
Questo editoriale è scritto a quattro mani, ossia da Lucia Schinzano e da Tommaso Farenga, rispettivamente direttrice responsabile e direttore scientifico di Ambient&Ambienti. La precisazione è necessaria affinchè non si pensi che quanto scritto rientri in una sterile rivendicazione afferente al sesso
Nemmeno il coraggio di votare per l’approvazione della legge sulla doppia preferenza di genere. La più indecorosa seduta di sempre del Consiglio regionale della Puglia si è chiusa all’1 e 40 di stanotte per mancanza di numero legale e dopo che, a voto segreto, è stata approvato l’emendamento che stabiliva l’ineleggibilità per la prossima legislatura dei componenti la task-force anti-Covid (quindi bocciando di fatto la candidatura dell’epidemiologo Perluigi Lopalco).
Non c’è stato nemmeno il coraggio di dire un sì o un no a viso aperto. E questo sia dai banchi della maggioranza che della minoranza.
Si è preferito tirarla per le lunghe fino all’ultima seduta di un Consiglio regionale che aveva già deciso nelle segrete stanze di mettersi di traverso (e soprattutto nascostamente, per mancanza di pubblico coraggio) a quello che è già legge in altre parti d’Italia (anche perché voluta dallo Stato italiano), ignorando perfino la diffida del Presidente del Consiglio Conte, e che ha voluto usare e strumentalizzare la questione della maggiore presenza femminile nell’aula del palazzo di via Gentile per un braccio di ferro tra parti politiche. E chi ha abbandonato l‘aula lo ha fatto pur sapendo che si doveva votare per permettere una maggiore presenza delle donne.
A conti fatti tutto quanto è successo prima, durante e dopo la “seduta della vergogna” ha mostrato un bizantinismo decisionale di serie B. Andiamo per ordine sparso.
I duemila emendamenti della destra non sono stati tanto un folcloristico modo di opporsi allo specifico provvedimento, quanto la maniera per impedire alla maggioranza, ove questo fosse successo (perché non va trascurata l’incognita – voto segreto) di appuntarsi sul petto la medaglia di paladini della pari dignità della donna in politica, medaglia da agitare davanti agli occhi degli elettori e delle elettrici il prossimo 20 settembre. La maggioranza avrebbe dovuto capire che non si sarebbe trattato di una propria vittoria, bensì della vittoria delle donne. Il continuo rinvio della seduta per arrivare fino alla pausa estiva, alla fine della legislatura, ha il sapore di una beffa che fino all’ultimo i comitati e le associazioni femminili hanno tentato di evitare. Invano.
Il comitato “2 voti meglio di 1” con la sua mobilitazione di queste settimane ha mostrato la determinazione delle donne, che sono – questo sì – capaci di fare fronte comune superando trasversalmente le divisioni politiche. Ed è questo che forse fa paura. Una maggiore pulizia morale, una più cristallina attenzione ai problemi reali del territorio, una meno torbida corsa alla poltrona. Perché, inutile ribadirlo, per una donna è veramente più complicato far quadrare tutti gli impegni della giornata, quindi l’impegno politico e sociale richiesto ad una consigliera regionale “pesa” molto di più di quello di un uomo. Commentando la figuraccia di stanotte Magda Terrevoli, del comitato “2 voti meglio di 1” ha parlato diplomaticamente ma con tanta rabbia, elegantemente contenuta, di una conclusione “molto triste”. Allora lo usa Ambient&Ambienti l’aggettivo giusto: indecoroso, anzi no, vergognoso. E si potrebbe andare avanti, ma ci fermiamo, tanto a molte (e molti) le parole adatte vengono in mente in gran quantità.

Il problema si pone ora per le prossime elezioni regionali: Votare? E come votare? E chi votare? E perchè votare? Chi può restituire la fiducia ad un consesso istituzionale che tratta la cosa pubblica come se fosse proprietà personale? In quali forme declinare il dissenso per questa che non è politica ma “appropriazione indebita di esercizio democratico della legalità”? Se ci allarghiamo a guardare lo sviluppo futuro di una Puglia segnata ma non annientata dalla pandemia da coronavirus, cosa ci aspetta? Pensiamo al nostro territorio, pensiamo ad esempio al Parco Regionale di Costa Ripagnola, istituito proprio nel corso di quest’ultima seduta del consiglio regionale. Un colpo al cerchio e uno alla botte, verrebbe da dire. Parco approvato, accontentati gli ambientalisti (“quanto rompono…”); variazione approvata delle aree edificabili con tanto di demolizione e ricostruzione dei trulletti millenari, accontentati imprenditori e amministratori locali (“così il salviamo il turismo d’élite”). Insomma una politica di cortissimo respiro, incapace per scelta di guardare lontano, di progettare e programmare. Sarà utile un parco così strutturato?
Torniamo alla mancata approvazione del disegno di legge regionale che istitutiva la doppia preferenza di genere. Ora tutti i gruppi politici si stracceranno le vesti, pronti a indire conferenze stampa e a lanciare dichiarazioni in cui si smarcano da quanto è successo la notte tra il 28 e il 29 luglio. E molti addurranno giustificazioni validissime. Navigare a vista fa comodo, non si rischia. Si può lanciare da bordo, senza sforzarsi molto, un grido che a terra viene ascoltato perché portato a riva dal vento. Ma a volte il vento soffia in direzione contraria e se da terra si leva lo scirocco, che è un frequentatore abituale del mar Adriatico, che lambisce la quasi totalità della Puglia, il grido ritorna indietro e finisce – con la nave da cui è stato lanciato – in alto mare. Dove non è escluso che una tempesta inghiottisca l’imbarcazione con tutti i suoi passeggeri.