Consumo di suolo, la Puglia è terza in Italia

Si preferisce costruire nuovi edifici anziché riqualificare quelli già esistenti con un danno importante per l’ambiente, soprattutto della costa. I dati dell’ultimo rapporto ISPRA

La Puglia si conferma al terzo posto in Italia per consumo di suolo nel 2020. Subito dopo Lombardia e Veneto. A dirlo l’ultimo rapporto dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. 

Anche in Puglia, dunque come nel resto d’Italia, si continua a perdere una risorsa rinnovabile fondamentale, il suolo. Negli ultimi 12 mesi sono stati impiegati 493 gli ettari di suolo nonostante il blocco di molti cantieri a causa delle restrizioni pandemiche. Maglia nera a Bari, Troia, nel Foggiano,  Brindisi e Lecce.

In molte zone urbane, infatti, si preferisce costruire su nuove superfici anziché potenziare quelle cosiddette “green” e centrare l’obiettivo di uno sviluppo davvero sostenibile. 

A tutto questo si aggiunge la quasi totale assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese, o di tempistiche molto lunghe per la loro attuazione. 

Nell’ultimo anno quasi due metri quadrati ogni secondo di aree agricole e naturali sono stati sostituiti da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali. Più di 50 km quadrati persi con conseguenze anche economiche. Infatti, dal rapporto emerge che negli ultimi otto anni i “costi nascosti” dovuti alla impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo sono oltre tre miliardi di euro. Costi che potrebbero erodere in modo significativo, ad esempio, le risorse disponibili grazie al programma Next Generation EU. 

“Basta costruzioni abusive” in Puglia

Ruggero Ronzulli è neo presidente Legambiente Puglia e con noi ha commentato i dati che riguardano il consumo di suolo nell’ultimo anno. 

Come legge i dati della Puglia?

«Non sono dati positivi perché vuol dire che si continua a costruire su territori nuovi piuttosto che rigenerare e riqualificare delle aree abbandonate o degli edifici vecchi. La Puglia incrementa di 500 ettari rispetto all’anno scorso, e le province in cui si continua a consumare suolo sono Lecce e Brindisi. Un dato che colpisce è quello di Bari che ha già consumato il 40% del proprio territorio. 

Sono dati allarmanti che Legambiente denuncia già da anni nei propri rapporti come “Mare Nostrum” e “Abbatti l’abuso”. Inoltre, negli anni scorsi Legambiente ha sostenuto la petizione europea contro il consumo di suolo perché è importante avere una legge sia a livello europeo sia a livello italiano e regionale. Poi ci sono i Comuni che devono adeguarsi attraverso piani urbanistici ad hoc e puntare sulla rigenerazione urbana evitando di dare nuove autorizzazioni a costruire soprattutto lungo la costa e nelle aree più esterne.

Abbiamo denunciato con il declassamento delle cinque vele tra Polignano a Mare e Carovigno perché erano state autorizzate le costruzioni di resort di lusso sulla costa impattando e incrementando il consumo di suolo. 

Le conseguenze sono poi di nuove costruzioni molto spesso illegali e una volta che viene accertata l’illegalità poi non si abbattono. Questi atti “osceni” anche da un punto di vista estetico poi a volte restano lì».

Perché nonostante le denunce e le segnalazioni si continua a preferire costruire ex novo piuttosto che riqualificare quello che già esiste?

«Perché spesso si va incontro ad un mercato immobiliare spregiudicato e si continua a costruire ed  occupare nuovo territorio in una fantomatica estensione della città quando poi si hanno delle zone abbandonate o in stato di competo degrado. Anche fare un intervento nelle aree più periferiche vuol dire dare una nuova immagine e una nuova possibilità di vita a quei territori».

Quali sono i rischi? 

«Il rischio è l’incremento dell’illegalità. Concedere costruzioni per lo più abusive che non vengono abbattute con il rischio poi di trovarci completamente invasi da edifici e perdere terreno naturale oltre che la bellezza dei nostri paesaggi». 

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