Dall’Abruzzo arrivano i polimeri al grafene per una economia green

La startup abruzzese Hygraner ha brevettato il polipropilene additivato al grafene. Sfruttando i materiali organici degli scarti agricoli, ogni prodotto può essere riciclato o usato per la realizzazione di filtri per le acque e per i tessuti delle mascherine

 

Hygraner, innovativa startup abruzzese fondata nel 2016 dai fratelli Di Filippo, ha sviluppato microfibre antivirali con un brevetto innovativo, già applicate da un partner nella produzione delle mascherine anti Covid con l’implementazione del grafene all’interno del prodotto e non attraverso la tecnica dello sputtering (spruzzamento).
Un metodo di produzione, funzionalizzazione e dispersione del grafene nelle matrici polimeriche sia a medio alte che a medio basse temperature. Sfruttando la tecnica del Meltblown e Spunbound, la fibra stessa del tessuto è realizzata in grafene. Hygraner si differenzia in questo modo dai competitor, che hanno invece puntato su tecniche di deposizione post tessitura con una patina depositata sul tessuto, riducendo i costi e le difficoltà ad essa legate, ma abbassando la persistenza dell’effetto nel tempo. E ancora, il metodo di produzione del grafene implementato dalla start-up è altamente sostenibile: sfruttando i materiali organici degli scarti agricoli, infatti, ogni prodotto può essere riciclato o utilizzato per la realizzazione di filtri per le acque come nel caso dei tessuti per le mascherine.
I tessuti di diversa grammatura e porosità, infine, consentono di realizzare mascherine di tipo chirurgico IIR, FFP2 e FFP3, garantendo una maggiore respirabilità e traspirabilità rispetto a quelle presenti sul mercato a parità di PFE e BFE con prezzi in media delle mascherine FFP2.
Hygraner ha anche messo a punto diverse soluzioni con Università, Centri di Ricerca e Aziende private allo scopo di trasferire le proprietà del grafene a materiali che, per via della loro natura, ne risultano privi o carenti. In questo modo si possono ottenere miglioramenti di tipo meccanico, termico, elettrico, e molti altri, che possono essere raggiunti selettivamente o in maniera meno evidente complessivamente. La start-up abruzzese rinnova, infine, la sua disponibilità nel collaborare con altre aziende che vogliano valorizzare le capacità antivirali dei polimeri additivati in vari prodotti finiti: DPI che non siano mascherine, ad esempio camici, guanti, teli lavabili o sterilizzabili, filtri per sistemi di areazione e ventilazione meccanica controllata e tessuti per arredamento di interni. Un progetto di salute e sostenibilità ambientale, dunque, a 360 gradi.

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