
Il giornalista Nino Vinella ricostruisce per “Ambient&Ambienti” le fasi immediatamente precedenti e successive al crollo di una palazzina il 16 settembre ’59 a Barletta, in un’indagine che riporta alla luce documenti dell’epoca e fa il punto sulle iniziative in corso per non dimenticare.

Barletta 16 settembre 1959, cinquant’anni fa. In quel giorno, il tragico crollo in via Canosa si trascinò nella polvere cinquantotto giovani vittime e dodici feriti, una folla di esistenze appena sbocciate. Fu un avvenimento che segnò le vicende di Barletta (e non solo) del secondo Novecento, sul quale la città di allora, la grande stampa, le coscienze, la classe politica ed i professionisti di allora e di oggi sono stati chiamati ad interrogarsi come spettatori ed attori in un vero caso di “mala edilizia”.
Quei morti, quelle giovani vite stroncate sotto cinque piani di un palazzo disintegratosi su se stesso furono infatti chiamate “i martiri dell’edilizia”, ed oggi l’edilizia, che occupa come sempre un posto di primissimo piano nelle beghe della politica strillata come pure nei corridoi dove si contano voti e licenze di costruzione, ha un debito da regolare con la Storia proprio in onore di quei morti uccisi da chi credeva che tirar su un palazzo fosse solo un’impresa dove arricchirsi facile.
Negli Anni Cinquanta a Barletta manca un Piano regolatore, che verrà adottato solo molto tempo dopo i fatti che stiamo raccontando (nel 1967), e si va avanti con singole lottizzazioni dovunque si può costruire su di uno spiazzo vuoto o su di un’area “utile” a chi vede l’affare.
In quegli anni di edilizia selvaggia, arriva un primo lugubre segno premonitore. Nella notte di lunedì 8 dicembre 1952, in via Magenta, nel popolare quartiere della zona Macello, la pioggia sbriciola due caseggiati di tufo e terra su tre piani: diciassette morti. Ma il peggio arrivò alle prime luci dell’alba di mercoledì 16 settembre 1959, quando la città viene svegliata da un boato e da una immensa nuvola di polvere. Il crollo semina terrore e distruzione nel giro di pochi metri: il palazzo, costruito a due passi dal passaggio a livello di via Canosa, si disintegra raccogliendo nel suo grembo mortale cinquantotto persone e lasciandone ferite altre dodici: la più piccola, una bambina di nemmeno tre anni, Maria Amelia Di Grottola, con la sorellina Adele di otto, e l’intera loro famiglia Doronzo (ben undici membri) distrutta nel sonno.
Il lutto e lo scandalo furono patrimonio comune della nazione intera. L’Italia tutta alzò l’indice accusatore, a cominciare dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi intervenuto ai funerali: chiese a voce alta che giustizia fosse fatta e che i responsabili fossero severamente puniti. Intere pareti delle strade cittadine furono tappezzate dai manifesti listati di nero, la stampa d’informazione e quella di opinione attaccarono a testa bassa.
Il processo che seguì nelle aule del Tribunale di Trani perseguì i responsabili, ma non poté ridare la vita né placare il dolore dei parenti delle vittime che avevano pagato così duramente il prezzo di una speculazione perpetrata a danno di tante vite umane innocenti.
Ricorda Maria Straniero, sorella di Lucia, la “sposina” (come lei ancora affettuosamente la chiama) del prof. Nino Palmitessa, docente dell’attuale Istituto tecnico statale “Cassandro”: «Erano appena tornati dal viaggio di nozze. Stavano ancora sistemando la loro casetta che avevano appena cominciato ad abitare ed a pagare coi primi regali del matrimonio, coi loro sacrifici…» dice con il dolore di sempre ma con l’immutata voglia di ricordare, di raccontare, di non dimenticare.
Abuso edilizio, esecuzione non a regola d’arte delle opere, squilibrio statico nella sopraelevazione su una struttura preesistente. Leggerezze progettuali e realizzative segnarono col crollo di via Canosa una delle pagine più drammatiche della storia di Barletta. E’ quanto emerge da una relazione tecnica tratta dagli archivi del Quirinale contenuta con altra corrispondenza sul caso nel fondo del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, custodito a Roma dall’Istituto “Luigi Sturzo” che ha da poco diffuso in internet l’inventario del suo patrimonio documentario. Una relazione tecnica su quel crollo fu redatta tre giorni dopo dall’ingegnere capo Rivelli del Genio Civile di Bari. La costruzione fu progettata da un ingegnere barlettano di 37 anni abilitato provvisoriamente alla professione ed i lavori terminarono alla fine di settembre 1958. Esattamente un anno dopo si verificò ciò che forse si sarebbe potuto prevedere. Dalla ricostruzione storica del caso si apprende che il 13 febbraio 1959 un vigile urbano attestò “la corrispondenza dell’opera effettivamente eseguita al progetto approvato”. In realtà tale attestazione risultò inesatta, né fu richiesto ed effettuato il collaudo dei lavori. Infatti da 17 appartamenti previsti ne furono edificati 20, sopraelevando di quattro piani uno stabile esistente a forma di trapezio della superficie di 720 metri quadrati, risalente al 1942 ed adibito ad autorimessa di pullman.

Si accertò, dai frammenti recuperati dopo il crollo, che i muri dell’immobile con la facciata principale su via Canosa e quella posteriore verso via Madonna della Croce, avevano uno spessore di 70 centimetri ed erano formati da tufo e da un nucleo centrale costituito da un impasto di terra vegetale di natura argillosa e malta di calce e sabbia. Materiale inadeguato e “laterizi non del tipo specifico dei solai ma semplici mattoni forati comunemente adoperati per la costruzione di muri divisori”, si dirà nella relazione del Genio Civile. «La causa del crollo è essenzialmente da attribuire ad un fenomeno di schiacciamento verificatosi nelle strutture preesistenti – scrisse l’ing. Rivelli – assolutamente inidonee per dimensioni e per tipo costruttivo, nonché per pessima fattura originaria, a sopportare le nuove condizioni di equilibrio statico imposte dai carichi trasmessi dalla sopraelevazione».
Dopo la rimozione delle macerie, quel suolo del crollo è rimasto per anni chiuso da un muro di recinzione. Un vero e proprio “buco nero” nel tessuto urbanistico della città. Nessuno ci voleva tornare a costruirvi: dopo la ricostruzione dell’intero isolato negli anni Ottanta, mentre tutt’intorno cambiava faccia il quartiere, sparivano le ultime tracce materiali del crollo, mutava la viabilità circostante con la successiva costruzione nel 1993 del cavalcaferrovia tra via Imbriani e via Canosa, sotto il quale sarebbe stato definitivamente “sepolto”, pare, anche lo stesso ricordo di quella tragedia, affidata finora solo al nome della nuova piccola strada “16 settembre 1959” in onore delle vittime del crollo, tra via Canosa e via Madonna della Croce.
Cinquant’anni dopo, i familiari delle vittime, costituitosi in un attivo Gruppo di lavoro, ha deciso di rompere questo assordante silenzio che dura ormai da mezzo secolo ed ha proceduto ad un’operazione complessa di recupero e di legittimazione della memoria, tradottasi in un articolato progetto dal titolo “Barletta Via Canosa 1959-2009: dalla malaedilizia dei crolli alla giusta edilizia per tutti nella città che cambia”, con i vari apporti scientifici di competenza (Politecnico di Bari, Archivio di Stato, il Fondo Giovanni Gronchi dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma, il Centro studi Cisem di alta formazione e ricerca di Bari, il patrocinio dei Comuni di Barletta, Roma e Foggia dove si sono verificati più di recente altri analoghi episodi), e che viene dunque presentato all’opinione pubblica sotto l’alto Patronato della Presidenza della Repubblica.

Tappe salienti del progetto sono: una mostra iconografico-documentaria sull’epoca e sui fatti con retrospettiva di foto e dagli archivi di giornali e cineteche; un libro; un sito web; un dvd contenente le testimonianze dei contemporanei ai fatti; un cippo commemorativo nell’area a verde attrezzato in via dei Pini; il tutto culminante nel forum di oggi pomeriggio con il diretto coinvolgimento del mondo accademico e degli Ordini professionali per tessere insieme uno stabile programma soprattutto attraverso la compartecipazione attiva e diretta di tutte le Scuole del nostro Territorio inserite nel sistema formativo.
Nino Vinella giornalista e portavoce del gruppo di lavoro “Barletta Via Canosa Settembre 1959-2009: dalla malaedilizia dei crolli alla giusta edilizia per tutti nella città che cambia”