La vecchia centrale di Chernobyl è tutt’oggi coperta da un sarcofago, una vera struttura faraonica costruita a partire da metà giugno 1986, pochi mesi dopo la tragica esplosione del 26 aprile, e finito 206 giorni dopo grazie al lavoro di novantamila persone. Ma questo non tranquillizza affatto.
La città di Chernobyl oggiAlcuni studi stimano che la quantità di materiale radioattivo altamente pericoloso contenuto all’interno del sarcofago sia di circa 200 tonnellate e che al suo interno si trovi ancora oggi il 95% del materiale radioattivo presente al momento dell’incidente. E non finisce qui: dai buchi e dalle crepe presenti sulla superficie del sarcofago fuoriescono polveri radioattive; la struttura è fortemente instabile e il rischio di un collasso è molto elevato. Per rimediare a ciò è prevista la realizzazione di un nuovo sarcofago dal costo di 1 miliardo e 600 milioni di euro per il quale saranno necessarie altre 29 mila tonnellate di strutture metalliche, avrà un’altezza di 105 metri e una lunghezza di 150 metri.
Materiali radioattivi ancora in giro – Non dimentichiamo che la nube radioattiva sprigionatasi quel 26 aprile 1986 a seguito dell’esplosione alla centrale nucleare ha rilasciato diversi materiali radioattivi, la cui ricaduta ha interessato prevalentemente le popolazioni di Bielorussia, Russia e Ucraina. Il 20% del territorio agricolo e il 23% delle foreste della Bielorussia sono state contaminate a causa della ricaduta al suolo dei radioisotopi radioattivi, contaminando così la catena alimentare. Tra l’altro funghi e legname altamente contaminato oltre che sul mercato nazionale vengono esportati in modo notevole sui mercati europei. Ancora oggi 7 milioni di persone vivono nelle zone più contaminate in Bielorussia, Russia e Ucraina, e sono costrette tutti i giorni a nutrirsi con cibo fortemente radioattivo. Inoltre tutte le aree colpite dall’incidente sono ancora significativamente contaminate e il rischio per le popolazioni residenti continua a essere molto elevato: i tumori tiroidei in primo luogo, ma anche numerose altre patologie risultano essere in continuo aumento. Nutrirsi con una dieta altamente radioattiva comporta un abbassamento significativo delle difese immunitarie dell’organismo che facilita l’insorgenza di patologie di vario tipo. I bambini sono i soggetti meno garantiti e che soffrono di più di questa situazione, proprio perchè i loro organismi in accrescimento sono vere e proprie spugne anche rispetto all’assorbimento di radionuclidi quali il Cesio 137 e lo Stronzio 90.
La centrale di Chernobyl oggiNonostante tutto ciò si assiste a una politica, a livello internazionale, volta a minimizzare le conseguenze ambientali dell’incidente nucleare sia con l’abbassamento dei livelli di radioattività, sia tramite la ripopolazione delle aree più pericolose e l’avvio di coltivazione e allevamento del bestiame; addirittura si caldeggia una forma di turismo in quelle zone.
Il ruolo dell’associazionismo – Questo al fine di far credere che la catastrofe fa parte del passato, ma invece è più che mai attuale e continua ad uccidere. Un goccia in un oceano è rappresentata dall’attivismo di Legambiente. L’associazione del cigno verde si è mobilitata per rimanere a fianco delle popolazioni vittime del disastro di Chernobyl oltre che con la denuncia alla comunità internazionale di una situazione sempre più grave, con un progetto di solidarietà concreta, il Progetto Rugiada che ha il fine di monitorare i bambini colpiti dalle radiazioni ospitandoli per un mese presso un centro specializzato dove i piccoli hanno la possibilità di essere seguiti con programmi specifici, sia di tipo medico che pedagogico, con lo scopo di riscontrare possibili forme tumorali.