
Il Comitato Fronte del Porto torna sulla colmata di Marisabella: l’Autorità Nazionale Anticorruzione ne ha infatti messo l’appalto sotto la lente di ingrandimento. L’appello per bloccare la cementificazione dell’area
“L’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’appalto della colmata di Marisabella nel porto di Bari, indetto con base d’asta di 58 milioni di euro e aggiudicato nel 2012 alla Fincosit SpA per 42 milioni di euro con il forte ribasso del 27%. Si tratta dell’appalto avviato con autorizzazioni ambientali scadute e con “carente diligenza” della stazione appaltante (Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche di Puglia e Basilicata) non avendo la stessa verificato e validato le autorizzazioni acquisite relative al previsto dragaggio dei fondali rocciosi dai 3 metri attuali ai 13 metri con l’utilizzo della dinamite in un’area ancora in corso di osservazione per la presenza di ordigni bellici“. Comincia con queste dichiarazioni non certo distensive il documento stilato dal Comitato Fronte del Porto, che attraverso i suoi portavoce Silvana Grilli e Matteo Magnisi torna a chiedere di sospendere la cementificazione di un’area preziosa anche per la sua valenza naturalistica.
Colmata di Marisabella, una storia complicata
Il documento del Comitato Fronte del Porto ripercorre la storia della Colmata di Marisabella, un’opera che prevede la cementificazione di 300mila metri quadri di mare nell’ansa mareche porta il nome della duchessa di Bari Isabella d’Aragona, che nei primi anni del ‘500 aveva previsto la realizzazione di un grande canale navigabile (mai realizzato) quello specchio d’acqua. La colmata di Marisabella, oggi adibita a parcheggio Tir, si aggiunge a quella realizzata alla fine degli anni ’90 di 20 ettari per un totale di 50 ettari. “Un’opera analoga – precisa il Comitato – non è riscontrabile in nessuna parte del mondo“.
Il Comitato nel suo documento evidenzia le peculiarità dell’area, sede di una riserva naturale e caratterizzata da una elevata fragilità idro-geologica dal momento che la confluenza delle più importanti acque sotterranee provenienti dalla Murgia barese comporta il serio rischio di innalzamento della falda. Da anni il Comitato fronte del Porto si è mobilitato contro la colmata e le criticità relative al grave impatto ambientale per la città di Bari, con iniziative di sensibilizzazione, protesta e proposta ,azioni legali, forte del sostegno di esperti. Un’opera, viene sottolineato, priva di Valutazione di Impatto Ambientale(VIA) per le “inspiegabili decisioni” prese dal Ministero dell’Ambiente nel 2006.
Entra in scena l’ANAC

Da poche settimane è entrato nella questione un nuovo soggetto. “Il 22 dicembre 2020 l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) – si legge nel documento del Comitato fronte del Porto – ha depositato la delibera n. 1088 che in 16 pagine ripercorre nel procedimento istruttorio problematiche che mettono in luce i gravi ritardi nella realizzazione della infelice colmata di cui si si rendono responsabili il Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche della Puglia e Basilicata, l’Autorità di Sistema Portuale del mare Adriatico Meridionale presieduto dall’ avv. Patroni Griffi e i vari Enti coinvolti a vario titolo nell’appalto a partire dalla Città Metropolitana di Bari e dalla Regione Puglia.” Nello specifico, spiega il documento, L’ ANAC rileva che “l’impresa Fincosit, esecutrice dell’appalto, ad oggi, dopo 9 anni dall’avvio del cantiere, non è mai stata messa in mora per i notevoli ritardi nelle opere con un palese danno allo Stato che la Procura della Corte dei Conti a suo giudizio non tarderà a valutare” , con una possibile “attenzione”, sempre secondo il Comitato, anche da parte della Procura penale di Bari.
Il documento punta il dito contro il comportamento del Provveditorato alle OO.PP e Autorità Portuale, definito “stridente e a dir poco distratto nella gestione e nella vigilanza dell’opera, sia per quanto riguarda le azioni di monitoraggio da effettuarsi prima dell’opera, sia per l’affidamento di un delicatissimo appalto ad elevata professionalità ambientale ad un’impresa fallita e in concordato preventivo che vanta addirittura un incremento di oneri che si avvicina quasi al raddoppio dei costi dell’appalto aggiudicato per maggiori opere previste in variante“. Le critiche del Comitato sono anche per il colloquio, mai avvenuto, anzi contrastato, con l’Autorità Portuale , oggi di Sistema.
Perchè quel cantiere?
“Appare di tutta evidenza quanto questa scellerata opera di colmata , in considerazione dei tempi biblici della sua realizzazione e della pervicacia del Provveditorato alle OOP e dell’Autorità di Sistema Portuale nel tenere in vita “a tutti i costi” un cantiere molto discutibile e gestito da un subappalto non ben definito non possa essere quel volano di sviluppo economico tanto sbandierato dall’ Autorità Portuale“, continua il documento del Comitato, che disegna il ritratto di un porto di Bari come “ormai piccolo, asfittico, accerchiato dalla città e lontano dalle reti stradali e ferroviarie di comunicazione con il pesante impatto dei Tir da oltre 10 anni nel tessuto urbano e senza alcuna logica di interconnessione e pianificazione con gli altri porti del Sistema (Brindisi, Manfredonia, Barletta e Monopoli)”. Un porto, quello di Bari, che per il Comitato potrebbe essere egregiamente sostituito da quello di Manfredonia per la posizione strategica con le reti di comunicazione e la capacità di svolgere appieno tutte le funzioni commerciali senza devastare il territorio e l’ambiente.
“Appare pertanto a giudizio del Comitato inspiegabile come la stessa Autorità Portuale possa presumere di pianificare il porto di Bari in maniera avulsa dai porti del sistema, conservando in sè tutte le funzioni possibili di un porto, da quella crocieristica a quella del trasporto viaggiatori, dal trasporto Ro Ro a quello merci , da quello piccolo a quello di grande tonnellaggio. Ancora più sconcerto ha provocato nel Comitato la mancata trasparenza del Provveditorato alle OO.PP. nell’aver omesso di consegnare ai portavoce del Comitato, in sede di accesso agli atti del 4 gennaio 2021, promosso con il supporto dell’Avv. Luigi Paccione, il documento di procedimento istruttorio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione“, prosegue il documento del Comitato fronte del Porto, che si conclude con un appello “alla responsabilità e alla serietà dei soggetti pubblici affinchè ci si fermi in tempo nella cementificazione del mare di Marisabella apertamente incompatibile e nociva per l’ambiente, oggi anacronistica e fuori dal tempo, che meriterebbe ben altra destinazione e fruizione da parte della città, evitando di consumare un ennesimo e inutile pesante danno collettivo“.