identità slow dei miei vestiti», conclude Giada Gaia Cicala.