Brindisi, eolico sì, eolico no…

Foto di David Will da Pixabay

Alcuni sono favorevoli, altri sono contrari. La Politica è in disaccordo anche sulle necessità energetiche e ambientali. Ma la scelta più sostenibile è necessaria per il bene di tutti

 

Pareri discordanti tra politica, amministratori, cittadini e associazioni ambientaliste in merito alla possibile realizzazione al largo di Brindisi di un impianto eolico offshore autogalleggiante di 1200 MW, composto da 100 aerogeneratori, delle società Falck Renewables e Blu Float Energy. L’impianto produrrà 3.500 GW/anno che corrisponde al consumo di circa 1 milione di utenze domestiche italiane. Con questa energia green si eviterà l’emissione di 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

La possibilità di costruire un parco eolico nel mare brindisino non è nuova. già circa 30 anni fa, la società italiana Riva Calzoni propose la costruzione di un impianto eolico nell’area immediatamente a sud del petrolchimico, nota per la realizzazione della discarica Micorosa, ma intoppi burocratici bloccarono l’opera.

Ora, il ritorno di questa possibilità, si scontra con la coscienza ambientalista e le necessità energetiche, economiche e lavorative, creando anche dei paradossi necessari per comprendere la portata del progetto e le sue finalità.

Secondo Legambiente «Ci sono alcune condizioni irrinunciabili per sostenere questa scelta – dichiarano Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Ruggero Ronzulli, presidente regionale e Doretto Marinazzo, presidente del circolo di Brindisi – L’impianto, unitamente a quelli di produzione di energia elettrica ed idrogeno da moto ondoso, solare termodinamico e fotovoltaico (che potrebbe raggiungere i 300 MW in area SIN), deve essere alternativo rispetto alla centrale termoelettrica di Cerano. Quest’ultima dovrebbe essere smantellata, sottoponendo l’area a bonifica e riqualificazione all’interno di un piano di investimenti che riguardi la componentistica e l’assemblaggio delle opere dello stesso impianto e la filiera dell’accumulo e dell’idrogeno connessa agli impianti da fonti rinnovabili a terra citati. La seconda condizione è che si realizzi uno scrupoloso studio di fattibilità che analizzi la portata possibile e sostenibile dall’ecosistema marino dell’impianto, il superamento delle criticità inerenti la navigazione e la conduzione a terra dell’energia prodotta attraversando le praterie di poseidonia e, a quel che risulta, il SIC mare antistante l’area attualmente occupata dalla centrale ENEL per connettersi all’elettrodotto. È essenziale ovviamente la fase di scoping prevista dalle imprese, da tradurre in una costruttiva consultazione sulla fattibilità del progetto, ben prima che si giunga a sottoporlo a procedura di Valutazione di Impatto ambientale presso il Ministero della Transizione Ecologica».

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Fabiano Amati

Sulla stessa linea il Presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione Fabiano Amati, che commenta: «Tutti parliamo di transizione ecologica, di verde e di idrogeno, senza però mettere in conto che per realizzarla c’è bisogno di incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Di qui deriva anche il clamoroso ritardo nelle autorizzazioni su centinaia di programmi energetici, come se le nozze potessero farsi con i fichi secchi. Se a Brindisi cominciassimo a camminare sulla concretezza, senza farsi accecare dai fumi delle ideologie, dei pregiudizi e del contrasto alla prova scientifica, scopriremmo un mondo che ci attende con la gran voglia di utilizzare a fini innovativi e produttivi il grande potenziale delle infrastrutture che abbiamo e della posizione geografica di cui godiamo».

Paolo Pagliaro_foto Regione Puglia
Paolo Pagliaro

Di parere opposto il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo La Puglia Domani, che parla di ecomostro. «La battaglia, ora, si sposta in mare. All’esercito di torri eoliche e pannelli fotovoltaici che assedia le campagne del Salento, si aggiungono i mega impianti off-shore per lo sfruttamento del vento a fini energetici che minacciano le acque dell’Adriatico a poche miglia dalla costa salentina. Siamo sotto assedio, ed è il basso Adriatico l’ulteriore fronte di conquista dei giganti delle rinnovabili. Abbiamo già alzato le barricate contro le ricerche di idrocarburi in mare, dicendo no alle trivelle con una mozione condivisa dall’intero Consiglio regionale, ma ora è necessario fare fronte comune per rimandare al mittente i mega progetti di impianti off-shore per lo sfruttamento del vento a fini energetici. Serve un’azione immediata e compatta per respingere questo ennesimo attacco al paesaggio del Salento».

L’indotto industriale ed economico di Brindisi, e non solo, investendo nell’energia green potrebbe sviluppare nuovi percorsi lavorativi e nuove professionalità, riqualificando persino l’intero territorio, beneficiandone tutti.

Almeno questo è quanto emerge “su carta”. I reali effetti potremmo vederli solo dopo. Ecco perché bisogna fare scelte ponderate e coraggiose per il bene della collettività e dell’ambiente, ma soprattutto bisogna “guardare lontano” e comprendere l’evoluzione delle nostre scelte odierne. Sicuramente, la transizione deve avvenire immediatamente, ma per avere le risposte corrette e fare le scelte giuste è necessario porsi delle domande, ma certamente non troppe e non per troppo tempo, se vogliamo evitare l’immobilismo.

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