Coronavirus ed economia: siamo pronti per ripartire?  

L’economista Stefano Cianciotta: “L’Italia può superare la crisi se cambia radicalmente, con riforme strutturali che modernizzino lo Stato, abbattano la burocrazia, affrontando con determinazione i deficit strutturali del nostro Paese”

Il vero problema in questa emergenza da coronavirus – che ormai non è più emergenza -, ora è la ripartenza. La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del “decreto liquidità” con lo stanziamento di 400 miliardi per prestiti alle imprese, sembra aprire uno spiraglio di speranza per la ripresa dell’economia italiana e fonti qualificate danno notizia della probabile riapertura dopo Pasqua di alcune attività legate alla filiera agroalimentare e sanitaria, previo opportuno distanziamento sociale. Sullo sfondo la strada ancora tutta in salita dell’accordo a Bruxelles tra gli Stati membri dell’UE per l’avvio dei coronabond. Come l’Italia potrà ripartire? Ambient&Ambienti lo ha chiesto all’economista Stefano Cianciotta*, componente del Tavolo Tecnico per il rilancio dell’Edilizia presso il Ministero dello Sviluppo Economico.

L’intervista

La situazione sanitaria oggi rappresenta il problema primario da affrontare e risolvere. Ma appena possibile dobbiamo tornare a produrre: se non avverrà, il sistema, che è già in crisi, collasserà. Superata la crisi occorrerà essere operativi. Come ci si può attivare per essere pronti a ripartire senza perdere tempo?

«La crisi del 2008 ci ha fatto perdere il 25% del tessuto imprenditoriale, senza successivi effetti compensativi; questa emergenza sanitaria causerà un’ulteriore contrazione di 650 miliardi di euro. L’Italia può superarla se cambia radicalmente, con riforme strutturali che modernizzino lo Stato, abbattano la burocrazia, affrontando con determinazione i deficit strutturali del nostro Paese: infrastrutture, 5G e banda ultralarga, scarsa innovazione, accesso al credito, formazione, certezza del diritto, cultura anti industriale.

«Lombardia a parte, le altre parti del Paese potranno ripartire dopo Pasqua se saranno mantenuti e rispettati nuovi standard di sicurezza, con procedure certe di sanificazione degli ambienti, adeguati dispositivi di protezione, avendo cura anche degli spostamenti dalla abitazione del lavoratore verso il luogo di lavoro e viceversa. Deve prevalere il senso culturale di tutti che proteggono tutti.

«Questa crisi è l’occasione anche per ripensare il concept degli spazi di lavoro, dove il direttore generale e l’impiegato amministrativo dovranno lavorare insieme, negli stessi spazi, senza che vi sia quella differenza visiva dalla scelta del posto auto alla mensa aziendale che allontana e divide le persone. Come ho detto in una intervista ad un quotidiano nazionale, questa crisi rende concreta l’utopia della fabbrica di Olivetti.»

Avviso all’UE: “Nessuno può salvarsi da solo”

La crisi incide direttamente sulle famiglie; oggi si sostiene il fabbisogno primario delle famiglie ma appena tornati alla normalità mancheranno i soldi e, laddove presenti, ci sarà paura di spendere. Come dare impulso all’economia? L’Helicopter money è una strada giusta?

«Soldi subito sui conti correnti dei cittadini europei, senza passare dalle Banche. Lo dicevo alla trasmissione Rai Uno Mattina il 12 aprile del 2016. In quel momento eravamo ancora al centro della crisi finanziaria causata dai mutui subprime, e non aveva le proporzioni di quella globale di oggi. Eppure Helicopter Money, i soldi dal cielo, sembrava essere l’unica soluzione possibile, come sta facendo Trump ora e come ha già fatto Obama nel 2008.
«Allora come oggi sono contrari ad una misura di equità i Tedeschi e i Paesi del Nord Europa, preoccupati dall’inflazione, che in crisi così forti – se dovesse aumentare di qualche punto – non avrebbe alcuna ripercussione. Ma lo hanno capito che nessuno può salvarsi da solo, come ha detto magistralmente anche il Papa?»

“Il lavoro a distanza funziona se ci sono le infrastrutture”

La crisi ci porta a sperimentare nuove forme di lavoro “a distanza”. Rimarrà questo per il futuro?

smart working
“Le infrastrutture materiali e digitali giocano un ruolo decisivo per programmare la ripartenza del nostro Paese”(foto mohamed Hassan da Pixabay)

«Le infrastrutture materiali e digitali giocano un ruolo decisivo per programmare la ripartenza del nostro Paese. Erano già prioritarie, ora diventano assolutamente necessarie per una nuova fase di sviluppo, nella quale lo smart-working che già molte imprese private facevano, energia alle imprese, produzione e nuove filiere industriali, diventano i driver del futuro.

«Due anni fa con il presidente nazionale di Confassociazioni, Angelo Deiana, su Il Foglio abbiamo chiesto l’istituzione di un Ministero per la Digitalizzazione. Oggi tutti abbiamo capito che la digital trasformation sta impattando a livello globale assetti sociali, demografici, economici ed istituzionali.

«Gli investimenti in innovazione scendono quando c’è la recessione. Sarebbe un errore grave arretrare sulle infrastrutture digitali, perché l’Italia mai come ora ha bisogno di forti investimenti sulle infrastrutture, sia materiali che digitali.»

“Ripartire con una impostazione digitale anche nella scuola”

Lei ha scritto un libro dal titolo Allenarsi per il futuro, un libro molto significativo già dal titolo e che proponeva nuovi scenari per la scuola italiana. Le chiedo però ora se quanto ha riportato rappresenta ancora il futuro oppure se dovremo disegnarne uno differente.

«In quel saggio con Pietro Paganini ipotizzavano la realizzazione della Smart Class come soluzione per produrre innovazione nella scuola, sostenendo e promuovendo quelle caratteristiche dei bambini, curiosità, creatività e intraprendenza, che spesso vengono mortificate da percorsi scolastici poco innovativi. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni non è quello che avevamo immaginato noi, ma certamente costituisce un primo esperimento. La Scuola italiana, però, non è pronta a questo tipo di didattica perché ragiona con una cultura che non è digitale. Del resto è quasi tutta la Pubblica Amministrazione italiana che risente di una impostazione poco agile, per usare un eufemismo.»

 *Chi è Stefano Cianciotta

Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Infrastrutture di Confassociazioni, è docente a contratto dal 2012 di Crisis Communication all’Università di Teramo e dal 2017 è titolare di un laboratorio didattico sul tema all’Università di Verona.

Dal dicembre 2019 è componente del Tavolo Tecnico per il rilancio dell’Edilizia istituito dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli.

Dal 2015 al 2017 è stato Direttore Scientifico del Master in Comunicazione Pubblica e Istituzionale alla Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica, e nel 2015 è stato chiamato dalla CEI per stilare il Manifesto sulla rigenerazione urbana dopo l’Enciclica di Papa Francesco.

Consulente aziendale strategico, ha lavorato tra l’altro con il Ministero della Difesa, con le multinazionali Bosch, Trw, Seneca Spa, Aaral Bank, Polynt, con le associazioni di categoria Ance, Anceferr, Confesercenti, Confcooperative, con Terna, Regione Lombardia, Regione Lazio, Regione Umbria, Regione Abruzzo e Publitalia ’80.
Ha scritto oltre 300 approfondimenti sulle riviste economiche sui temi delle infrastrutture e dei lavori pubblici, ed è frequente ospite sui temi economici di Rai, TgCOM24 e Skytg24.

E’ editorialista per Il Foglio, Il Messaggero e per il blog Formiche. Nel settembre del 2018 è stato il primo civile italiano a parlare per conto dello Stato Maggiore della Difesa alla Conferenza annuale della Nato sul futuro del Mediterraneo. L’ultimo saggio che ha pubblicato si intitola “I no che fanno la decrescita” (Guerini e associati).

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