
“La direttiva case green rischia di danneggiare l’Italia”.
La premier Giorgia Meloni boccia la proposta della Commissione Europea sulle nuove linee guida per l’efficientamento energetico degli edifici, dopo il primo via libera dall’Europarlamento. “Non siamo pericolosi negazionisti climatici, ma serve un approccio pragmatico. La decisione dell’Unione Europea è irragionevole, serve gradualità”.
Anche per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto “la direttiva sulle Case Green approvata in Parlamento europeo è insoddisfacente per l’Italia”. Lo dice dopo l’approvazione di una proposta di legge per aumentare il tasso di ristrutturazioni e ridurre il consumo energetico e le emissioni nel settore edilizio con l’obiettivo di raggiungere un parco edifici a emissioni zero entro il 2050.
I numeri-chiave della riforma edilizia europea
La direttiva prevede la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali. L’obiettivo è agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali su un totale di 12 milioni (dati Istat).
I Paesi Ue stabiliranno le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione. Regimi di sostegno potranno facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti.
Il 2030 è il termine entro cui le case private dovranno raggiungere la classe E (classe D entro il 2033). Gli edifici in classe G saranno i primi da riqualificare: in Italia sono 1,8 milioni, pari al 15% del totale. 22% è la quota di patrimonio edilizio residenziale che il governo potrà “esentare” dai lavori
Il Parlamento europeo: primo via libera contro le case energivore
Il Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha approvato la direttiva proposta dalla Commissione Europea per l’efficienza energetica degli edifici. I voti favorevoli sono stati 343, i contrari 216 e gli astenuti 78.
Il relatore Ciarán Cuffe (Verdi/ALE, IE) ha dichiarato: “L’impennata dei prezzi dell’energia ha riportato l’attenzione sull’efficienza energetica e sulle misure di risparmio energetico. Migliorare le prestazioni degli edifici europei abbasserà le bollette e la nostra dipendenza dalle importazioni di energia. Vogliamo che la direttiva riduca la povertà energetica e le emissioni, e garantisca migliori ambienti interni per la salute delle persone. Si tratta di una strategia di crescita per l’Europa, che creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro locali e di buona qualità nell’edilizia, nelle ristrutturazioni e nelle energie rinnovabili, migliorando il benessere di milioni di persone che vivono in Europa.”

Secondo i sostenitori si tratta di un piano fondamentale per garantire sostenibilità, maggiore efficienza energetica, risparmi economici e minore inquinamento.
Il 15 dicembre 2021 la Commissione ha approvato una proposta legislativa di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, che fa parte del pacchetto “Pronti per il 55%“. Con la nuova normativa europea sul clima del luglio 2021 entrambi gli obiettivi per il 2030 e il 2050 sono diventati vincolanti a livello europeo.
Il via libera sulle case green è certo determinante ma non corrisponde all’entrata in vigore del provvedimento della Commissione. Il testo sarà oggetto del negoziato finale tra Consiglio Ue e esecutivo europeo prima di tornare in Plenaria. Manca ancora il processo del Trilogo, cioè la fase di negoziati tra istituzioni europee che porterà al testo definitivo. “Abbiamo visto che vince la ristrutturazione con forza, degli edifici. Ora rinvio in testo in Commissione per i negoziati istituzionali”, ha annunciato in Aula il relatore (membro dei Greens) Ciarán Cuffe.
L’entrata in vigore della direttiva non è al momento scontata. Potrebbe ripetersi lo scenario dello stop alle auto a benzina e diesel dal 2035: il testo, dopo due i due via libera dell’Europarlamento, pur necessitando solo della ratifica dei 27 prima dell’entrata in vigore, si è scontrato con il voto contrario di una minoranza (compresa l’Italia) che ha fermato l’iter.
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La direttiva di Strasburgo: obiettivo ’emissioni zero’
Secondo la Commissione europea, gli edifici dell’Ue sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra.
L’obiettivo della direttiva è di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati dai diversi paesi membri nella classe energetica più bassa, la G. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat).
- RIDUZIONE DELLE EMISSIONI
Tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici per cui sarà tecnicamente ed economicamente possibile dovranno dotarsi di tecnologie solari entro il 2028, mentre per gli edifici residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti la data limite è il 2032.
Gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
La classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
Gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell’impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio.
- SOSTEGNO CONTRO LA POVERTA’ ENERGETICA
I piani nazionali di ristrutturazione dovranno prevedere regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi. I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde, in particolare nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori, e sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili.
- DEROGHE
La nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi Ue avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Il ministro dell’Ambiente: irraggiungibile

“Non mettiamo in discussione – spiega Pichetto Fratin – gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali.
Manca però in questo testo una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane. Individuare una quota di patrimonio edilizio esentabile per motivi di fattibilità economica è stato un passo doveroso e necessario, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese.
Nessuno – chiarisce il ministro – chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato. Forti anche della mozione approvata dal nostro Parlamento agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”.
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Enea: il 60% delle case italiane in classe G e F
Il Focus sull’efficienza energetica nel settore immobiliare, realizzato da 10 anni in collaborazione con Enea e I-Com evidenzia che il 70% degli immobili nuovi sono nelle prime due classi energetiche (A e B), così come si è rilevato un +10% rispetto al 2021 di immobili ristrutturati nelle migliori classi energetiche.
Inoltre, il 56% del campione di circa 600 agenti immobiliari intervistati ritiene che nell’acquisto di un immobile ci sia la giusta consapevolezza dell’importanza dell’efficienza energetica, mentre il 58% ritiene che l’Ape(Attestato di prestazione energetica) aiuti a orientare le scelte degli utenti verso immobili di migliore qualità energetica. Infine, per il 57% degli intervistati lo strumento del Superbonus 110% ha decisamente avuto un’influenza rilevante per la dinamicità virtuosa del mercato immobiliare.
Secondo i dati di Enea, sarebbero circa il 60% del totale le case degli italiani che ricadono nelle classi energetiche G e F, le due più basse. Una percentuale che scende al 17% in Francia e addirittura al 6% in Germania. È evidente, dunque, come il provvedimento sia destinato ad avere un impatto non indifferente sul nostro Paese.
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Ance: 630 anni solo per la classe E
“La direttiva europea è un’operazione politica necessaria per raggiungere un obiettivo, la neutralità climatica al 2050, che noi condividiamo. Ma il provvedimento va calato nella realtà italiana, che è molto diversa dal resto d’Europa” ha detto Federica Brancaccio, presidente di Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili.

Secondo le previsioni di Ance, per le riqualificazioni fino al 2033 comporterebbero oltre 200.000 interventi. In altre parole, gli obiettivi sarebbero irraggiungibili in Italia: le stime prevedono 630 anni solo per raggiungere la classe E per tutte le case, mentre addirittura 3.800 per la D. Realizzare gli interventi interesserebbe il 74% delle abitazioni italiane, cioè 11 milioni sarebbero in classe energetica inferiore alla D.
Per capire la dimensione della sfida, Ance ricorda che con il superbonus 110% sono stati realizzati poco meno di 100.000 interventi nel 2021 e 260.000 nel 2022. Se la Direttiva passasse si dovrebbe tenere lo stesso ritmo operativo sperimentato nell’ultimo anno ma con le difficoltà già riscontrate finora ma la già difficile corsa in termini di materie prime sarebbe ostacolata dalla concorrenza europea.
Prima del Superbonus, gli interventi su interi edifici (come richiederebbe l’Europa) avevano numeri irrisori: 2.900 in media all’anno, tra il 2018 e il 2020.
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Confedilizia: scelte pericolosa per il Paese
“Da oggi ha inizio una fase di negoziazione che vedrà protagonisti anche i governi dei Paesi dell’Unione”. Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, commentando il via libera europeo dice: “In questo contesto si inserisce l’approvazione da parte della Camera dei deputati, di una mozione di maggioranza che ha impegnato il governo italiano ‘ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee al fine di scongiurare l’introduzione di una disciplina’ giudicata – a ragione – pericolosa per il nostro Paese. Chiediamo al presidente del Consiglio di impegnarsi in prima persona per il raggiungimento di questo obiettivo”.
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Fiaip: rischio svalutazione degli immobili

“Cresce il desiderio degli Italiani di possedere una casa più efficientata energeticamente e più consolidata sismicamente così come cresce la consapevolezza dell’importanza di acquistare un immobile meno energivoro confermando il graduale, seppur lento, processo di transizione immobiliare green agevolato in maniera decisiva dagli incentivi fiscali e dai rincari energetici”.
Ma dice – dice Gian Battista Baccarini, presidente Nazionale Fiaip (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali) questo “processo virtuoso rischia di essere fortemente rallentato sia dalla repentina eliminazione dello sconto in fattura, misura che riteniamo debba essere riconvertita gradualmente, che, ancor più, dall’attuale formulazione della Direttiva Energetica Ue che, se non sarà corretta, determinerà effetti devastanti sul mercato immobiliare e quindi sull’economia del nostro Paese, svalutando gran parte degli immobili con conseguente impoverimento delle famiglie italiane e indebolimento della più importante e strategica garanzia del debito pubblico nazionale, appunto il valore della proprietà immobiliare diffusa”.
Per Franco D’Amore, vicepresidente I-Com, Istituto per la Competitività: “Tutto questo richiederà una nuova prospettiva nella quale l’efficienza energetica degli immobili dovrà essere vista come un investimento per accrescere il valore delle proprietà e conservare, attraverso la riduzione delle spese energetiche, il proprio potere d’acquisto. Questo processo va evidentemente accompagnato e supportato per evitare di creare distorsioni e ampliare il divario sociale tra cittadini. L’ingenza delle risorse necessarie richiederà la messa a punto di strumenti di natura finanziaria che consentano di attivare un ciclo virtuoso di investimenti che potranno ripagarsi nel tempo con i risparmi ottenuti, superando così la logica dell’incentivo che, alla lunga, non è più sostenibile”.
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Sima: ‘La Direttiva europea è una mega patrimoniale sulle famiglie’
La direttiva del Parlamento Europeo sulle case green “determinerà il caos sia in Italia che negli altri paesi Ue, introducendo una mega-patrimoniale sulle famiglie e portando ad una velocissima svalutazione degli immobili, senza però apportare gli sperati benefici sul fronte ambientale ed energetico”. Lo affermano gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che lanciano l’allarme sulle conseguenze della misura.
“Sarà materialmente impossibile intervenire nei tempi stabiliti su 1,8 milioni di abitazioni interessate in via prioritaria dalla direttiva europea – spiega il presidente di Sima Alessandro Miani – Questo perché mancano del tutto sia le materie prime, sia la forza lavoro necessaria per intervenire sugli edifici italiani. C’è poi la questione dei costi cui andranno incontro i proprietari per riqualificare le abitazioni: se col Superbonus a fronte di una spesa di 110 miliardi di euro a carico dello Stato sono stati finanziati interventi su 360mila edifici, quanto costerà riqualificare 1,8 milioni di case entro i prossimi 10 anni?”.
“Siamo da sempre favorevoli a interventi per abbattere i consumi energetici e le emissioni inquinanti prodotte dalle abitazioni private, ma imporre per legge una riqualificazione del parco immobiliare in tempi così stretti non appare la soluzione giusta – prosegue Miani – Il comparto “residenziale” è responsabile da solo del 64% della quantità di PM2,5 prodotta e liberata in atmosfera, e del 53% di PM10. In tal senso occorre intervenire prima di tutto sui comportamenti dei cittadini all’interno delle case, perché basterebbe una riduzione dei consumi energetici per tagliare in modo sensibile le emissioni di polveri sottili nell’aria influendo in modo positivo sull’ambiente”.
In base alle elaborazioni Sima, infatti, un calo di 1° C negli impianti di riscaldamento di edifici pubblici e abitazioni private consentirebbe un risparmio di circa il 7% sulle emissioni di CO2, pari a -2 milioni di tonnellate immesse in atmosfera.