Coronavirus… qui Valencia

Parlano gli italiani che vivono all’estero. Questa volta abbiamo sentito un’italiana che vive da 20 anni a Valencia, in Spagna

Il coronavirus ha avvicinato le nazioni del mondo sotto un destino comune, ma allo stesso tempo ha allontanato i cittadini tra di loro. L’Italia, oggi, rappresenta un riferimento importante tra i Paesi occidentali per la gestione dell’emergenza COVID-19, proprio grazie alle sue azioni anticontagio. Nonostante l’emergenza sia globale, però, non tutti i governi hanno attuato le stesse attenzioni per salvaguardare le popolazioni. Se gli italiani hanno in qualche modo accettato la reclusione forzata in attesa del rientro alla normalità, gli italiani all’estero come vivono questa condizione?

In questo spazio, lasciamo parlare i nostri connazionali che vivono e lavorano fuori dall’Italia, cerchiamo di capire come viene affrontata l’emergenza e come vengono viste dall’esterno le misure drastiche prese dal governo italiano.

Valencia Tatiana Rotundo
Valencia – Foto Tatiana Rotundo

Questa volta vediamo come si vive in Spagna. Le parole sono quelle di Tatiana Rotundo, pugliese di 43 anni, che vive a Valencia da 20 anni. Valencia, con una popolazione di quasi 800mila abitanti, è la terza città del Paese dopo Madrid e Barcellona. È situata nella zona centro-orientale e sorge sul golfo, in prossimità della foce del fiume Turia. Fondata dai Romani nel 138 a. C., è stata capitale della Repubblica dopo la caduta di Madrid nella guerra civile spagnola nel 1936. Il regime franchista tolse ai valenciani anche la libertà linguistica. Con la morte di Franco nel 1975 e l’approvazione della Costituzione nel 1978, Valencia diviene autonoma e capoluogo della Comunità Valenciana. I rapporti con l’Italia sono anche consolidati dai gemellaggi con Bologna, Reggio Emilia, Palermo e Torino.

Come state affrontando tu e le persone a te care l’emergenza COVID-19?

Valencia Tatiana Rotundo
Tatiana Rotundo

«Ormai dal 16 marzo anche qui, come in Italia, siamo in isolamento in casa. Io sono in smart working, anche se la maggior parte delle aziende ha messo il personale in cassa integrazione. Esco lo stretto necessario, una volta alla settimana per fare la spesa, vivendo da sola è sufficiente, e sempre con guanti e mascherina. Io sono qui per lavoro quindi la mia famiglia, i miei cari sono in Italia, anche loro in isolamento. Riconosco che non è per niente facile rinunciare alla quotidiana passeggiata al mare, al cinema, agli incontri con gli amici, ad un concerto, ad andare a ballare o al ristorante, ad organizzare un viaggio di lavoro o di piacere, ma la parte peggiore è questa incertezza, questo non sapere quando si potrà tornare alla “normalità”, quando potrò riprendere un aereo per tornare a Monopoli, mia città natale, e poter riabbracciare i miei cari».

Qual è la percezione della città in cui vivi?

«Adesso dopo un mese dall’annuncio del Governo che siamo in stato d’emergenza la gente ha capito la gravità del problema, ha preso coscienza che deve restare in casa ed evitare assembramenti. La percezione è quella di vivere in una città fantasma, una città disabitata, autobus vuoti, polizia in strada, la poca gente in giro indossa guanti e mascherina, direi uno scenario desolante, da film apocalittico, una città avvolta dal silenzio che viene rotto tutti i giorni alle 8 di sera dagli applausi in onore e ringraziamento al personale sanitario».

Come viene vista la situazione italiana?

Valencia Tatiana Rotundo
Valencia – Foto Tatiana Rotundo

«Un mese e mezzo fa gli spagnoli guardavano all’Italia con tristezza e dispiacere credendo che quello che stava succedendo ai loro vicini non sarebbe potuto accadere qui. Adesso è evidente che siamo lo specchio dell’Italia, anzi potrei dire che stiamo anche peggio dell’Italia».

Adesso preferiresti trovarti in Italia o nella città dove attualmente risiedi? Perché?

«Senza alcun dubbio se penso con il cuore vorrei poter essere in Italia in questo momento, perché starei a fianco alla mia famiglia ed ai miei amici e forse vivrei questo momento di isolamento con più serenità. Ma qualche settimana fa ho scelto con la testa ed ho deciso di rimanere qui dove vivo, perché potrei essere stata a contatto con il virus, dato che giornalmente prendo autobus e metro per andare a lavorare e in più vivo a due passi dallo stadio dove si disputò la famosa partita Valencia -Atalanta, quindi potrei essere una perfetta asintomatica. Perciò ho deciso di restare qui, l’ho fatto per proteggere i miei genitori».

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