Capodogli e delfini spiaggiati uccisi dalla plastica, è allarme in mare

Capodogli e delfini. Ma non solo. Nel mare sempre più cetacei muoiono e all’interno vengono ritrovati frammenti di plastica. E il WWF rilancia la sua petizione online.

Lo spiaggiamento a Cefalù di un capodoglio di 7 anni con lo stomaco pieno di plastica e il caso della femmina di capodoglio gravida spiaggiata a fine marzo a Porto Cervo con ben 22 chili di plastica nello stomaco. E ancora, il ritrovamento di un capodoglio avvenuto a Marina di Alberese, nelle acque toscane del Santuario dei cetacei. Luogo che dovrebbe essere una casa sicura per balene, capodogli e delfini, ma lo è solo sulla carta. Sono solo gli ultimi casi di un fenomeno sempre più (tristemente) diffuso: dai delfini ai capodogli, i cetacei vengono ritrovati morti e con grandi quantità di plastica al proprio interno.

Capodogli, delfini, plastica: i numeri e l’allarme

Plastica negli oceani
Il capodoglio rinvenuto lungo la costa del parco nazionale di Wakatobi. Fonte: WWF Indonesia

Un fenomeno che è stato oggetto di uno studio dei ricercatori del dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università degli Studi di Padova. Un dossier presentato in occasione della presentazione del tour “Mayday Sos Plastica” di Greenpeace e The Blue Dream Project. In Italia – evidenziano i dati – si spiaggiano in media 150-160 cetacei l’anno. Per un 30% dei soggetti, le cause di morte sono direttamente legate ad attività antropiche, prime tra tutte il traffico marittimo e la pesca. In aumento, però, le evidenze della contaminazione da plastica: negli ultimi 10 anni nel 33% dei capodogli spiaggiati sono stati ritrovati frammenti di plastica nello stomaco. Il 4% era avvolto da resti di reti abbandonate.

Capodogli spiaggiati: il ruolo della plastica

Circa 8,3 miliardi di tonnellate di plastica sono state prodotte a partire dagli anni ‘50. Ma – secondo i dati diffusi da Greenpeace – solo il 9% di tutta la plastica prodotta a livello mondiale a partire dagli anni ‘50 è stata correttamente riciclata, il 12% è stata bruciata negli inceneritori e il 79% è finita nelle discariche o nell’ambiente. Ogni anno fino a 12,7 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari del Pianeta. Ogni minuto l’equivalente di un camion pieno di plastica finisce nei mari del Pianeta. Alcune stime dicono che ci sono cinquemila miliardi di pezzi di plastica nei nostri oceani, abbastanza per circondare 400 volte la Terra.

Capodogli spiaggiati: le analisi del fenomeno

Dalle analisi condotte dal Cnr e dall’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con Greenpeace nel 2017, circa il 25-30% di organismi marini analizzati aveva ingerito microplastiche, incluse specie di pesci destinate al consumo umano come merluzzo, sgombro, acciuga, triglie, gamberi e cozze.

L’impatto della contaminazione da plastica è stato già accertato in 700 specie marine: 9 uccelli marini su 10, 1 tartaruga marina su 3 e più della metà delle specie di balene e delfini ingeriscono plastica. Nell’Artico canadese, l’87% degli uccelli ha ingerito plastica di qualche tipo. I crostacei trovati nel punto più profondo dell’oceano, la Fossa delle Marianne, avevano ingerito plastica. Sempre nella Fossa delle Marianne (circa 11 km di profondità) è stato trovato il sacchetto di plastica più profondo del Pianeta.

Greenpeace diffonde oggi le immagini raccolte dai ricercatori del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione (BCA) dell’Università degli Studi di Padova durante le necroscopie degli ultimi due capodogli spiaggiati in Sicilia.

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Gli oggetti ritrovati nella pancia di delfini e capodogli

Capodogli spiaggiati, allarme Greenpeace

Un allarme che si amplifica esaminando i cetacei spiaggiati. In un esemplare di capodoglio nei pressi di Palermo, sono stati ritrovati un pezzo di appendiabiti e un pezzo di plastica dura. Molta plastica era stata invece trovata in un capodoglio spiaggiato qualche giorno fa nei pressi di Cefalù.

Ulteriori controlli sono in corso per scoprire cosa ha portato alla morte del delfino, rinvenuto nella terza spiaggia di Golfo Aranci. Appena qualche settimana fa, a Porto Cervo, era stato ritrovato un capodoglio ucciso da 22 kg di plastica ingeriti.

La spedizione e il monitoraggio delle specie a rischio

Nel Mediterraneo si stima siano rimasti meno di 2500 individui maturi di capodoglio, una sottopopolazione separata da quella oceanica. Se si considera che i capodogli hanno lunghi periodi di gestazione e raggiungono la maturità sessuale tra i 7 e i 13 anni nel caso delle femmine, e tra i 18 e i 21 anni nel caso dei maschi, la perdita di esemplari così giovani, che ancora non hanno avuto la possibilità di riprodursi, è davvero una perdita enorme per la conservazione di questa specie.

Proprio per questo, Greenpeace insieme a The Blue Dream Project è impegnata in una spedizione di ricerca, monitoraggio e documentazione sullo stato dei nostri mari, durante la quale si analizzerà in particolare la quantità di microplastiche presenti nel Mar Tirreno centrale.

La petizione del WWF

Ma non è solo la plastica a uccidere i giganti del mare: ci sono anche le collisioni con le imbarcazioni come navi da pesca, navi passeggeri, navi merci, ma anche imbarcazioni utilizzate per gare sportive e per il whale watching. I cetacei, infatti, vengono investiti e uccisi in gran numero lungo le rotte di navigazione sempre più sfruttate per il commercio e per il trasporto di passeggeri all’interno dell’area marina. Uno studio pubblicato nel 2017 da WWF Mediterranean Marine Initiative, riporta che ogni anno nel Mediterraneo muoiono fino a 40 balenottere comuni a causa delle collisioni.

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Da qui, il proposito del WWF: realizzare misure di conservazione e protezione efficaci, fra cui una più attenta gestione del traffico marino e la riduzione della dispersione di plastica nel mare. E con un petizione online, il WWF chiede che venga al più presto definito un accordo globale che liberi entro il 2030 la natura dalla plastica usa e getta.

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