La Puglia è stata un territorio importante per la presenza di 11 siti di estrazione di bauxite. I più importanti giacimenti si trovano a Spinazzola, in località Murgetta Rossa, Otranto, e San Giovanni Rotondo, quest’ultimo tra i più importanti d’Italia con 6 chilometri di gallerie e 22 livelli di profondità. Il recupero e la valorizzazione di questo patrimonio storico e culturale sono gli obiettivi del Centro Studi Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo. Il suo presidente, Salvatore Mangiacotti, ha spiegato ad Ambiente Ambienti le peculiarità di questo giacimento ed il lavoro che il centro sta svolgendo.
Presidente, può fornirci aspetti salienti di questa storia?
«La nostra miniera aveva un’estensione di 1.640 ettari e produceva 170 mila tonnellate di bauxite annue. Il giacimento di San Giovanni Rotondo, rispetto agli altri due giacimenti pugliesi, si sviluppava in galleria e non a cielo aperto. Il costo dell’estrazione del minerale, quindi, era anche più elevato e divenne nel corso degli anni non vantaggioso dal punto di vista economico. Per questo la nostra miniera, che è stata tra i maggiori giacimenti italiani ed attiva dal 1937 al 1973, fu chiusa. Era più vantaggioso acquistare la bauxite da nuovi giacimenti in Jugoslavia. In quegli anni, comunque, ha rappresentato la parte più importante dell’economia locale. Vi lavoravano 700 persone solo per l’estrazione, senza contare i 300 addetti al trasporto del materiale verso il porto di Manfredonia ed al caricamento su due piroscafi verso Porto Marghera, dove avveniva la trasformazione della bauxite in alluminio. Tra gli anni ’40 e ’50, soprattutto durante il periodo fascista, il governo di Benito Mussolini rivolse molta attenzione verso la miniera garganica per la politica autarchica nella produzione industriale».
E’ una storia affascinante. Ci sono ricordi?
Salvatore Mangiacotti«Si, ci sono tanti ricordi della storia della miniera. Il più importante, che dimostra l’importanza di questo giacimento, è la visita dell’allora Presidente del Consiglio, Benito Mussolini, per effettuare un sopralluogo sull’area su cui doveva essere realizzato il villaggio minerario con scuole, alloggi, uffici. Era una prima idea di azienda, al cui interno c’erano una molteplicità di servizi. Ricordiamo anche che la miniera fu bombardata e colpiti i due piroscafi che servivano per trasportare il materiale. Ci furono anche le morti di 27 persone per incidenti, di cui il più grave si verificò nel 1951, quando tre minatori persero la vita in seguito ad un allagamento della miniera causato da un forte nubifragio. Altre cause di morti furono le malattie professionali, tra cui la silicosi».
E’ importante, quindi, far conoscere questa storia non solo alle giovani generazioni. Di qui la decisione di far nascere il Centro Studi Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo. Può parlarci dell’attività che state svolgendo?
«La finalità è il recupero di un passato di San Giovanni Rotondo che non è molto conosciuto. Il centro garganico è sempre stato legato a Padre Pio ma ci sono anche altre pagine importantissime, come quella della miniera di bauxite, che sono state dimenticate. Il Centro Studi sta cercando di riportare alla luce questo periodo della storia locale. Abbiamo presentato un progetto attraverso la Fondazione Sud per la realizzazione di un museo, dove esporre il materiale raccolto, tra cui una mostra fotografica che ha già fatto tappa in diversi centri garganici. S’intende recuperare una serie gallerie per creare un patrimonio di archeologia industriale che possa essere visitato».