
La crisi ambientale è marginale nell’agenda giornalistica
Novembre 2022, Cop27 di Sharm el-Sheikh. Un gruppo di giornalisti, scienziati e professionisti della comunicazione si incontrano per parlare di storytelling della crisi climatica. Dall’incontro è emersa soprattutto l’importanza di formare giornalisti in grado di capire la complessità dietro al tema, per quanto ci sia comunque un dato bianco o nero, incontrovertibile e scientificamente accurato: e cioè che il pianeta sta morendo e dobbiamo fare qualcosa.
Nel frattempo, il mondo mostra un’attitudine completamente diversa. Non solo per il grado di copertura dato al tema dalla stampa, ma soprattutto per il come si parla di crisi climatica e tutti gli argomenti affini. Anche quelli che potrebbero urtare la sensibilità dei benpensanti, quelli che non si scomodano mai, la brava gente insomma.
Ma partiamo dal quanto. Dagli ultimi dati emersi dal monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace Italia, nel secondo quadrimestre del 2022 (periodo 1 maggio – 31 agosto) si è parlato maggiormente di crisi climatica rispetto ai primi mesi dell’anno, contestualmente alle ondate di calore che hanno interessato l’Italia questa estate. L’aumento ha interessato soprattutto i tg, merito soprattutto della notiziabilità di cose come la siccità o gli eventi climatici estremi (il crollo della Marmolada in quel periodo, il nubifragio di Ischia più avanti). Nonostante l’aumento, la trattazione del tema è rimasta comunque marginale nell’agenda giornalistica.

Partiamo dai tg: nei sette telegiornali analizzati (le edizioni serali dei tre canali rai, Tg4, Tg5, Studio Aperto e Tg La7, per un totale di 857 edizioni), delle 14.617 notizie registrate solo 369 sono risultate pertinenti, cioè il 2,5%. Di queste, il 38,2% trattava la crisi climatica come argomento centrale, il 35,8% come marginale e nel 20,3% dei casi veniva solamente citata. Nel 5,7%, invece, il tema era implicito poiché pertinenti la decarbonizzazione o la riduzione delle emissioni, ma senza trattare nello specifico i danni all’ambiente.
Nel 67,2% dei casi si è parlato di crisi climatica per un evento climatico o naturale; nel 3,7%, invece, l’argomento è stato citato esplicitamente ma solo in relazione all’attivismo e alle proteste ambientaliste. Un dato, quest’ultimo, in calo rispetto al periodo aprile-gennaio 2022, dove le proteste erano l’argomento principale del 10,7% delle notizie sulla crisi ambientale. Il dato si abbassa per quanto riguarda i quotidiani nazionali. Cinque quelli analizzati: Avvenire, Il Corriere della Sera, Il sole 24 Ore, La Repubblica, La Stampa. Nel primo quadrimestre, l’1,9% degli articoli specifici sul tema erano legati alle azioni di protesta per il clima, nel secondo invece erano l’1,7%.
Come si parla di attivismo per l’ambiente?
Non sono ancora disponibili i dati per l’ultimo quadrimestre, ma è probabile che il dato sull’attivismo crescerà.

E questo perché sono cresciute le azioni di protesta, dagli attivisti che lanciano le zuppe di pomodoro sui quadri di Van Gogh alle facciate imbrattate di Palazzo Madama, passando perfino per i battibecchi via social di Greta Thunberg con influencer indagati per traffico di esseri umani. I protagonisti delle cronache in questi giorni sono gli attivisti del collettivo Ultima Generazione: gli ambientalisti hanno imbrattato con vernice o prodotti alimentari le tele (coperte dai vetri) di artisti come Klimt al Leopold Museum di Vienna, Van Gogh e il Laocoonte a Roma e Botticelli agli Uffizi di Firenze. Gli attivisti hanno rigettato ogni accusa di “vandalismo”, visto che nessun danno è stato apportato ai quadri.
Ultima generazione: perchè la vernice sulla facciata del Senato
L’atto di protesta più recente è quello che ha coinvolto Laura, Davide e Alessandro, arrestati il 2 gennaio per aver imbrattato la sede del Senato. “Un gesto di disobbedienza civile“, contro una classe politica che, come spiega Ultima Generazione in una nota stampa, continua a “finanziare e incentivare” l’uso dei combustibili fossili, “accelerando così il collasso climatico e condannando i loro stessi concittadini a sofferenza e morte”. I tre (rispettivamente di 26, 23 e 21 anni) hanno affrontato il processo per direttissima (previsto in flagranza di reato). Il giudice ha convalidato gli arresti e disposto la scarcerazione in attesa del processo, fissato al 12 maggio. Dal mondo della politica e dal web sono arrivati per lo più gesti di condanna, mentre il Tg1 di Monica Maggioni ha deciso di oscurare le immagini della protesta, perché “questo tipo di proteste non può essere accettato”, ha spiegato l’inviato Alessandro Gamberi. Fermo restando che i processi si fanno nelle aule di giustizia e non in pubblica piazza, come al solito, il dito punta alla luna e la società guarda il dito.
E così, la stampa si perde in disquisizioni su come sia giusto manifestare, su quali toni usare, su come non offendere la pubblica decenza, mentre l’immobilismo della classe politica è palese davanti agli occhi di tutti. I cattivi risultati della Cop27 sono, improvvisamente, meno osceni della vernice lavabile. Per mesi è stato detto agli attivisti di Ultima Generazione di smetterla di bloccare la gente in autostrada sulla via del lavoro e di andare a protestare davanti ai palazzi di potere (giustissimo). E adesso vorrebbero che la protesta sia fatta chiedendo il permesso e in punta di piedi. Greta Thunberg l’ha fatta, prima silenziosamente, poi raccogliendo sempre più voci in tutto il mondo. E se da una parte il risultato è stato risvegliare le coscienze dei più giovani sul disastro climatico, dall’altro ha risvegliato l’animo da bullo di tante persone.
Un esempio: la scorsa settimana, l’influencer britannico Andrew Tate, noto per le sue posizione misogine, ha provocato la giovane attivista sul suo lavoro. In tutta risposta, Greta gli ha risposto dicendogli di mandarle un’email all’indirizzo “smalldickenergy@getalife.com”. Il risultato? Molti utenti social hanno accusato Greta di fare body shaming, ignorando che l’espressione “small dick energy” in inglese non sia letteralmente riferita ai genitali maschili, ma indica invece un atteggiamento tossico. Improvvisamente non si teneva più conto delle posizioni negazioniste di Tate sul clima, o del fatto che, solamente poche ore dopo lo scambio social, lo stesso veniva arrestato in Romania con l’accusa di traffico di esseri umani. Ancora una volta, il dito: a questo mondo è più facile essere un influencer dell’alt-right che un’attivista per il clima.
Che cosa ci insegna, dunque, questa storia? Che se certa stampa fosse vissuta durante la Rivoluzione francese, avrebbe asserito che i contadini sbagliano a marciare verso Versailles. Che mangino smog e croissant.