
Cinque Ecoisole in cinque porti pilota: Vieste, Trani, Giovinazzo, Mola e Gallipoli
Ora, attraverso tessere magnetiche, i pescatori potranno contribuire a tenere pulito il mare conferendo la spazzatura intrappolata nelle reti in appositi cassonetti sistemati sulle banchine portuali.

E’ un primo passo nella gestione responsabile dei rifiuti in ambito portuale ed è il progetto nato nell’ambito di “Appesca – Analisi dello stato dei porti pugliesi e fabbisogno di adeguamento ed efficientamento per la pesca professionale”, sviluppato dalla Regione Puglia e Asset, l’agenzia strategica per lo sviluppo ecosostenibile del territorio che ha messo a fuoco criticità e punti di forza del comparto pesca nei 42 siti portuali regionali.
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Uno dei temi più rilevanti emersi dall’indagine relativa ai servizi in ambito portuale, è stato quello dello smaltimento dei rifiuti da parte dei pescherecci e degli utenti della filiera ittica.
Così sono stati selezionati 5 porti in cui realizzare un sistema di raccolta dei rifiuti provenienti dalle attività di pesca per fornire agli operatori (con regolare licenza di pesca) contenitori idonei allo stoccaggio dei rifiuti derivanti dalle proprie attività in modo da agevolarne ed incentivarne il conferimento.
A Vieste, Trani, Giovinazzo, Mola di Bari e Gallipoli, inquadrati come “porto pilota” per la sperimentazione di una strategia anti-inquinamento, sono state consegnate le Ecoisole: due cassonetti informatizzati (plastica indifferenziata o plastica-plastica in cui conferire anche i rifiuti pescati accidentalmente dal mare) e delle tessere (con codice identificativo) da distribuire ai pescatori.
Novità sulla gestione dei rifiuti in ambito portuale
Nel rapporto Asset c’è una lunga disamina normativa utile a comprendere come vadano trattati i rifiuti in ambito portuale.
La gestione, si legge, si è nel tempo evoluta poiché si è passati da una visione che privilegiava la sicurezza della navigazione ad una prospettiva che ha inquadrato la tematica nel più vasto perimetro della tutela dell’ambiente marittimo.
In tale ottica, il primo tassello normativo finalizzato ad uniformare, a livello globale, la normativa in tema di rifiuti in ambito marittimo, è costituito dalla Convenzione Marpol del 1978 cui è affidato, tra gli altri, il compito di individuare la tipologia e il quantitativo di rifiuti da conferire o trattenere a bordo della nave. Successivamente, l’approccio sostenibile della gestione dei rifiuti nei porti ha indotto il legislatore UE (e poi quello italiano) a prestare maggiore attenzione alle problematiche ambientali connesse al trasporto via mare mediante l’adozione di regole specifiche.
Attualmente la materia è oggi disciplinata, a livello europeo, dalla Direttiva UE 883/19, recepita nel nostro ordinamento con d. lgs. n. 197/2021 e in parte nella Legge n. 84/94 e nel d.lgs. n. 152/06 (Testo Unico Ambiente).

Se le Regioni devono implementare le politiche territoriali relative alla gestione dei rifiuti, per i piccoli porti non commerciali può rivelarsi difficile adottare e monitorare i piani di raccolta e di gestione dei rifiuti, per esempio le aree di ormeggio e i porti turistici, che sono interessati da un traffico poco frequente, caratterizzato solo da imbarcazioni da diporto, o che è utilizzato solo per una parte dell’anno. I rifiuti prodotti da questi piccoli porti sono solitamente gestiti dal sistema di gestione dei rifiuti urbani.
La norma europea, richiamando tra gli altri il noto principio “chi inquina paga”, si pone l’obiettivo di implementare le politiche di tutela ambientale nel contesto dei porti e della gestione dei rifiuti delle navi anche attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti delle navi (tra cui rientrano le reti da pesca in disuso) considerata necessaria per garantire un recupero degli stessi rifiuti e “consentire che siano preparati per il riutilizzo o il riciclaggio nella catena di gestione dei rifiuti a valle e per evitare che provochino danni agli animali e agli ambienti marini”.
Altra normativa interessante in proposito è la Direttiva UE 904/2019 (Direttiva S.U.P.) , che è stata adottata allo scopo di “…prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonchè promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo al corretto funzionamento del mercato interno”.
Se i componenti in plastica degli attrezzi da pesca hanno un alto potenziale di riciclaggio, è purtroppo vero che si osserva che l’alta percentuale di plastica presente negli attrezzi da pesca gettati in mare, compresi quelli abbandonati e perduti, si capisce che gli attuali requisiti di legge non forniscono incentivi sufficienti a riportare a terra tali attrezzi da pesca per destinarli alla raccolta e al trattamento.
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La Puglia potrebbe fare di più

“Sarebbe utile che la Regione Puglia adeguasse la normativa regionale e il piano regionale dei rifiuti sulla base delle prescrizioni contenute nella Direttiva UE n. 883/2019 e del suo decreto legislativo di recepimento, nonchè quanto indicato dalla Salvamare 17 del maggio 2022“.
E’ quanto si legge ancora nel rapporto Asset dove si indicano alcune modifiche opportune:
- “Inserire nella legge regionale n. 36/2009, o in altra legge regionale ad hoc, disposizioni relative ai rifiuti “accidentalmente pescati” o “volontariamente raccolti” (come fatto, per esempio, dalla Regione Marche con l.r. n. 5/202118);
- Predisporre un “Piano d’azione regionale per la riduzione dei rifiuti in mare e sulle spiagge per la valorizzazione delle coste e uno sviluppo territoriale ecosostenibile” nel quale prevedere una classificazione o meglio identificazione dei porti regionali individuando quelli esclusi (poichè gestiti dalle AdSP), quelli dove realizzare (se mancanti) “strutture di raccolta (art. 2, co. 3, legge Salvamare) e i “piccoli porti” nei quali la raccolta e lo smaltimento viene integrato nel sistema comunale di gestione dei rifiuti (art. 2, co. 4, legge Salvamare) e preveda la realizzazione di adeguati punti di raccolta a servizio della flotta peschereccia;
- Favorire la realizzazione – pianificata nel predetto Piano d’azione regionale – di adeguati punti di raccolta a servizio della flotta peschereccia pugliese a partire dagli scali più frequentati dalle marinerie come evidenziato nel progetto Appesca (Vieste, Trani, Molfetta, Bisceglie, Mola di Bari, Monopoli, Savelletri, Brindisi, San Foca, Santa Maria di Leuca, Gallipoli, Porto Cesareo, Taranto).
Quanto alle misure di incentivazione per i pescatori che consegnano i rifiuti “accidentalmente pescati”, va detto che è prevista la gratuità per il conferente. Il rapporto Appesca segnala due best practice:
- A Molfetta l’accordo per la gestione dei rifiuti pescati accidentalmente dai pescatori durante le operazioni di pesca realizzato tra Federpesca (Federazione Nazionale delle Imprese di Pesca), Comune e Azienda Servizi Municipalizzati di Molfetta nell’ambito del progetto “AdriaticLitter”.
- Ecocentro Blu nell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo che nello scalo di alaggio prevede un sito di raccolta dei rifiuti destinato al solo smaltimento dei rifiuti recuperati accidentalmente in mare.
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