Palermitano, classe 1961, Gian Vito Graziano è stato presidente dell’ordine regionale di geologi di Sicilia e dal 2011 presidente del Consiglio Nazionale Geologi. A lui Ambient&Ambienti ha rivolto alcune domande sul futuro della geologia e sugli spazi riservati alle scienze della terra dal mondo della politica e da quello della ricerca.
Quale può essere nell’immediato futuro il ruolo delle scienze della terra nell’ambito della geoconservazione ?
«Un ruolo molto rilevante, che può e deve giocarsi su un doppio binario, quello di contribuire all’offerta di condizioni di generale benessere, estetico, economico e sociale, a favore delle popolazioni che vivono in aree di pregio geologico, e quello di offrire nuove opportunità di studio e ricerca alla comunità geologica e, non ultimo, di creare le condizioni per nuovi sbocchi occupazionali per i geologi professionisti. La geoconservazione declina il principio di servizio sociale per il Paese, contribuendo al suo sviluppo civile, economico e culturale. Ma per conseguire questo obiettivo bisogna rafforzare legami, laddove esistenti, ma soprattutto crearne di nuovi laddove essi mancano. Potremo guardare al futuro solo attraverso la collaborazione tra i diversi soggetti. In questo momento non tutti gli organismi, in Italia e al’estero, che a vario titolo si occupano di patrimonio geologico sono realmente interessati a forme di collaborazione, ma piuttosto al mantenimento di una competenza “esclusiva”».
Gli atenei italiani stanno prestando attenzione a questo tema?
«Non particolarmente e comunque non in maniera coordinata. L’attenzione alla geoconservazione è spesso legata alla sensibilità di singoli docenti, piuttosto che per una vera strategia dell’ateneo. E’ vero che le difficoltà economiche e strutturali della nostra Università sono evidenti e condizionanti, ma una maggiore attenzione sarebbe auspicabile. Atenei stranieri che hanno intrapreso questa strada, mi riferisco ad esempi provenienti da Grecia e Portogallo, dunque da realtà con analoghi problemi, hanno avuto un forte riscontro positivo, anche in termini di studenti stranieri».
E quale attenzione i governi (negli ultimi anni) stanno avendo in tema di geologia ambientale?
«Con riferimento all’Italia non può non rilevarsi una accresciuta attenzione nei confronti delle istanze dell’ambiente in genere e della conservazione della diversità più in particolare. Si tratta di una attenzione che è figlia di una maggiore coscienza sociale e dunque di un maggiore stimolo ad occuparsi di questi temi. Non vi è dubbio però che la geodiversità sconta ancora un certo ritardo rispetto ad esempio alla biodiversità. Sono però convinto che il forte potenziale del patrimonio geologico italiano non tarderà ad imporsi in una panorama più ampio, perché possiede un ampio spettro di legami culturali: si pensi ad esempio alla geologia dei vini».
Dal suo osservatorio di presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, quale contributo sta portando o potrebbe portare il geologo professionista in tema di patrimonio geologico?
«L’accresciuta coscienza nei confronti della geodiversità è frutto del lavoro quotidiano dei geologi, da quelli che si occupano di ricerca o di didattica a quelli che svolgono professione. Questo perché, a differenza di altri professionisti, la formazione culturale del geologo, specializzato anche in temi applicativi dal campo delle costruzioni a quello dell’energia, proviene da un bagaglio che è prima di tutto naturalistico. In altre parole, il contributo del geologo a questioni complesse ed a volte controverse, come ad esempio quella dello sfruttamento dello georisorse, deriva da un approccio professionale sostenibile, che individua nella natura una sorta di “supercommittente”».
Quale politica di aggiornamento professionale continuo (APC) il Consiglio Nazionale ha messo in atto o metterà in atto in tema di geoconservazione?
«Quando da Presidente di un Ordine regionale proposi di guardare alla geoconservazione come via strategica per una affermazione delle scienze della terra e del geologo, non pochi si chiesero quale risvolto professionale potesse avere questa linea politica. Poi col tempo questi dubbi sono stati progressivamente fugati. Sono tanti gli obiettivi su cui si è lavorato e su cui ancora bisogna lavorare per un possibile sbocco occupazionale: la pianificazione d’uso del territorio in chiave di sviluppo geoturistico, la realizzazione di centri di interpretazione e divulgazione ambientale e geologica, la strutturazione delle attività escursionistiche con l’affermazione della figura di guida geologica, cui attribuire un ampio spettro di competenze (non limitato al solo ruolo di accompagnatore), la creazione di parchi tematici di divertimento ed altro ancora. Mi piacerebbe veder nascere in un futuro prossimo delle forme di collaborazione, delle vere e proprie cooperative di geologi, che possano organizzare il lavoro in questi settori e creare occupazione».