
«L’introduzione della Classificazione sismica degli edifici dovrebbe determinare anche una fetta del valore economico dell’edificio alla stessa stregua della classificazione energetica». Ne è convinto Guido Magenes, professore ordinario del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Pavia ed esperto di progetto e analisi delle costruzioni in zona sismica. Questa l’intervista al prof. Magenes rilasciata a Wienerberger, leader mondiale nella produzione di laterizi.
Professor Magenes, fondamentale sarà l’entrata in vigore, al più tardi entro il 28 febbraio 2017, della cosiddetta Classificazione sismica degli edifici: ci può spiegare in cosa consisterà?
«Con questo sistema si utilizzerà un modello simile a quello usato per la certificazione energetica: sei livelli, dalla A alla F, che consentiranno di dire quanto un edificio è in grado di resistere alle sollecitazioni di un terremoto. Ci ha lavorato una commissione presieduta dal provveditore alle Opere pubbliche di Lombardia ed Emilia Romagna, Pietro Bartono. Tramite la classificazione saranno modulate le detrazioni fiscali del nuovo “sismabonus” e, soprattutto, saranno individuate quelle situazioni nelle quali è prioritario intervenire».

Che ne pensa?
«Ritengo che sia un passo avanti soprattutto per quel che riguarda il problema di come ridurre il rischio sismico delle nostre case. Il problema interessa due ambiti diversi: il pubblico e il privato. Per il pubblico è evidente che la riduzione del rischio è legato alle risorse dedicate, che devono essere allocate in modo saggio, seguendo criteri di priorità definiti con attenzione. Questo processo è stato avviato già a seguito del terremoto del Molise del 2002 e sta tuttora procedendo, ma secondo me un po’ troppo lentamente ».
E per il privato?
«Per quanto riguarda il privato, sono due i problemi fondamentali: il primo è la percezione del rischio sismico da parte delle persone, altissima quando avviene un terremoto, ma poi presto svanita. Il secondo è di natura economica: prima ancora di parlare di spese di intervento, bisogna considerare che ci sono da dedicare risorse per far valutare il proprio edificio, un’operazione che non è a costo zero; una volta ottenuto l’esito c’è l’impatto della valutazione stessa sul valore dell’immobile e sul proprietario in termini di investimento per adeguamento/miglioramento. Personalmente ritengo che finché il livello di sicurezza strutturale/sismica di un edificio non avrà un impatto concreto e visibile sul valore del bene dell’immobile è abbastanza improbabile che un privato cittadino decida di spendere dei soldi per fare un adeguamento sismico».
Secondo lei allora quale può essere la soluzione?
«Esattamente come accade per l’adeguamento energetico, che assegna una quotazione economica più elevata a un immobile in classe A rispetto a uno in classe B o C, così anche la classificazione sismica dovrebbe accrescere maggiormente il valore dell’immobile. Solo così, a mio avviso possiamo pensare a una svolta significativa nella direzione dell’adeguamento sismico, nel volgere di qualche decina di anni. Lo Stato può e deve prevedere incentivi e defiscalizzazioni, ma non può prendersi completamente carico della messa in sicurezza di tutte le nostre abitazioni. Devono essere anche i privati a occuparsene in modo consapevole nel momento in cui hanno le risorse per un investimento sulla casa, sapendo che un investimento in sicurezza porta anche a un maggior valore del proprio immobile».
(2.fine. Per leggere la prima parte dell’intervista clicca qui)