Oggi più di ieri, per superare la fase di crisi economica, da parte del mondo imprenditoriale viene la richiesta di contenere i troppi vincoli burocratici, individuando i processi di semplificazione amministrativa e autorizzativa, che molto spesso contrastano con le esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio. E questa richiesta diventa addirittura ineliminabile se fatta da un settore tra i più significativi dell’economia pugliese, come quello dell’attività estrattiva. Di questi argomenti si discuterà il prossimo 30 aprile a Lecce durante il convegno “L’attività estrattiva: tra sviluppo economico e tutela del territorio” , organizzato dalla Sigea Sezione Puglia L’iniziativa organizzata nell’ambito del ciclo «Incontri di primavera: ripartire dalla cultura geologica» si terra presso le Manifatture Knos in via Vecchia Frigole, 36.
In Puglia le attività legate direttamente e indirettamente all’estrazione e alla lavorazione delle rocce e terre, utilizzate come materiale inerte, materiale da costruzione o pietre ornamentali, rappresentano un settore che alla fine del 2010 contava 437 cave autorizzate, con 45 cave con autorizzazione sospesa temporaneamente, una superficie occupata dalle cave di oltre 38 Kmq e 13 milioni di metri cubi di materiale estratto (Fonte: Rapporto sullo stato dell’attività estrattiva in Puglia, 2010); nella regione (quarta in Italia dopo Lombardia, Toscana e Lazio per quantità di materiale estratto) il settore estrattivo ha un ruolo importante per entità di fatturato dell’imprenditoria media e piccola. Il Consiglio Regionale pugliese già da mesi avrebbe dovuto affrontare il riordino dell’attività estrattiva discutendo il disegno di legge N.06/2011 dell’8 marzo 2011 “Nuovo riordino generale in materia di attività estrattiva” che avrebbe dovuto abrogare la L. R. n. 37/1985, in vigore da 28 anni; ma ciò non è accaduto, e questo malgrado da più parti si rilevi la necessità di un ammodernamento del quadro normativo nazionale e regionale. Basti solo pensare che è ancora in vigore l’Editto sulle cave di marmo di Massa e Carrara promulgato da Maria Teresa nel 1751.
Che questo settore sia in fermento lo dimostrano i tanti dibattiti e incontri sull’argomento, non ultimo quello organizzato a Lecce da Sigea Puglia e, tra i più recenti, il convegno “Il settore estrattivo in Italia analisi e valutazione delle strategie competitive per lo sviluppo sostenibile”, dello scorso 9 aprile a Milano organizzato dal Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio (CRIET); in questa occasione sono stati presentati i risultati di una ricerca tesa a tracciare un quadro organico del settore delle attività estrattive non energetiche in Italia, tra cui rientrano le estrazioni di minerali metalliferi e le altre attività di estrazione di minerali da cave e miniere. I dati disponibili evidenziano il peso rilevante dell’industria estrattiva italiana per l’economia nazionale, che genera un volume d’affari annuo pari a 4 miliardi di euro diretti e arriva fino a 40 miliardi se si prende in considerazione l’intera filiera di settore. Ma altri fattori entrano in gioco a disegnare un panorama variegato: tra questi, la forte componente territoriale delle miniere e cave, che spesso genera uno stato di conflitto e problemi di accettabilità da parte della popolazione locale.
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