
Tanti sistemi di stoccaggio dei rifiuti, ma quel è il più green? Qual è il migliore?
Oggi ci sono tanti sistemi di stoccaggio dei rifiuti. Alcuni sono sicuramente più sostenibili ed ecologici di altri, ma bisogna fare anche i conti con i costi di gestione.
Per capire meglio le varie differenze, abbiamo chiesto a Sonia Dello Preite, responsabile dell’Ufficio Comunicazione della Monteco srl che differenza c’è tra discariche, impianti di compostaggio, inceneritori e rigassificatori.
“Non ci sono più le classiche discariche…”
«Innanzitutto – spiega la Dello Preite – diciamo subito che il concetto di discariche, intese come buche da riempire con il rifiuto “tal quale”, cioè così come viene raccolto presso le utenze, non esiste più. La normativa vigente prevede che per ottenere un rifiuto idoneo allo smaltimento in discarica occorre un trattamento preliminare che viene attuato negli impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico). Tali impianti riducono la potenzialità di inquinamento dei rifiuti da smaltire in discarica e permettono di recuperare materiale per la produzione di energia. Naturalmente si parla di rifiuti non riciclabili o raccolti in maniera indifferenziata.
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Al termine del trattamento, il rifiuto passa in un “setaccio” cilindrico (vaglio) che separa la parte secca di dimensioni maggiori (sopravaglio), da quella più fine costituita per la maggior parte dalla frazione umida (sottovaglio). Viene effettuata anche la deferrizzazione, ovvero l’eliminazione delle parti ferrose che vengono avviate al riciclo.
Il sopravaglio, costituito soprattutto da carta, plastica, cartoni, ecc., non correttamente separati dall’utenza, viene trasportato all’impianto di produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario) dove viene ulteriormente trattato. Il combustibile prodotto viene così trasportato ad impianti fuori provincia (i termovalorizzatori) per produrre energia elettrica e/o termica
Il sottovaglio viene invece trasportato in discarica dove viene compattato a strati successivi. Alla fine di ogni giornata il rifiuto viene ricoperto con terra o tufina per evitare il diffondersi di cattivi odori, il contatto con gli animali, generalmente uccelli e dispersioni eoliche di materiale nell’ambiente circostante.
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Sul fondo della discarica si dispongono strati di materiale impermeabile naturale (argilla con valori di permeabilità molto bassi) e artificiale (geomembrane) al fine di evitare dispersioni di percolato nel sottosuolo e quindi nelle falde. Si realizza un sistema di drenaggio e raccolta del percolato che viene depurato in loco o presso impianti autorizzati. Una volta abbancato il rifiuto svengono trivellati dei all’interno della massa dei rifiuti, che permettono di estrarre il biogas prodotto, che altrimenti andrebbe disperso in atmosfera e convogliarlo all’impianto di combustione controllata con produzione di energia elettrica e/o termica.
Una volta che la discarica è satura, vengono realizzate le opere di ripristino ambientale tramite la posa di uno strato di terreno vegetale e successiva piantumazione di essenze vegetali, creazione di percorsi, ecc.. La normativa vigente obbliga il gestore a monitorare l’impianto ed estrarre il percolato e il biogas per 30 anni successivi alla chiusura».
Discariche: impianti di compostaggio
«Gli impianti di compostaggio – è sempre Sonia Dello Preite a parlare – trattano esclusivamente la frazione organica dei rifiuti raccolta in maniera differenziata. Possono essere di due tipi a seconda del processo attuato. In caso di processo aerobico viene insufflata aria all’interno del cumulo dei rifiuti. Nel caso del processo anaerobico viene attuato un trattamento della frazione organica in assenza di ossigeno all’interno di biodigestori. In questo caso vi è la produzione di biogas che viene convogliato e immesso in rete o utilizzato in loco per produrre energia elettrica e/o termica. Al termine degli opportuni trattamenti, il nuovo materiale ottenuto dalla FORSU (la frazione organi dei rifiuti urbani) prodotto può essere reimmesso sul mercato sotto forma di terriccio».
Gli inceneritori e i termovalorizzatori
«Gli inceneritori sono utilizzati per smaltire i rifiuti tramite combustione controllata. In genere, tali impianti vengono definiti termovalorizzatori, in quanto dalla combustione dei rifiuti si ottiene energia elettrica o termica. In tali impianti viene utilizzata la FSC (Frazione Secca Combustibile) proveniente dagli impianti TMB».
Gassificatori o rigassificatori?

«Per quanto concerne i rifiuti è più corretto parlare di gassificatori e non rigassificatori. In questi impianti, il rifiuto viene riscaldato in presenza di minime quantità di ossigeno, ottenendo una dissociazione molecolare, che permette la formazione di gas dai materiali organici (contenenti carbonio) che vengono completamente distrutti. Le molecole di carbonio complesse vengono scisse e trasformate in molecole più semplici che costituiscono il gas (syngas). Il syngas si forma utilizzando una quantità di ossigeno inferiore a quella necessaria per una combustione totale, come invece avviene nei normali inceneritori.
La combustione parziale – conclude Sonia Dello Preite – forma ossido di carbonio e idrogeno, due gas ancora capaci di bruciare in appositi impianti o essere utilizzati in sistemi di cogenerazione e fornire energia elettrica e calore per il riscaldamento. Il processo avviene a temperature elevate, maggiori di 800 °C al fine di garantire la distruzione delle diossine. Anche in questo caso i gas vengono depurati e utilizzati per ottenere energia elettrica o termica».
Come salvare il nostro pianeta
Insomma, gli attuali impianti di stoccaggio dei rifiuti permettono di riciclare più facilmente ogni tipologia di scarti per il bene del nostro pianeta. Ciononostante, se vogliamo salvare la Terra, bisogna ridurre immediatamente l’uso di prodotti inquinanti.
Ben 11.258 scienziati e scienziate di 153 nazioni del mondo hanno sottoscritto il rapporto “Avvertimento degli scienziati riguardo all’emergenza climatica“, pubblicato sulla rivista scientifica Bioscience. Nel testo hanno dichiarato “chiaramente e inequivocabilmente che la Terra è di fronte a una emergenza climatica“.
Per salvarci, dobbiamo subito abolire i combustibili fossili e sostituirli con fonti rinnovabili, ridurre le emissioni inquinanti, ripristinare gli ecosistemi, avere una dieta più equilibrata, convertirci ad un’economia carbon-free, e gestire con più oculatezza la crescita della popolazione garantendo giustizia sociale ed economica. In estrema sintesi sono alcuni dei 17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile proposti dall’ONU che ci auguriamo possano venire raggiunti entro il 2030.