
Multe fino a 60.000 euro per il testo di Lollobrigida approvato in Senato e ora alla Camera. WWF
Carne coltivata sì, no, forse. Il ddl per vietare la produzione e la vendita di “alimenti e mangimi sintetici”, promosso dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, è stato approvato ieri alla Camera con 159 voti a favore, 53 contrari, 34 astenuti, dopo l’approvazione in Senato. Ma c’è il rischio infrazione Ue, perciò è ancora tutto da vedere. La maggioranza, in ogni caso, tira dritto su quella che Fratelli d’Italia chiama “una battaglia di civiltà”, ma che suscita perplessità e critiche dal mondo scientifico e ambientalista e che ha provocato uieri snche una spiacevole rissa tra il presidente di Coldiretti Prandini e l’onorevole Della Vedova di + Italia.
Con 93 voti a favore, 28 contrari e 33 astenuti, nel mese di luglio Palazzo Madama ha dato il via libera al testo che, in 7 punti, vuole imporre il divieto di chiamare ‘carne’ tutti i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali, così come il divieto di utilizzo di terminologie, dalla bresaola alla bistecca, specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria. Le sanzioni, per chi non rispetta la norma, andrebbero da 10mila a 60mila euro. Il provvedimento vuole “tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo valore culturale, socio-economico e ambientale, assicurando al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini-consumatori”. Durissima la posizione del WWF, che di cui riportiamo la nota.
WWF: approvata legge inutile, ideologica e dannosa
“Oggi il Parlamento, licenziando la legge sulla carne colturale, ha approvato una legge inutile, ideologica e dannosa.
Inutile perché ad oggi la carne colturale non può essere commercializzata in Italia, ma nel momento in cui l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ne dovesse autorizzare il consumo, non sarebbe comunque possibile vietarne la vendita neppure in Italia dal momento che a quel punto il nostro Paese non potrebbe opporsi alla sua importazione e distribuzione. Il Governo richiamando il sacrosanto principio di precauzione, che, invece, dimentica quando si parla di glifosato, vieta una cosa che in realtà ancora non esiste!
Ideologica perché il Governo ha ritenuto di doversi adeguare alle richieste di Coldiretti – ormai il vero ministero dell’agricoltura italiano – e non seguire invece le indicazioni del mondo scientifico e degli organismi internazionali come l’OMS o la FAOsecondo i quali la ricerca sulla carne colturale è uno degli ambiti su cui necessario investire per avere, in futuro, proteine non ricavate da allevamenti intensivi.
Dannosa perché danneggia un intero settore, marginalizza la ricerca italiana, colpisce la possibilità di avere una produzione nazionale.
Il WWF Italia ribadisce quanto già esposto durante le audizioni alla Camera e al Senato: molto più seriamente il Governo dovrebbe impegnarsi a ridurre gli impatti dell’attuale agroindustria fatta di allevamenti intensivi e agricoltura basata sui pesticidi (quelli sì, già accertati), lasciando invece aperta, pur studiandone attentamente tutti i possibili impatti, la possibilità di una produzione di proteine animali sane e a basso impatto sull’ambiente e sul benessere animale.
In conclusione, il legislatore oggi ha scelto di promulgare una legge elettorale e il deprimente show di cui si è reso protagonista il Presidente di Coldiretti con la sua claque davanti al Parlamento ne è la prova più evidente.
Qual è la posizione di Bruxelles?

Stando a quanto riporta la Commissione Europea, il governo ha notificato il ddl a Bruxelles sette giorni dopo il primo via libera al Senato, salvo poi fare marcia indietro ritirando la notifica, nell’attesa, forse, del passaggio definitivo alla Camera. Di fatto, il testo entra in contrasto con due normative europee: quella sulla concorrenza e quella del via libera alla carne coltivata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Lo spiega meglio Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica: ““Il Governo ha compiuto un vero e proprio pasticcio istituzionale su questo provvedimento – scrive in una nota -. L’Italia ha inviato, e pochi mesi dopo ritirato, la notifica che ogni Paese Ue è chiamato a condividere in via preventiva con Bruxelles quando vengono approvate leggi che ostacolano la libera circolazione delle merci. E lo ha fatto giustificandosi con la possibilità di una modifica della legge. Eppure di modifiche nel testo in votazione alla Camera non c’è traccia: tutto lascia intendere che il Governo, consapevole della bocciatura al disegno di legge che sarebbe arrivata dall’UE, abbia cercato di bypassare il controllo preventivo sul provvedimento, ritirando la notifica”.
“Del resto – conclude – l’unico effetto concreto di questo provvedimento è che se l’Unione Europea approvasse la commercializzazione di carne coltivata, con il mercato unico il divieto italiano non impedirebbe ad altri paesi UE di esportarla da noi. A pagarne il prezzo saranno soprattutto le imprese italiane, costrette a rinunciare alla produzione e scoraggiate a investire nella ricerca. Complimenti ai difensori del made in Italy!”. Nei mesi scorsi l’Associazione ha depositato una petizione formale per chiedere al Parlamento di sospendere ogni decisione in materia, in attesa di informazioni affidabili basate sul metodo scientifico. Nella petizione si legge: “La carne coltivata, che rientra in questa tipologia di alimenti, porterebbe benefici oggettivi sull’abbattimento della sofferenza animale, e secondo la letteratura scientifica, avrà un’impronta ambientale di gran lunga inferiore (forse fino al 90% in meno) rispetto alle carni convenzionali”.
Come il consumo di carne impatta sull’ambiente
Anche l’associazione per i diritti degli animali Essere Animali esprime “profonda preoccupazione per una decisione che rappresenta un freno alla possibilità di sviluppare e commercializzare un prodotto che non proviene dagli allevamenti intensivi, non richiede l’uso di antibiotici e altri farmaci, né produce tonnellate di deiezioni estremamente inquinanti. Tutte problematiche che invece sono legate al settore zootecnico, che con questo ddl viene apertamente favorito a scapito di altre produzioni come quello delle proteine a base vegetale (con l’introduzione del divieto per l’uso di termini come “burger” e similari) e a base di carne coltivata”.

Al di là della politica, c’è un altro dato da non sottovalutare: secondo una ricerca di Good Food Institute Europe, più di un italiano su due ha ridotto il consumo di carne negli ultimi cinque anni e il 50% ha adottato opzioni a base vegetale. Il 42% dichiara di aver ridotto o interrotto il consumo di carne rossa negli ultimi cinque anni per motivi di salute (35%) o legati alla salvaguardia ambientale (30%). Inoltre, sono molti coloro che stanno adottando soluzioni alternative: un intervistato su due, infatti, dichiara di mangiare almeno una volta al mese carne di origine vegetale e il 23% degli intervistati italiani prevede di aumentarne il consumo nei prossimi anni. Sono state anche raccolte le opinioni dei consumatori in merito alla carne coltivata, che sta iniziando ad emergere in Italia, con il 63% dei consumatori che dichiara di conoscerla e il 55% che si dice disposto ad acquistarla.
Rischio greenwashing?
Cresce quindi la consapevolezza sull’impatto ambientale degli allevamenti intensivi. E allora, perché mancano soluzioni concrete? Lo studio Social intelligence for climate action mostra come l’ostacolo principale sia dovuto allo scetticismo dei consumatori generato dal greenwashing. L’analisi ha preso in considerazione i contenuti pubblicati in inglese da privati e aziende sui social media (Twitter, Facebook, Instagram, YouTube, TikTok) tra febbraio e ottobre 2022, che rappresentano più di 330 milioni di attori, 14 milioni di documenti (post e commenti) e 480 milioni di espressioni di engagement (“mi piace”, emoji ecc.). Poiché l’impatto reale di questi progressi è spesso difficile da cogliere, un’eccessiva comunicazione positiva e opportunistica, a volte in contraddizione con le analisi degli esperti crea una dissonanza che genera sfiducia e scoraggia l’azione. Da qui l’ansia – soprattutto nei giovani – derivante dalla mancanza di informazioni affidabili e pertinenti che guidino le azioni per il clima. I consumatori inoltre ritengono che l’effetto colibrì delle azioni individuali non sia più sufficiente di fronte alla portata dell’urgenza climatica odierna e che le imprese, percepite come responsabili di una parte del problema, abbiano più capacità di avere un impatto più rapido e su larga scala.
L’esempio delle star
Contro lo scetticismo e l’ansia possono giocare un ruolo anche le personalità più note. Leonardo Di Caprio, ad esempio, ha investito nel 2021 in due aziende del food tech – Mosa Meat e Aleph Farms – per promuovere lo sviluppo della carne bovina coltivata sostenibile, con l’obiettivo di combattere la crisi climatica trasformando il sistema alimentare. Con il consumo globale di carne previsto in crescita del 40-70% entro il 2050, la carne coltivata offre una soluzione per ridurre notevolmente gli impatti negativi della produzione industriale di carne bovina. Inoltre, la carne coltivata consentirà a chi voglia continuare a mangiare carne, di farlo eliminando la necessità di qualsiasi cambiamento comportamentale di rilievo. Gli analisti hanno previsto che il mercato della carne coltivata potrebbe raggiungere i 25 miliardi di dollari entro il 2030, come parte della più ampia trasformazione delle proteine.