
Un laboratorio che realizza rigorosamente borse artigianali ricavate dai sacchi di juta provenienti dalla lavorazione del caffè. Accade a Prato, incubatore di moda sostenibile
Borse artigianali: la creatività espressa nell’arte del riciclo. La manualità di chi, le borse, le sapeva già realizzare. La voglia di sperimentare divertendosi. L’attenzione all’ambiente in un percorso di moda sostenibile. Nasce così, quasi per caso, la Perfy Bag.
Borse artigianali: storia di una borsa diversa

«La prima collezione risale al 2014. – racconta Cristina Livi, che con il compagno Alberto Padovani ha inventato le borse in questione – Alberto era dispiaciuto di dover buttare via i bellissimi sacchi provenienti dalla lavorazione del caffè, un materiale che non sapeva come riciclare». Alberto, per intenderci, è nipote di Ubaldo, titolare in terza generazione dell’antica torrefazione Padovani, il cui caffè viene venduto nella bottega di Prato da circa cento anni. «È stato lui ad avere avuto questa idea non così peregrina, visto che io avevo un minimo di esperienza nel realizzare borse. Siamo partiti timorosi e senza pretese, con una ventina di borse in tutto. Andate a ruba tra amici e conoscenti, incuriositi e divertiti dalle nostre creazioni». E sì, perché le Perfy non sono borse qualunque per tanti motivi.
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Moda sostenibile vs catena di montaggio
Intanto «sono realizzate interamente a mano, una per una tagliata con le forbici, ciascun esemplare cucito singolarmente. – continua Cristina – Si inizia prima di tutto tagliando il sacco, artigianalmente per creare tutti i vari componenti della borsa. A questo punto entra in gioco il laboratorio, dove due artigiani assemblano i tagli di juta su nostra indicazione. Per questo non sarà mai possibile lavorare le Perfy in catena di montaggio, come non sarà mai possibile affidarle ad un sistema meccanizzato».
Poi, a garantirne l’esclusività, ogni borsa artigianale è contrassegnata manualmente da un numero seriale, «le nostre clienti devono sapere che non esiste un’altra Perfy uguale alla propria».
Borse artigianali: un trattamento speciale
È stato nella seconda collezione, quella invernale, che si è prospettato un problema diverso: «La juta, di suo, ha una trama corta – spiega la Livi – quindi poco resistente. E che lasciava tracce su cappotti e giacconi. La prima collezione di borse artigianali è stata realizzata semplicemente lavando e sterilizzando i sacchi. Poi abbiamo trovato un particolare trattamento, affidato ad una ditta di Teramo, che le proteggeva. Ma non quanto l’attuale prodotto, che un chimico ha creato ad hoc solo per noi – racconta orgogliosa Cristina – Le rende resistenti e anche lucide; si stende a mano sui tagli di juta con una specie di mattarello».
Piano piano, Alberto e Cristina affinano tecniche e aguzzano ingegno. Con un occhio ai sani imperativi della moda sostenibile e senza mai dimenticare la cura del dettaglio e il prezioso regalo che rappresenta per il cliente una produzione artigianale fino in fondo.
«Abbiamo supportato l’interno delle borse, abbiamo aggiunto gli angolini di pelle sul fondo a rifinire». Le finiture delle borse sono in vera pelle, nei manici ricorre l’aggancio a forma di chicco di caffè.
La rete aiuta la moda sostenibile
«La vera svolta, per farci conoscere, è stata la Rete, Facebook in particolare. – è sempre Cristina a raccontare – un passaparola sui social ha fatto sì che siamo stati avvicinati dai singoli acquirenti ma anche dai venditori, attualmente 30 in tutto. Ma entro fine anno avremo un sito Perfy, sul quale sarà possibile effettuare e-commerce».
Nonostante non sia certo la loro attività principale, Padovani&Livi dedicano nottate e fine settimana alle loro amate creature. Hanno anche diversificato la produzione, realizzando foulard portadocumenti, portafogli. Tutti rigorosamente di tela juta, con le riconoscibilissime stampe provenienti dal Guatemala o dal Salvador.
Moda sostenibile rigorosamente Made in Italy
E i modelli? «Hanno solo nomi delle meravigliose città italiane. Sono affezionata alla prima borsa, la Perfy Roma. A lungo l’avevamo soprannominata “gianduiotto”, perché aveva la forma tipica del cioccolatino piemontese. Ogni modello ha una storia a sé: Perfy Genova e Perfy Trieste, celebrano i porti dove arrivano i sacchi di caffè. Venezia ha una forma che ricorda la gondola, Torino ci è venuta in mente mentre eravamo in vacanza ad agosto nel capoluogo piemontese».
Cristina è giustamente orgogliosa «e tutte hanno il nostro logo, un ranocchio innamorato». Innamorato? «Certo, non vedi la farfalla nello stomaco?» E certo, come non averlo capito prima… Perché poi questo logo? «Ah, questo è un segreto, il segreto mio e di Alberto – chiosa Cristina – come d’altro canto il nome Perfy, no?». Moda sostenibile rigorosamente Made in Italy