Ecologia integrale: una Chiesa profetica contro i cambiamenti climatici

Questo è il tempo indifferibile per intraprendere azioni profetiche coraggiose, offrendo soprattutto ai giovani, delusi dai modelli e dai ritmi di sviluppo attuali, nuove ragioni di speranza.

Papa Francesco in visita pastorale in Amazzonia (gennaio 2018)

Il rischio è che certe cose diventino abituali e scontate come rituali che devono essere celebrati per non far morire l’attenzione verso approdi importanti per la comunità sociale; è una deriva che spesso la gente attribuisce anche all’esperienza religiosa e alla sua presenza nei ritmi ordinari del tempo sociale.
Ma quando scende in campo Papa Francesco sulla difesa del creato, si è molto lontani dalla sterilità di certe liturgie disincarnate, soprattutto quando il messaggio del 1° settembre 2019 si pone per un verso in ascolto delle manifestazioni sui cambiamenti climatici che vedono il risveglio del mondo giovanile internazionale, per l’altro come introduzione al prossimo sinodo (6-27 ottobre) che si svolgerà in Vaticano per riflettere e proporre strategie di intervento riguardanti le tragedie ambientali che stanno segnando l’Amazzonia.

Ecologia integrale

Di fronte anche a questi eventi, Francesco rivisita il patrimonio culturale e ideale che gli ha ispirato l’enciclica Laudato si’ sottolineando che l’umanità deve promuovere una ecologia integrale, che armonizzi nell’attenzione ai territori (termine che concretizza e storicizza il più generico riferimento alla terra) le dimensioni umane e sociali oltre a quelle naturali ed economiche.

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Greta Thunberg al Youth Climate Summit a New York seduta al fianco del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres

Questa integrazione è possibile, ricorda il Papa, solo se la comunità internazionale diventa protagonista di una appassionata e fedele ricerca del bene comune, estendendola non solo ai molteplici spazi della globalizzazione, ma ancor più alla capacità di determinare una nuova solidarietà fra le generazioni, chiedendo agli adulti di saldare il gravoso debito ecologico che hanno contratto con le generazioni future, come ha drammaticamente sottolineato la giovane Greta Thunberg nel suo recentissimo intervento alle Nazioni Unite. Nel messaggio di quest’anno, peraltro, lo stesso Bergoglio accentua l’inasprirsi delle questioni ambientali,teatro di rivalità e di scontri” che hanno determinato il passaggio da un ambiente “che è cosa buona agli occhi di Dio” a qualcosa che è solo “sfruttabile nelle mani dell’uomo”.

Ed ancora una volta l’aggravarsi del degrado negli ultimi decenni – che ha creato lo sconvolgimento climatico attraverso l’inquinamento costante, l’uso incessante di combustibili fossili, lo sfruttamento agricolo intensivo, la pratica di radere al suolo le foreste, l’aumento dell’intensità e della frequenza di fenomeni meteorologici estremi, la desertificazione del suolo, lo scioglimento dei ghiacciai, la scarsità d’acqua, l’incuria dei bacini idrici e la considerevole presenza di plastica e microplastica negli oceani – riguarda tutti, ma soprattutto le persone e i popoli più vulnerabili perché ai margini delle decisioni politiche ed economiche, della ricerca scientifica, della distribuzione dei beni della terra nei diversi territori. La povertà ecologica legata particolarmente alla crisi climatica che, piaccia o meno, è la piaga che maggiormente incide sulle migrazioni ed esodi del presente e che sempre più difficilmente trovare nei paesi occidentali una decisa volontà di cambiamento.

La rete della vita

Tutto questo chiede “interventi non più rimandabili” perché quella climatica è un’emergenza che “minaccia gravemente la natura e la vita, inclusa la nostra. Servono gesti profetici nei microcosmi della quotidianità come nella gestione complessiva del pianeta, ripartendo dalla consapevolezza che ogni essere umano appartiene ad una “rete della vita” continuamente violata e pertanto bisognosa di una radicale conversione, che consenta a tutti popoli di ritrovare la propria originaria connessione con il creato, che con audacia e grande creatività il Papa definisce come “il social di Dio”, luogo privilegiato per riscoprire una “voce sinfonica” che ha la potenza di ridurre gli egoismi e gli impulsi autoreferenziali dei singoli e delle comunità particolari. Non difficile riconoscere in questa posizione della Chiesa una visione contrastante con alcuni interventi dei grandi della terra (Trump e Bolsonaro in prima fila) che negano la questione climatica o che rivendicano un rapporto esclusivo con i propri territori e il loro utilizzo, escludendoli dal patrimonio comune dell’ambiente e della sua sostenibilità.

Tracciando una nuova cosmologia, peraltro ormai terreno comune di diverse confessioni cristiane sul piano del confronto culturale e dell’impegno operativo, nel suo messaggio il Papa chiede a tutti di voler “ritrovare il tempo del creato”, scegliendo “di cambiare, di assumere stili di vita più semplici e rispettosi! È ora di abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili e di intraprendere, in modo celere e deciso, transizioni verso forme di energia pulita e di economia sostenibile e circolare. E non dimentichiamo di ascoltare le popolazioni indigene, la cui saggezza secolare può insegnarci a vivere meglio il rapporto con l’ambiente”. Una rinnovata attenzione ecologica potrà anche consentire di dare risposte sensate ad un mondo giovanile, affamato di bene e non soltanto di beni per un futuro sostenibile e sensato.

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