Censimento delle architetture italiane: valorizzare, non dimenticare

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Il palazzo ex Enel a Bari, a firma degli architetti Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano, ospita uffici ed aule dell'Università degli Studi di Bari (fonte: Archivio Impresa Garibaldi Fragasso Srl)

Quasi 300 opere pugliesi nel progetto, la maggior parte del Barese

 

Da ormai vent’anni, il “Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi” mappa l’architettura contemporanea del nostro Paese. Avviato nel 2002 dall’allora DARC – Direzione Generale per l’Arte e l’Architettura Contemporanee, ogni anno amplia la documentazione relativa alle opere ritenute significative nella storia dell’architettura contemporanea, tenendo conto della loro “fortuna critica”,  delle citazioni in pubblicazioni e del riconosciuto valore internazionale. Nato nel 1945, anno cioè di inizio ricostruzione post bellica, il Censimento conta, ad oggi, 4948 schede, di cui 292 pugliesi.

I gioielli di Bari

Prospettiva nord e ovest di Palazzo Borea, foto storica

La maggior parte degli edifici censiti si trova nel Barese, oltre ad alcuni esempi notevoli anche nel Tarantino e nel Salento. Tra le opere architettoniche più note tra le Murge e dintorni, c’è il Palazzo Borea, costruito nel 1961 per mano degli architetti  Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano. Situato su corso Vittorio Emanuele all’incrocio con via Sparano, è stato realizzato in seguito alla demolizione di un edificio ottocentesco e contiene diverse destinazioni d’uso, così come prevedeva la tradizione locale di quegli anni. I due progettisti baresi riuscirono a portare nel capoluogo le nozioni architettoniche apprese negli Stati Uniti, in particolare le lezioni di Richard Buckminster Fuller e Frank Lloyd Wright: tra innovazione e tradizione, gli americani di Bari (così li chiamava l’intellettuale romano Bruno Zevi) firmarono ben 35 progetti per la città. Tra questi, ci sono Palazzo Miceli e il Dioguardi, due edifici polifunzionali anch’essi inclusi nel Censimento. Il Miceli è stato innalzato in via Roberto da Bari tra il 1964 e il 1975, inizialmente destinato quasi interamente a esposizione di mobili, tranne gli attici che dovevano ospitare le abitazioni dei proprietari. Il Dioguardi invece sorge al confine tra i quartieri Murat e Libertà, all’incrocio tra via Calefati e via Quintino Sella, caratterizzato dai pannelli in cemento che creano un gioco di chiaroscuro sulla facciata. Ancora, c’è il palazzo ex Enel che oggi porta il loro nome e ospita uffici ed aule dell’Università degli Studi di Bari (1957-1960). I due architetti hanno lavorato anche fuori la provincia di Bari, in particolare nel Foggiano, a Vieste, con la costruzione dell’Albergo del Faro, commissionata dall’Eni e realizzata tra il 1961 e il 1964.

La storia si ripete

Molti dei palazzi riportati nel Censimento, come si legge nelle schede, sono stati costruiti sui resti di palazzi ottocenteschi, soprattutto durante il secondo Dopoguerra: un’operazione che trasformò Bari radicalmente, con l’innalzamento di edifici a volte di valore artistico, altre di dubbio gusto. Sta di fatto che molti gioielli architettonici furono abbattuti, come quello dell’antico Palazzo della Gazzetta in piazza Aldo Moro (all’epoca piazza Roma). Progettato dall’architetto Saverio Dioguardi e inaugurato nel 1927, fu abbattuto nel 1982. Fu poi sostituito da struttura a vetri specchiati, nella Stazione Centrale.

L’ex Palazzo della Gazzetta del Mezzogiorno, inaugurato nel 1927

Oggi la situazione sembra ripetersi, con la notizia della prossima demolizione del palazzo della Gazzetta del Mezzogiorno, in via Scipione l’Africano, opera dell’architetto Onofrio Mangini. La figlia dell’architetto, Barbara Mangini, ha espresso il suo disappunto: “Se egli fosse stato un pittore, un poeta o musicista, oggi avremmo validi motivi per resistere alla distruzione di un’opera dell’ingegno. Ma le opere di architettura appartengono a tutti”. Il Palazzo inaugurato nel 1972, ha rappresentato – dice – una tappa fondamentale “nella civiltà del costruire, nella innovazione tecnologica e nella ricerca espressiva dei nuovi materiali”. E continua: “Al di là dei motivi familiari, ciò che sento dolorosa è la privazione che verrebbe inferta alla città, alla cultura pugliese che non riesce a tutelare il patrimonio realizzato nel Novecento. […[ Nel Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi appare la clinica Villa Bianca, opera di Onofrio Mangini ormai demolita e sostituita da un palazzo residenziale, e mi sconcerta e sconvolge l’idea che domani possa apparire in quella sezione il Palazzo della Gazzetta, ma solo attraverso foto d’epoca, quale traccia della rimozione del Novecento in una città che ha rinnegato i suoi poeti. A cosa è servito dedicare premi e convegni all’architetto Mangini se poi si demoliscono i suoi capolavori?”

Tra le schede pugliesi fuori Bari, ci sono anche quelle di Monopoli, che conta ben 11 edifici di interesse culturale (Cinema Teatro Radar e Hotel Savoia, Residenza Giannoccaro, Cinema Vittoria, Hotel Lido Torre Egnazia, Abitazione Monofamiliare, Hotel Villaggio Torre Cintola, Sacro Cuore, Cala Corvino, Chiesa Di Sant’anna, Casa Caramanna, Casa Contento).

Ospedali, cimiteri, hotel, abitazioni, strutture sanitarie… il corpus architettonico del Censimento è ricco e variegato. Quello che propone, è una riflessione generale sullo stato del patrimonio architettonico contemporaneo, per accrescere la consapevolezza del suo interesse e favorirne la salvaguardia, con riferimento anche al recupero delle periferie e alla rigenerazione urbana.

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