“Clima. Lettera di un fisico alla politica”: intervista ad Angelo Tartaglia

L’attuale pandemia di coronavirus è solo la punta dell’iceberg di un intero sistema malfunzionante. Ne è convinto Angelo Tartaglia, che ha firmato “Clima. Lettera di un fisico alla politica”, uscito l’8 aprile per Edizioni Gruppo Abele nel solo formato ebook

Un invito ai politici da parte di un illustre professore di fisica del Politecnico di Torino a cambiare rotta sul clima e sul sistema socioeconomico prima che sia troppo tardi. Il professor Angelo Tartaglia ha deciso di scrivere una lettera indirizzandola al Presidente del Consiglio italiano. Sul clima, sull’ambiente e sulle strategie che possiamo mettere in campo per salvarci.

Tra clima e coronavirus, alla ricerca di un dialogo

Clima. Lettera di un fisico alla politica (questo il titolo dell’e-book edito da Gruppo Abele), tocca tanti argomenti fondamentali, dal mito delle grandi opere – inutili – ai frutti dell’industrializzazione senza freni; dalle pandemie globali – quella da Covid19 non è la prima e non sarà l’ultima – ai legami fra clima e giustizia sociale. Ha scritto questa lettera perché «dopo tutto, ogni essere umano una dimensione razionale ce l’ha pur sempre dentro di sé. La mia irragionevole speranza è che dialogando, cercando di capire e di spiegare, ognuno di noi si renda conto che alla fin fine guardare lontano nello spazio e nel tempo è più conveniente del chiudersi in se stessi».

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Angelo Tartaglia è stato professore di Fisica presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, ed è oggi membro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Ha esteso i suoi studi ai problemi dell’energia, dei modelli di sviluppo, della pace e del disarmo. Si occupa di impatto delle attività umane sull’ambiente. Da alcuni anni è impegnato nell’applicazione della logica dei sistemi ai problemi trasportistici, con particolare riferimento al progetto delle ferrovie ad Alta Velocità. Lo abbiamo raggiunto ed ecco cosa ci ha detto a proposito di clima, emergenza ambientale, rapporto politica/scienza e tanto altro.

L’invervista

La copertina del libro di Angelo Tartaglia

Mai come oggi sembra esserci uno stretto rapporto tra politica e scienza. Basta pensare alla cosiddetta Fase 2: il mondo politico dice di attendere le indicazioni della comunità scientifica e quest’ultima si affanna a spiegare che può garantire solo indicazioni, ma la decisione finale su come agire deve essere politica. Un rapporto intenso, ma strano…

«È un rapporto molto scarso. Anche in questo particolare periodo e momento storico emerge come ci sia l’abitudine di chiamare in causa gli scienziati solo quando c’è una situazione di crisi, a cose fatte. Ma non si interpellano mai in condizioni, come dire, ‘normali’. La speranza è che d’ora in poi, la comunità scientifica, pure senza voler mitizzare la scienza, possa essere coinvolta e contattata nei giusti tempi e, soprattutto, venga tenuta in giusta considerazione».

Leggendo la sua ‘Lettera’, come per il COVID-19, lei ritiene che a proposito dell’emergenza ambientale sembra quasi che l’ottica non sia lungimirante, ma che si preferisca intervenire dopo e non provare a prevenire.

«Purtroppo è così nei fatti, non è un’accusa. I ponti che cedono, come il caso del Morandi a Genova o i dissesti idrogeologici stanno a testimoniarlo. Si interviene dopo il disastro eppure basterebbe fare un conto economico banale: è più alto il costo dell’intervento successivo piuttosto che operare in prevenzione. La spesa, in sostanza, è meglio effettuarla prima. Eppure non avviene…»

A proposito di mega interventi, proseguendo sul tracciato del suo libro, lei fa emergere il ‘mito’ delle grandi opere e la ‘nostra’ responsabilità, intesa come una responsabilità umana.

Le grandi opere hanno ovunque un significato particolare, molto simbolico, che va oltre il senso specifico dell’opera. In realtà se uno analizza su scala mondiale, lo schema si ripete dappertutto, dalla Cina all’America e così via. È un valore emblematico del progresso, la grande opera viene letta come una scelta che deve servire a inorgoglire e mostrarsi, per ricevere consenso. Quando uno entra nel merito è facile rilevare come nella maggior parte dei casi, le grandi opere siano state negative. Si spende più di quanto si crede e spera di guadagnare. Ma al di là della spesa, opere come da noi la Tav sono l’emblema della novità, ma rappresentano semplicemente delle opere simboliche che non servono e sono un ritorno solo per alcuni.»

Green e sostenibile parole vuote?

Un altro aspetto che emerge dal libro è il concetto di una economia circolare ma non troppo…

«Ben raramente, purtroppo, si concretizza come economia circolare. Anche in questo caso è soprattutto un discorso di slogan: ci si illude a livello di establishment che usare le parole green e sostenibile possa bastare, ma non è così se non c’è un reale ed effettivo progetto alle spalle. »

E quanto, durante questa pandemia, la comunicazione sta influenzando gli eventi?

«La comunicazione incide molto, è l’espressione dell’incertezza, della confusione. Le pressioni per andare in un determinato senso, mentre c’è chi rema dall’altra parte, rendono tutto contraddittorio. Ma la grande comunicazione mainstream incide e si trova spesso o ad allarmare in maniera esagerata o tranquillizzare.»

Ma cosa ci può insegnare questa pandemia, da un punto di vista di sostenibilità ambientale ed economica?

Angelo Tartaglia (dal video di scienceandthefuture.polito.it)

«Il discorso è che noi dovremmo usare questa situazione per ripensare all’economia, invece mi sembra che il discorso si stia concentrando su quando ripartire ma nella stessa modalità di prima. Non abbiamo colto che è colpa nostra e quindi dovremmo ripensare questo paradigma, invece sembriamo pronti a ripercorre la stessa strada. Mi pare che si stato instillato il dubbio che le questioni ambientali siano un lusso senza comprendere che invece ciò che stiamo vivendo lo dobbiamo anche e soprattutto a noi. Quello che è successo viene troppo spesso interpretato come una sciagura, quasi che l’approccio sia quello del dire ‘siamo stati sfortunati’. Ma non è così: non è accaduto per fatalismo, è la responsabilità del tipo di sistema che è stato alimentato.»

Per chiudere: ha scritto una lettera e ora che risposta vorrebbe avere?

«Il livello minino è che la risposta sia: beh, parliamone. Non dico con me nello specifico, ma che il ragionamento avvenga con l’ambiente scientifico. La politica deve avere la sua autonomia ma che almeno pubblicamente venga discussa con l’ambiente scientifico una determinata tematica. Senza chiamarlo in causa tropo tardi.»

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